Il cinema in realtà virtuale è sempre più vicino. A Cannes erano stati presentati i primi esperimenti, mentre alla Mostra del cinema di Venezia c’è il primo film in realtà virtuale ad essere distribuito. Si chiama Jesus Vr e come potete capire racconta la storia di nostrosignoregesùcristo. Per distribuito si intende che sarà messo in vendita, scaricabile su telefoni cellulari abilitati (il visore lo dovete avere però) e computer, ma anche portato in giro nei cinema che lo desiderano (VRWerx, l’azienda che lo ha prodotto, ha detto di aver ricevuto molte offerte) dove agli avventori sarà dato il necessario per la visione. Qui a Venezia ne abbiamo visto 40 minuti (ne durerà 90) con buon anticipo rispetto all’uscita, prevista nel non sorprendente periodo natalizio.
Innanzitutto Jesus VR è stato girato in Italia, negli stessi luoghi di La Passione di Cristo, e la prima cosa che impressiona nelle scene è l’assenza di tecnici, troupe, luci e tutto il necessario a fare un film.
Stiamo parlando di un video a 360°, ovunque ci si giri, ovunque si guardi, c’è il film, siamo in mezzo alla scena, in un punto deciso dal regista (che poi è dove ha piazzato il rig con le camere, unico elemento cancellato digitalmente), e siamo liberi di guardare quello che vogliamo. Nelle scene interne si suppone che i tecnici siano nascosti dietro le colonne o i muri ma negli esterni il trucco è più sottile: sono le comparse. Cioè i tecnici invece che nascondersi fanno da comparse. Accade così che il film sia impeccabile dal punto di vista dell’ambientazione ma non proprio recitato perfettamente. Anzi! La sensazione è un po’ quella di assistere a una recita delle medie con ottimi costumi.
Ma mettendo da parte soggetto, sceneggiatura e realizzazione, l’idea stessa di un film in realtà virtuale appare ancora immatura. Abbiamo visto i nostri 40 minuti su una sedia girevole, in modo da essere liberi di muoverci in tondo senza dover vagare (ovviamente non ci si può muovere dentro la scena, solo guardarla in ogni direzione rimanendo fermi in un punto), e non si può negare che sia eccitante l’idea di libertà di sguardo, anche se il film la usa poco. Alla fine per capire cosa accada bisogna comunque guardare una piccola porzione (solo un dialogo avviene con grande distanza tra i due parlanti ed è necessario muovere la testa per guardare chi in quel momento stia parlando). Tuttavia più che cinema in realtà virtuale, quest’esperienza è teatro in realtà virtuale perché non c’è il montaggio, il film è costituito da 12 lunghe scene in pianosequenza. Potendo lo spettatore guardare tutto non è molto necessario staccare di continuo come si fa nei film, ma proprio quella giustapposizione immagini parziali diverse è ciò che rende i film tali, è il suo specifico. Per questo quello che abbiamo visto è più che altro teatro virtuale, per quanto un nome simile sarebbe rigettato da qualsiasi ufficio marketing.
Non ha contribuito al godimento dell’esperienza il fatto che abbiamo visto tutto con un visore Samsung Gear e un Galaxy S7, il che significa osservare lo schermo di un cellulare a pochi centimetri dagli occhi. Non sono quindi risolti i problemi che ha riscontrato chi abbia mai provato un qualsiasi tipo di realtà virtuale tramite smartphone. Si vedono i piccoli pixel, non tutto è sempre a fuoco e poi la codifica necessaria presenta evidenti difetti di compressione, specie nelle scene notturne. Abituati come siamo all’alta definizione e alla sempre maggior perfezione dell’immagine, un film con parti un po’ sfocate, pixel in evidenza e difetti di compressione non è proprio il massimo.
Rimane che l’esperienza, ad ora, è affascinante, anche con un contenuto discutibile. Lo chiameremo cinema chissà quanto a lungo ma come già detto non è cinema, è qualcosa di diverso che coinvolge la direzione e la recitazione, la messa in scena di una realtà fittizia. E non è male. Jesus Vr è proprio privo di idee, ma le possibilità sono tali che chiunque ne abbia (di idee) potrebbe davvero realizzare qualcosa di nuovo e spiazzante.
Fonte: Wired