Papa Francesco legge la lettera di un Parroco durante il Giubileo dei sacerdoti – il testo

1417

Questo il testo della lettera del parroco di montagna che Papa Francesco ha letto durante il Giubileo dei Sacerdoti

“Perdoni il disturbo. Colgo l’occasione di un amico sacerdote che in questi giorni si trova a Roma per il Giubileo sacerdotale, per farle pervenire senza alcuna pretesa. Da semplice parroco di tre piccoli parrocchie di montagna, preferisco farmi chiamare ‘pastorello’. Alcune considerazioni sul mio semplice servizio pastorale, provocate – la ringrazio di cuore – da alcune cose che lei ha detto e che mi chiamano ogni giorno alla conversione.

Sono consapevole di scriverle nulla di nuovo. Certamente avrà già ascoltato queste cose. Sento il bisogno di farmi anche io portavoce. Mi ha colpito, mi colpisce quell’invito che lei più volte fa a noi pastori di sentire l’odore delle pecore. Sono in montagna e so bene cosa vuol dire. Si diventa preti per sentire quell’odore, che poi è il vero profumo del gregge. Sarebbe davvero bello se il contatto quotidiano e la frequentazione assidua del nostro gregge, motivo vero della nostra chiamata, non fosse sostituito dalle incombenze amministrative e burocratiche delle parrocchie, della scuola dell’infanzia e di altro.

[ads2]Ho la fortuna di avere dei bravi e validi laici che seguono dal di dentro queste cose. Ma c’è sempre quell’incombenza giuridica del parroco, come unico e solo legale rappresentante”. Per cui, alla fine, lui deve sempre correre dappertutto, relegando a volte la visita agli ammalati, alle famiglie come ultima cosa, fatta magari velocemente e in qualche modo. Lo dico in prima persona, a volte è davvero frustrante constatare come nella mia vita di prete si corra tanto per l’apparato burocratico e amministrativo, lasciando poi la gente, quel piccolo gregge che mi è stato affidato, quasi abbandonato a se stesso. Mi creda Santo Padre, è triste e tante volte mi viene da piangere per questa carenza.

Uno cerca di organizzarsi, ma alla fine è solo il vortice delle cose quotidiane. – Il vortice… – Come pure un altro aspetto, richiamato anche da lei: la carenza di paternità. Si dice che la società di oggi è carente di padri e di madri. Mi pare di constatare come a volte anche noi rinunciamo a questa paternità spirituale, riducendoci brutalmente a burocrati del sacro, con la triste conseguenza poi di sentirci abbandonati a noi stessi. Una paternità difficile, che poi si ripercuote inevitabilmente anche sui nostri superiori, presi anche loro da comprensibili incombenze e problematiche, rischiando così di vivere con noi un rapporto formale, legato alla gestione della comunità, più che alla nostra vita di uomini, di credenti e di preti.

Tutto questo – e concludo – non toglie comunque la gioia e la passione di essere prete per la gente e con la gente. Se a volte come pastore non ho l’odore delle pecore, mi commuovo ogni volta del mio gregge che non ha perso l’odore del pastore. Che bello, Santo Padre, quando ci si accorge che le pecore non ci lasciano soli, hanno il termometro del nostro essere lì per loro e se per caso il pastore esce dal sentiero e si smarrisce, loro lo afferrano e lo tengono per mano. Non smetterò mai di ringraziare il Signore, perché sempre ci salva attraverso il suo gregge, quel gregge che ci è stato affidato, quella gente semplice, buona, umile e serena, quel gregge che è la vera grazia del pastore. In modo confidenziale le ho fatto pervenire queste piccole e semplici considerazioni, perché lei è vicino al gregge, è capace di capire e può continuare ad aiutarci e sostenerci. Prego per lei e la ringrazio, come pure per quelle tiratine di orecchie che sento necessarie per il mio cammino. (Le bastonate! Scusatemi!). Mi benedica Papa Francesco e preghi per me per le mie parrocchie di questa diocesi”.

Il Papa conclude: “Firma e alla fine quel gesto proprio dei pastori: ‘Le lascio una piccola offerta. Preghi per le mie comunità, in particolare per alcuni ammalati gravi e per alcune famiglie in difficoltà economica e non solo. Grazie!’. Questo è un fratello nostro. Ce ne sono tanti così. Ce ne sono tanti. Anche qui sicuramente. Tanti. Ci segnala la strada e andiamo avanti. Non perdere la preghiera. Pregate come potete e se vi addormentate davanti al Tabernacolo, benedetto sia. Ma pregate. Non perdere quello. Non perdere il lasciarsi guardare dalla Madonna e guardarla come Madre. Non perdere lo zelo, cercare di fare… Non perdere la vicinanza e la disponibilità alla gente e anche, mi permetto di dirvi, non perdere il senso dell’umorismo. E andiamo avanti!”.