Commento al Vangelo di domenica 17 luglio 2016 – a cura di Ileana Mortari

Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola

Uno dei temi più cari a Luca è quello dell’ascolto. Motivo biblico per eccellenza, esso costituisce la base della preghiera quotidiana di ogni israelita, il famoso “Shemà” ( termine ebraico che corrisponde appunto all’imperativo: “Ascolta!”): “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore;……li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte” (Deuter. 6, 4-9).

[ads2]Ora, nell’ambito della grande “catechesi-testamento” con cui Gesù forma i suoi seguaci durante il viaggio verso Gerusalemme (capp.9,51 – 19,27), non poteva mancare un esplicito richiamo a tale essenziale atteggiamento del discepolo. Luca lo ha fatto in un brano che gli è proprio e che molto probabilmente riporta un episodio effettivamente accaduto (anche da Giovanni sappiamo della profonda amicizia tra Gesù e la famiglia di Lazzaro di Betania), ma redatto in modo da farne scaturire un chiaro e forte insegnamento sull’ascolto.

Contribuisce allo scopo la posizione stessa dell’episodio, collocato tra la parabola del Buon Samaritano e la preghiera del “Padre Nostro”, a illustrazione dei due precetti fondamentali della Torah, opportunamente citati da un dottore della legge che aveva interpellato Gesù: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso” (Luca 10, 27). Ora, se la parabola è una eloquente esemplificazione dell’amore del prossimo e con il “Padre nostro” abbiamo la più ricca e profonda catechesi sulla preghiera (cioè sull’amore per Dio) dei quattro evangeli, nel brano di Marta e Maria appare chiaramente il nesso inscindibile tra queste due fondamentali dimensioni dell’esistere cristiano, spesso viste erroneamente in contrapposizione o in alternativa tra di loro.

A partire dai Padri della Chiesa, infatti, l’interpretazione tradizionale ha sempre posto l’accento sul contrasto tra vita attiva e vita contemplativa, incarnate rispettivamente da Marta e Maria, deducendone la superiorità della seconda (“la parte migliore”) sulla prima. Anche se tale interpretazione ha una sua plausibilità, una lettura attenta del testo mostra che il problema si pone diversamente, va al di là di una semplicistica contrapposizione e mette in luce una questione più radicale.

Certamente Marta appare subito come un esempio di “servizio” del prossimo; ella intende onorare Gesù in modo degno di Lui e si impegna al massimo in questa direzione: “era tutta presa dai molti servizi”, sottolinea il testo. Ma così facendo ad un certo punto travalica i confini, perde di vista il fine e arriva perfino ad imporsi allo stesso Maestro coinvolgendolo nel suo indiretto rimprovero alla sorella: “Dille dunque che mi aiuti!”; il risultato è che Marta giunge di fatto a snaturare quello stesso “servizio” che le sta tanto a cuore!

E’ proprio questo che Gesù le fa notare con tono di affettuoso rimprovero: tu ti preoccupi e ti agiti per “molte cose” (non sono più veri servizi quelli di Marta, ma “cose”!), moltiplicando i tuoi affanni e trascurando la sola realtà che è veramente essenziale e di cui non si può fare a meno. Invece Maria – come dice l’originale greco – “ha scelto la parte buona”; ciò che è “buono”, in sé e in assoluto, e indispensabile per il servizio stesso, è appunto l’ascolto della Parola, lo studio della Torah, o Legge, di fronte al quale – già per il giudaismo – tutte le altre attività perdono di valore.

Non vi affannate!” dice in un altro passo Luca servendosi dello stesso verbo (“merimnao”) che Gesù usa nella sua risposta a Marta, “non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete……Chi di voi, per quanto si affanni (stesso verbo!), può aggiungere un’ora sola alla sua vita?…..Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia…Cercate piuttosto il regno di Dio e queste cose vi saranno date in aggiunta” (Luca 12, 22-31).

Dunque, l’essenziale, ciò di cui nessuno può fare a meno, è il Regno, cioè fondamentalmente un dono di amore, dato dal Signore senza risparmio: Lui è anzitutto l’Ospite cui fare spazio nel proprio cuore. Ed é questo infatti che Egli desidera più di tutto: essere accolto e ascoltato, non onorato; o meglio, essere onorato e servito con l’ascolto e la meditazione della sua Parola! Proprio come fa Maria, che Luca ritrae nell’atteggiamento tipico del discepolo, il quale per definizione è anzitutto “colui che ascolta”, nel Primo come nel Nuovo Testamento. Sarà poi la Parola stessa a fare il suo corso (o “la sua corsa” – come dice S.Paolo) nel cuore di chi l’ha accolta e indicargli i tempi e i modi del “servizio”, quello vero, sia verso il Signore che verso il prossimo. La riprova di tutto ciò è esattamente l’assenza di affanno (quello di Marta), perché il discepolo che ascolta riposa nella certezza che Dio è all’opera e, se veste in modo splendido l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno (cfr. Luca 12, 24), quanto più si cura dell’uomo, la sua creatura prediletta!

Questo Marta non l’aveva capito, come si vede dal modo in cui, forte delle sue ragioni, apostrofa il Maestro: “Non ti curi che…….” Certo che Gesù si stava curando di lei e degli altri! Ma proprio annunciando quella Parola che Maria è tutta presa ad ascoltare!

D’altra parte è anche vero che Marta rispecchia una situazione abituale del cristiano di ogni tempo: nella vita quotidiana, al servizio è difficile sfuggire, perché è la vita stessa che ci obbliga. Se ci si imbatte in un povero, se ci sono in casa degli ammalati, se un amico ti chiede una mano, nessuno può astenersi dal prestare il suo aiuto. Ma il rischio sempre in agguato è che vengano messe da parte o comunque sottovalutate l’ascolto della Parola e la preghiera. Per questo, nel vangelo, Luca addita inequivocabilmente Maria come modello del discepolo, pur senza svalutare il servizio di Marta; e sempre per questo nel libro degli Atti, quando sorge un problema circa il servizio delle mense, i Dodici istituiscono sette diaconi “perché – dicono – non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense” (Atti 6, 1-4) e ancora per questo nel corso della storia Dio ha sempre suscitato quei grandi testimoni dell’Assoluto che sono i santi, i quali, in momenti critici della Chiesa, hanno fortemente richiamato la dimensione del silenzio, dell’ascolto della Parola e della preghiera.

Ileana Mortari – Sito Web

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XVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Lc 10, 38-42
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 17 – 23 Luglio 2016
  • Tempo Ordinario XVI, Colore verde
  • Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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