Commento alle letture del Vangelo del 18 settembre 2016 – Carla Sprinzeles

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[ads2]Oggi la liturgia ci propone di fare una scelta: non si può dedicare la propria vita a Dio, cioè al Regno, e insieme dedicarla alla ricchezza.
Occorre fare una scelta.
Nella prima fase della nostra esistenza, tutti ci troviamo a servire le cose, cioè dedicati ai beni: ai giocattoli prima, a considerare le cose o le persone come assolute.

Un’altra ragione per cui la ricchezza diventa un ostacolo per il cammino del Regno è l’illusione di diventare potenti attraverso la ricchezza.
Questa è un’esperienza che facciamo tutti: abbiamo la presunzione, coi beni che possediamo, coi soldi che abbiamo accumulato, di essere in grado di poter orientare gli eventi della storia, di poter dominare gli altri.
In fondo anche le guerre sono l’espressione di questa illusione di onnipotenza attraverso gli strumenti di potere, che sono frutto di una ricchezza accumulata a danno degli altri.

AMOS 8, 4-7
La prima lettura è un’invettiva del profeta Amos contro la mercificazione della persona: chi fa dell’economia materiale il valore supremo, rischia di calpestare i poveri in nome del profitto.
L’invettiva diventa appello alla conversione: la giustizia autentica non tollera la complicità con la cupidigia che crea vittime senza voce.

Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.
Amos è un profeta vissuto durante il regno di Geroboamo in una terra a nord della Palestina, dopo la scissione da Gerusalemme, era in quel momento attraversata da profonde trasformazioni sociali ed economiche. La stabilità economica e politica aveva creato insopportabili ingiustizie nei confronti delle classi più povere.
Amos scuote la coscienza dei ricchi, ricorda loro che, mentre sfruttano i poveri non fanno altro che screditare il loro rapporto tra il Signore e il suo popolo.

Per questo la lotta del profeta si estende a una pratica religiosa più preoccupata delle formalità dei riti che della genuinità della fede, ad una religione connivente con il potere.
Il profeta mette a nudo i sentimenti di questi oppressori dei poveri riferendo le loro argomentazioni cariche di insipiente avidità. Sopportando con insofferenza i giorni di riposo liturgico in quanto vengono a spezzare il ritmo frenetico del loro commercio.

Non hanno pudore a vendere anche lo scarto del grano, a falsificare le bilance a scapito dei poveri.
Tutto questo con la tacita connivenza dei gestori del potere ai quali spetterebbe promuovere il bene comune.
Il testo ricorda poi la prassi malvagia tollerata in Israele e regolata da disposizioni di legge: sul povero che non poteva pagare il grano necessario alla sopravvivenza personale e della sua famiglia, incombeva il sequestro degli oggetti o addirittura la riduzione in schiavitù.

Ma il Signore che si è proclamato “padre degli orfani e difensore delle vedove”, che ha preso a cuore il diritto dei poveri e ascolta il loro grido e sceglie il debole per confondere il forte, non può dimenticarli e difenderli.

LUCA 16, 1-3
Il Vangelo secondo Luca che leggiamo oggi, parla di un amministratore ladro, che trovatosi scoperto si rende amici i creditori del suo padone dimezzando i loro debiti.
Gesù loda questo amministratore, è sconcertante per la nostra mentalità.
La parola chiave è “amministratore”, cioè dobbiamo occuparci dei beni, non come possidenti, ma come amministratori.

Bisogna ricordarsi che bisogna vivere e il denaro serve per vivere, non è un fine.
Niente di ciò che possediamo è nostro, tutto viene dalle mani di Dio, che è il creatore.
Dio è il Bene, ma non è del nostro mondo, e dunque non può agire direttamente nella nostra vita, se non attraverso e gesti d’amore che lo rendono presente in mezzo a noi.

Il vangelo dell’amministratore infedele scandalizza la nostra grettezza, perché non abbiamo ancora capito che Dio non sa fare i conti, non va d’accordo con le regole della ragioneria: è dono gratuito.
“Il padrone lodò l’amministratore disonesto, perché aveva agito con saggezza”.
Non è “scaltrezza” ma “saggezza”, come chi costruisce la sua casa sulla roccia.
Questa parabola nel vangelo secondo Luca, segue immediatamente quella del figlio prodigo, che ha sperperato i beni di suo padre, eppure è accolto come se niente fosse, anzi come se fosse lui il benefattore. Ha buttato via metà dell’eredità, ma è come se i possessi del padre fossero inesauribili.

L’amministratore sperpera gli averi del padrone con la stessa spensieratezza, ma poi li utilizza a beneficio degli altri.
Poco importa se è un tornaconto personale: ha reso felici persone angosciate per i loro debiti, ha capito qual è il criterio di amministrazione della casa del Padre, anche se certamente non ne è consapevole!
Usando il denaro per far star bene gli altri è vero servo di colui che è il Bene.

Gesù ci parla di una sola realtà, del suo regno di amore, dove siamo invitati a entrare fin d’ora.
L’amministratore dimostra la sua “scaltrezza”-“saggezza” nell’ottica del regno – perché rimettendo i debiti agli altri, immette nella loro vita delle dinamiche di bene che sono l’unica realtà che perdura nell’eternità.
Saper rendere felici gli altri è lavorare per il regno, e poco importa se siamo onesti o meno: l’unico comandamento è l’amore, cioè volere e compiere il bene altrui.

E se bastasse fare il bene con semplicità per debellare il male del mondo?
Noi abbiamo “tempi” in cui sperperare il denaro, forse dobbiamo essere egoisti, ma c’è un “tempo”, che prima o poi deve arrivare nella nostra vita, in cui dobbiamo dirci: ora so che cosa fare. Quello che ci viene detto è: il denaro non è un valore eterno, non si può usare ideologicamente; è un valore storico, ci sono degli “ora”.
Se uno sa che è un amministratore, i beni non sono suoi, li condivide.

“Chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto”, qui fedele significa affidarsi: chi si affida nel poco, si affida anche nel molto.
Il problema nel vangelo non è l’affidabilità ma il sapersi affidare.
Qui si dice: chi si sa affidare nel poco, nelle cose che oggi ci sono, e domani potrebbero anche non esserci, si saprà affidare anche nel molto.

“Se dunque non siete fedeli alla disonesta ricchezza – se non siete stati capaci di affidarvi quanto alle cose di questo mondo, alle cose che passano, alle cose di cui a volte si può fare a meno, alle cose non così indispensabili – chi vi affiderà la ricchezza vera? Come sarete in grado di affidarvi alla ricchezza vera?

Amici, cerchiamo di entrare nella logica del vangelo e spogliamoci della nostra da ragionieri, cerchiamo di essere buoni amministratori dei beni del creatore, condividiamoli e affidiamoci al creatore che ama i suoi figli!

A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran

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XXV Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Lc 16, 1-13
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.

L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.

Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 18 – 24 Settembre 2016
  • Tempo Ordinario XXV, Colore verde
  • Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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