Commento al Vangelo del 6 novembre 2016 – Paolo Curtaz

Il commento al Vangelo di domenica 6 novembre 2016 (il brano del Vangelo è a fine articolo) XXXII Domenica del Tempo Ordinario, a cura di Paolo Curtaz.

Sorella morte

E così anche la memoria dei defunti è scivolata via, quasi indenne.

Complice la vicinanza alla solennità dei santi (a proposito, buon onomastico!) e della festa di Halloween (nata come memoria dei santi nella chiesa irlandese in America e diventata… boh?) e del ponte favorevole (se solo avessimo qualche soldino in più per goderne!), la dolente preghiera per chi ci ha preceduto ha riempito e abbellito i cimiteri per qualche ora, nulla di più.

La Parola, allora, ci permette un tempo supplementare, uno spazio per riflettere su sorella morte.

Il nostro è un mondo curioso: la morte cena con noi nelle immagini dei telegiornali, i nostri ragazzi, sin da piccoli, fanno stragi con i videogiochi ma della morte vera, quella reale, quella che porta via le persone che amiamo e che, prima o poi, verrà a bussare alla nostra porta, silenzio.

Tombale, visto il tema.

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[ads2]A proposito

L’atteggiamento verso la propria morte, atteggiamento adulto, non depresso né scaramantico, è all’origine di una ricerca più approfondita del mistero della vita di ciascuno.

Dobbiamo morire, certo. Anzi, a pensarci bene è l’unica certezza.

Che senso ha la vita se, alla fine della fiera, siamo solo un vuoto a rendere?

Questo contraddice l’esistenza di Dio?

Davanti alla morte sentiamo forte la ribellione e la rabbia: non è mai il momento di morire, dovessimo scegliere noi chi e quando far morire sarebbe una vera catastrofe…

Dio tace sulla morte e l’uomo è l’unico essere vivente che percepisce la morte come un’ingiustizia. Ma rispetto a cosa? Paradossalmente questa rabbia rivela la nostra identità profonda, il mistero che ciascuno di noi è. L’umano è l’unico vivente che ha coscienza della propria morte e vi si ribella.

Dobbiamo piegare la testa e rassegnarci? Vivere da sconsiderati tanto non sappiamo quanti giorni avremo? Far finta di niente, non pensarci e indurire il volto?

Non scherziamo.

Buone notizie

Gesù ha una buona notizia sulla morte, su questo misterioso incontro con Dio.

La morte, sorella morte, è una porta attraverso cui raggiungiamo la dimensione profonda da cui proveniamo, quell’aspetto invisibile in cui crediamo, le cose che restano perché, come diceva saggiamente il Petit Prince di Saint Exupèry, l’essenziale è invisibile agli occhi.

Siamo immortali e tutta la nostra vita consiste nello scoprire le regole del gioco, il tesoro nascosto nel campo, come un feto che cresce per essere poi partorito nella dimensione della pienezza.

Siamo immensamente di più di ciò che appariamo, più di ciò che pensiamo di essere.

Siamo di più: la nostra vita, per quanto realizzata, per quanto soddisfacente non potrà mai riempire il bisogno assoluto di pienezza che portiamo nell’intimo.

E Gesù ce lo conferma: sì, è proprio così, la tua vita continua, sboccia, fiorisce, cresce.

Per una pienezza di ricerca e di totalità se hai scoperto le regole del gioco, per una vita di dubbio e di inquietudine, se hai rifiutato con ostinazione di essere raggiunto.

Fa strano dirlo, lo so, ma l’inferno, che è l’assenza di Dio, esiste ed è l’opportunità che tutti abbiamo di respingere per sempre l’amore di Dio; è un segno di rispetto e di dignità che Dio ci concede. Tutti ci auguriamo che sia vuoto e che Dio sia un padre ostinato che vuole a tutti i costi la salvezza dei suoi figli.

L’eternità, cioè la vita dell’Eterno, è già iniziata per ciascuno di noi, giochiamocela bene, non aspettiamo la morte, non evitiamola, ma pensiamoci con serenità per rivedere la nostra vita, per andare all’essenziale, per dare il vero e il meglio di noi stessi.

Happy end

Nel giorno della nostra morte, la nostra anima, la parte immortale che siamo, raggiunge Dio per esser accolta o per rifiutarlo.

Alla fine del tempo, nella pienezza, la nostra anima tornerà ad unirsi ai nostri corpi risorti che ora conserviamo in luoghi che riempiamo di vita, con fiori e luci, i cimiteri, che in greco significa dormitori.  E sarà la pienezza, là dove Dio sarà tutto in tutti.

I nostri amici defunti, che affidiamo alla tenerezza di Dio, ci precedono nell’avventura di Dio.

Dio vuole la salvezza di ognuno con determinazione (Gv 6,37-40), ma ci lascia liberi, poiché amati, di rispondere a questo amore o di rifiutarlo.

Pregare con

La nostra preghiera ci mette in comunione con i nostri defunti, fa sentire loro il nostro affetto, nell’attesa dei cieli nuovi e della terra nuova che ci aspettano.

La preghiera di suffragio per i defunti, allora, non è una sorta di lamentela verso Dio affinché accorci l’eventuale pena di chi, attraversata la soglia, non è ancora in grado di accogliere la pienezza. Come se Dio, sommo ragioniere, tenesse una contabilità dei debiti da saldare e noi pagassimo una rata!

Se esistono dei legami fra le anime, la comunione fra i santi, allora possiamo sostenere il cammino dei nostri fratelli anche se sono già avanti, nel loro cammino di purificazione e di redenzione.

La preghiera per i defunti è la manifestazione del nostro affetto, del nostro riconoscimento, della nostra compassione.

Levirato

Se la vita oltre la morte, come professavano i farisei, consisteva nel prolungamento della vita terrena, certo la questione posta dagli scettici sadducei era obiettivamente complessa. Gesù, invece, sposta la questione su di un altro piano, invita gli uditori ad alzare lo sguardo da una visione che proietta nell’oltre morte, di fatto, le ansie e le attese della vita terrena.

È una nuova dimensione quella che Gesù propone: la resurrezione, in cui Gesù crede, non è la continuazione dei rapporti terreni, ma una nuova dimensione, una pienezza iniziata e mai conclusa, che non annienta gli affetti (Nel regno ci riconosceremo, ma saremo tutti nel Tutto!), che contraddice la visione attuale della reincarnazione (siamo unici davanti a Dio, non riciclabili, e la vita non è una punizione da cui fuggire, ma un’opportunità in cui riconoscerci!), e ci spinge ad avere fiducia in un Dio dinamico e vivo, non imbalsamato!

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XXXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

27Gli si avvicinarono alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosé ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosé a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

  • 06 – 12 Novembre 2016
  • Tempo Ordinario XXXII, Colore verde
  • Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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