Commento a cura di mons. Giuseppe Mani dal sito www.lamiavocazione.it
Nel vangelo il denaro è chiamato traditore, ingannatore. Ma noi ne abbiamo bisogno per vivere. Quando penso alla busta paga guadagnata col sudore per mandare avanti la propria famiglia penso che il denaro è sacro. Giovanni Papini lo chiamava “lo sterco del diavolo”. Io amo la preghiera del libro dei Proverbi che domanda al Signore “Non donarmi ne povertà ne ricchezza: concedimi soltanto di che vivere. Perché nell’abbondanza potrei rinnegarti dicendo: il Signore non esiste. E nella miseria potrei rubare e profanare così il nome del mio Dio”(Pr 6,8-9). Questa preghiera è dell’uomo realista, cosciente del pericolo della miseria e dei danni di un’abbondanza.
Il Vangelo ci invita subito a fare una buona scelta: o Dio o il denaro, perché attraverso le scelte dimostriamo in chi abbiamo fiducia. La nostra fede non è un semplice sentimento ne un’opinione, è un impegno di tutto il nostro essere che si manifesta attraverso atti concreti e deve manifestarsi nel nostro rapporto col denaro. E’ chiaro che se il denaro ha un valore negli scambi commerciali è indispensabile ma rischia sempre di diventare un fine in se come se fosse un valore ultimo ed eterno. E’ saggio avere riconoscenza per coloro che ci hanno aiutato, come i nostri genitori e questo viene da Dio. Nella parabola evangelica di questa domenica viene presentato un amministratore disonesto che si fa amici amministrando disonestamente il denaro del padrone . Questo diviene una parabola di coloro che attraverso la gestione dei beni dellla terra si preparano il regno.
Il Vangelo ci insegna che il denaro non è che un mezzo precario che non dura che poco tempo. Un giorno saremo chiamati a render conto della gestione dei beni. Il denaro è un mezzo per vivere. E’ vero ma il denaro può anche uccidere. Il profeta Amos se la prendeva con quelli che cercavano di arricchirsi.”diminuendo la misure e aumentando il siclo e usando bilance false , per comprare con denaro gli indigenti e il povero con un paio di sandali” (1 lettura). Ciò non è ammissibile agli occhi di Dio e non è tollerabile che la logica del profitto schiacci il povero. L’appetito del denaro produce effetti disastrosi. Giovanni Crisostomo diceva che la sete del denaro rende la persona peggio di una bestia feroce che va sempre alla ricerca della vittima per divorarla come l’uomo assetato di ricchezza è sempre alla ricerca di nuovi profitti.
La chiesa ricorda la dignità incomparabile della persona umana. Il denaro non è che uno strumento a servizio delle relazioni umane. Chi fa del denaro un valore assoluto cade in una forma di idolatria e il suo sguardo sulle persone diviene falso. Le relazioni umane si degradano. E’ ciò che avviene nelle famiglie per i problemi di una eredità da dividere. L’appetito del denaro degrada l’uomo. Spesso si dice che il denaro è un buon servitore ma un cattivo padrone. Quando comanda il denaro la guerra non è lontana.
Accumulare ricchezze è accrescere potenza e indipendenza. Ma questa indipendenza fa correre il rischio di diventare indifferenti dinanzi agli altri.
Questo è l’altro insegnamento del Vangelo: il Signore ci affida la gestione dei suoi beni e ci incoraggia a far prova di ingegnosità a beneficio dei fratelli.
Ecco quanto il Vangelo è attuale. Ci ricorda il senso e il termine della nostra vita. Il Regno di Dio è vicino e questo ci spinge a porre degli atti profetici che esprimano questa convinzione. I beni di cui possiamo disporre vengono da Dio che un giorno ci chiederà conto. Oggi ci ricorda la grandezza della nostra responsabilità. Le scelte della nostra vita presente possono diventare segni della vita che viene. Si, il mondo nuovo è nelle nostre mani. Che cresca attraverso l’Eucarestia che noi celebriamo.
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XXV Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
- Colore liturgico: verde
- Am 8, 4-7; Sal.112; 1 Tm 2, 1-8; Lc 16, 1-13
[ads2]Lc 16, 1-13
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 18 – 24 Settembre 2016
- Tempo Ordinario XXV, Colore verde
- Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net