Omelia del giorno 25 settembre 2016
Poveri in spirito oggi, per diventare ‘ricchi’ eternamente!
Oggi, ‘diventare ricchi’,da quanto possiamo capire attraverso i massmedia e l’opinione pubblica, è diventata la ‘favola’ degli adulti, che ha i suoi giornali specializzati, con tanti servizi su ‘cosa fanno’, ‘come e dove vivono i paperoni o i vip’, coloro che sono classificati come gli ‘idoli’ del nostro tempo, con tanta gente che cerca di imitarli o di vivere almeno nella loro ombra, senza minimamente pensare che dietro queste facciate di lusso, spesso vi è una grande povertà di mente e di cuore ed un senso di solitudine e di vuoto che a volte li porta alla disperazione, magari con il rimorso (e questa sarebbe una grazia!) di avere depredato tanta gente che, a causa della loro sfrenata ricchezza, è costretta a vivere sul marciapiede delle città.
[ads2]A costoro e a quanti vorrebbero essere come loro, così parla oggi il profeta Amos:
“Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! … andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei buontemponi’. (Amos 6, 4-7)
Dura la descrizione del ricco: una ricchezza che nulla ha a che fare con la vera ricchezza del cuore, che appartiene a quelli che Gesù chiama ‘beati, voi, poveri in spirito’!
In contrapposizione ai ‘paperoni’, oggi, nel mondo, la povertà, fino alle necessità più semplici, è di tanti. Ma è anche duro, causa la crisi economica che non ha fine, per tanti dovere rinunciare ad una vita da benestanti – almeno così sembrava – ed accontentarsi del poco… se basta. Ma… è vera felicità quella del ricco? O la felicità è del povero Lazzaro di cui parla il Vangelo?
Per costruire una vera felicità, che poi è ricchezza di valori nella e per la famiglia e nella società, occorre la ricchezza materiale o la ricchezza del cuore?
A volte, osservando la voglia di benessere, che cerca di circondarsi di tutti i capricci che il commercio offre, un mercato senza anima, che si chiama moda, ci si rende conto che prende molti, li rende forse per un momento soddisfatti, ma non fa mai felici… è troppo poco!!
Ricordo la dignitosa povertà della mia famiglia, dove si viveva del necessario e non c’era posto per mode o capricci. Ma al loro posto c’era tanta pace, tanto amore, tanta moralità che era il dono della povertà, diremmo oggi della sobrietà. Si era felici del poco.
Altri tempi si dirà, ma anche altra felicità e giustizia e moralità. Davvero ‘beati i poveri in spirito, vostro è il regno dei cieli’… ieri, oggi e sempre.
È peccato possedere poco o tanto?
Quando è esibizione sciocca del tanto che si possiede ha del grottesco, è solo una tragica e dolorosa farsa.
Ma possedere più del necessario, ossia essere in qualche modo ricco, diventa un bene quando è frutto di giustizia e fatica e, soprattutto, la ricchezza non è un ‘dio’ del cuore, ma un mezzo di amore. Il pericolo non è possedere, ma ‘farsi possedere’, diventando schiavi delle cose che passano.
Possedere da ‘distaccati’, da ‘poveri in spirito’, con il cuore libero, diventa occasione di colmare i tanti vuoti dei miseri. Diventa un bene per chi non ha. Ricordiamocelo: la ricchezza, qualunque sia, non è il bene che si deve cercare a tutti i costi, ma un mezzo per amare.
Nel Vangelo di oggi si ha la sensazione che Gesù si prenda gioco della stoltezza del ricco, che non ha saputo ‘incontrarlo quaggiù’, sostenendo la fatica del vivere del povero Lazzaro, e così non potrà vivere in comunione con Dio lassù!
E Gesù ci avverte, attraverso le parole di Abramo, il padre della nostra fede:‘Hanno Mosè e i Profeti, ascoltino loro’. E lui (il ricco): ‘No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno’. Abramo rispose: ‘Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi’. (Mc. 16, 19-31)
Una chiara e dura lezione di quanto sia difficile liberarsi dalla schiavitù dell’avere, del benessere a tutti i costi, per fare strada alla libertà e all’amore.
Nella mia lunga vita, nel Belice e qui, ho toccato con mano come vi siano davvero persone che hanno possibilità e sanno condividerle per alleggerire il peso delle tante povertà incontrate.
Donne e uomini di una generosità incredibile, che hanno dimostrato come a volte il possedere diventa motivo di carità, tanto da dover a volte frenare la generosità. Le ho sempre considerate ‘la Provvidenza di Dio’, che riempiva le mie mani, perché io riempissi le mani vuote di tanti.
Anche oggi, ne sono certo, c’è ancora tanta generosità che non ha paura di farsi povera per dare speranza a chi non ha, ma la ritrova proprio nella loro carità.
Prego perché nessuno di noi si trovi nei panni del ricco epulone che dall’inferno invoca una goccia di acqua, quando qui ne aveva in abbondanza da dissetare tanti…ma nei panni del povero Lazzaro, che riposa nelle braccia di Dio, qui e dopo.
Così pregava don Tonino Bello:
“Cari cristiani fate un digiuno che sia profezia. Astenetevi … dall’ingordigia, dal sopruso, dalla smania di accaparrarsi, dalle collusioni disoneste con certe forme di potere. … privatevi del lusso, dello spreco, del superfluo: ci vuole coraggio …. dividete il pane: il pane delle situazioni penose dei disoccupati, degli sfruttati, dei disperati che ci stanno attorno ….”.
Seguiamo l’esempio di vita del nostro caro confratello e di tanti, forse nascosti, ma che vivono da veri discepoli di Gesù, fattosi povero per arricchirci. Tutti, un giorno, ‘arricchiti’ dalla e nella carità, ci ritroveremo eternamente felici.
Antonio Riboldi – Vescovo
www.vescovoriboldi.it
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XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
- Colore liturgico: verde
- Am 6, 1.4-7; Sal 145; 1 Tm 6, 11-16; Lc 16, 19-31
Lc 16, 19-31
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 25 Settembre – 01 Ottobre 2016
- Tempo Ordinario XXVI, Colore verde
- Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net