“Non intendo rinnegare le preghiere tradizionali che ho detto per tutta la vita; ma le dico e non le sento… Vorrei scrivere una preghiera bellissima”.
Questo diario personale di Flannery O’Connor, scritto tra il 1946 e il 1947 ai tempi dell’università in Iowa e di recente ritrovato tra le sue carte in Georgia, è molto più di una raccolta di preghiere: è un singolare dialogo con Dio, il colloquio silenzioso e appassionato di una giovane donna intelligente alla ricerca della propria strada e determinata a metterla al servizio di una causa superiore.
Una finestra sull’interiorità di una delle maggiori narratrici americane del secolo passato. Scavando nel profondo dei propri sentimenti e paure – di essere mediocre, stupida, presuntuosa – Flannery O’Connor si esercita in un costante confronto con la fede cattolica e i maestri che la ispirano come Freud, Proust e Rousseau. In questo documento, arricchito dalla riproduzione anastatica delle pagine del diario, già emerge l’umiltà e la sensibilità priva di retorica di un’autrice le cui ambizioni e valore letterari si intrecciano con una incessante tensione verso il divino e la grazia.
Prefazione di Mariapia Veladiano
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Fonte della recensione: Radio Libri