Viaggio Apostolico: Incontro con il mondo del lavoro – Ciudad Juárez

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN MESSICO

(12-18 FEBBRAIO 2016)

INCONTRO CON IL MONDO DEL LAVORO

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Colegio de Bachilleres dello Stato di Chihuahua, Ciudad Juárez
Mercoledì, 17 febbraio 2016

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Cari fratelli e sorelle,

ho voluto incontrarvi qui in questa terra di Juárez, per il rapporto speciale che questa città ha con il mondo del lavoro. Vi ringrazio non solo per il saluto di benvenuto e per le vostre testimonianze, che hanno rivelato le ansie, le gioie e le speranze che sperimentate nella vostra vita, ma vorrei anche ringraziarvi per questa opportunità di confronto e di riflessione. Tutto quello che possiamo fare per dialogare, per incontrarci, per trovare migliori alternative e opportunità è già una conquista che merita stima e risalto. Ci sono due parole che voglio sottolineare: “dialogo” e “incontro”. Non stancarsi di dialogare. Le guerre si generano, poco a poco, per il mutismo e per la mancanza di incontro. Ovviamente non è sufficiente dialogare e incontrarsi, ma oggi non possiamo permetterci il lusso di tagliare qualsiasi possibilità di incontro, qualsiasi possibilità di discussione, di confronto, di ricerca. È l’unico modo che abbiamo per poter costruire il domani, per tessere relazioni durature in grado di generare quell’assetto necessario che, poco a poco, ricostruirà i legami sociali logorati dalla mancanza di comunicazione, logorati dalla mancanza di rispetto minimo richiesto da una sana convivenza. Grazie, e che questa istanza serva per costruire futuro, sia una buona opportunità per dare forma al Messico che il suo popolo e i suoi figli meritano.

[ads2]Vorrei soffermarmi su quest’ultimo aspetto. Oggi qui ci sono diverse organizzazioni di lavoratori e rappresentanti di camere e associazioni imprenditoriali. A prima vista potrebbero essere considerati come antagonisti, ma condividono la stessa responsabilità: cercare di creare opportunità di lavoro dignitoso e veramente utile alla società e soprattutto ai giovani di questa terra. Uno dei più grandi flagelli a cui sono esposti i giovani è la mancanza di opportunità di istruzione e lavoro sostenibile e redditizio che permetta loro di fare progetti; e questo genera in molti casi – tanti casi – situazioni di povertà, di emarginazione. E questa povertà e questa emarginazione sono il terreno più favorevole per cadere nella spirale del narcotraffico e della violenza. E’ un lusso che oggi non ci possiamo permettere; non può essere lasciato solo e abbandonato il presente e il futuro del Messico. E per questo: dialogo, confronto, fonti di lavoro che creino questo cammino costruttivo.

Purtroppo, il tempo in cui viviamo ha imposto il paradigma dell’utilità economica come principio delle relazioni personali. La mentalità dominante – dappertutto – propugna la maggior quantità possibile di profitti, a qualunque costo e in modo  immediato. Non solo provoca la perdita della dimensione etica delle imprese, ma dimentica che il miglior investimento che si può fare è quello di investire sulla gente, sulle persone, sulle famiglie. Il miglior investimento è quello di creare opportunità. La mentalità dominante pone il flusso di persone al servizio dei flussi di capitale provocando in molti casi lo sfruttamento dei dipendenti come oggetti da usare e gettare e scartare. (cfr Enc. Laudato si’, 123) Dio chiederà conto agli schiavisti dei nostri giorni, e noi dobbiamo fare tutto il possibile perché queste situazioni non si verifichino più. Il flusso di capitale non può determinare il flusso e la vita delle persone. Per questo mi è piaciuto questo desiderio che è stato espresso di dialogo e di confronto.

Non sono pochi i casi in cui, di fronte alle proposte della Dottrina Sociale della Chiesa, la si mette in discussione dicendo: “Questi pretendono che siamo organizzazioni di beneficenza o che trasformiamo le nostre aziende in istituzioni filantropiche”. L’abbiamo sentita questa critica.  L’unica pretesa che ha la Dottrina Sociale della Chiesa è quella di porre attenzione all’integrità delle persone e delle strutture sociali. Ogni volta che, per vari motivi, questa è minacciata, o ridotta a un bene di consumo, la Dottrina Sociale della Chiesa sarà una voce profetica che aiuterà tutti a non perdersi nel mare seducente dell’ambizione. Ogniqualvolta l’integrità di una persona viene violata, l’intera società in qualche modo, comincia a deteriorarsi. E questo che dice la Dottrina Sociale della Chiesa non è contro nessuno, ma a vantaggio di tutti. Ogni settore ha l’obbligo di preoccuparsi del bene di tutti; siamo tutti sulla stessa barca. Tutti noi dobbiamo lottare per far sì che il lavoro sia un’istanza di umanizzazione e di futuro; sia uno spazio per costruire società e cittadinanza. Questo atteggiamento non solo crea un immediato miglioramento, ma alla fine si trasforma in una cultura in grado di promuovere spazi degni per tutti. Questa cultura, nata spesso da tensioni, sta generando un nuovo stile di relazioni, un nuovo stile di Nazione.

Che mondo vogliamo lasciare ai nostri figli? Credo che su questo la grande maggioranza possiamo concordare. E’ proprio questo il nostro orizzonte, questo è il nostro obiettivo, e per questo oggi dobbiamo unirci e lavorare. E’ sempre bene pensare che cosa mi piacerebbe lasciare ai miei figli; ed è anche un buon modo per pensare ai figli degli altri. Che cosa vuole lasciare il Messico ai suoi figli? Vuole lasciare un ricordo di sfruttamento, di salari inadeguati, di molestie sul lavoro, o di traffico di lavoro schiavo? O vuole lasciare la cultura della memoria del lavoro dignitoso, di un tetto decoroso e della terra per lavorare? Le tre “t”: lavoro, tetto e terra. In che cultura vogliamo vedere la nascita di quelli che ci seguiranno? Che atmosfera respireranno? Un’aria viziata dalla corruzione, dalla violenza, dall’insicurezza e dalla sfiducia o, al contrario, un’aria in grado di generare – è la parole-chiave – alternative, generare  rinnovamento e cambiamento? Generare è essere co-creatori con Dio. Chiaramente, questo costa, costa.

So che il progetto non è facile, ma so che è peggio lasciare il futuro nelle mani della corruzione, della brutalità, della mancanza di equità. So che tante volte non è facile portare tutte le parti ad una trattativa, ma so che è peggio e si finisce per fare più danni con la mancanza di trattative e la mancanza di valutazione. Mi diceva un anziano dirigente operaio, onestissimo, che è morto con quello che guadagnava, mai si è approfittato: “Ogni volta che dovevamo sederci a un tavolo di negoziati, io sapevo che dovevo perdere qualcosa, affinché tutti vincessimo”. Bella la filosofia di questo uomo di lavoro! Quando si negozia, sempre si perde qualcosa: ma vincono tutti! So che non è facile  poter andar d’accordo in un mondo sempre più competitivo, ma è peggio lasciare che il mondo competitivo determini il destino dei popoli. Schiavi. Il guadagno e il capitale non sono beni al di sopra dell’uomo, ma sono al servizio del bene comune. E quando il bene comune è piegato al servizio del profitto e il capitale è l’unico guadagno possibile, questo ha un nome: si chiama esclusione.  E così si va consolidando la cultura dello scarto: scartato!, escluso!

Ho iniziato ringraziandovi per l’opportunità di stare insieme.  Ieri un giovane nello stadio di Morelia, che ha dato la sua testimonianza, ha detto: “Questo mondo ci fa perdere la capacità di sognare”. Ed è vero! A volte ci fa perdere la capacità di sognare, la capacità della gratuità… Quando un bambino o una bambina vede il papà e/o la mamma solamente nel fine settimana, perché vanno a lavorare prima che si svegli e tornano che già sta dormendo, questa è cultura dello scarto. Voglio invitarvi a sognare, a sognare un Messico in cui un papà abbia il tempo per giocare con i propri figli, in cui la mamma abbia il tempo per giocare con i propri figli. E questo lo si può conquistare dialogando, confrontandosi, negoziando, perdendo affinché guadagnino tutti! Vi invito a sognare il Messico che i vostri figli meritano; un Messico dove non ci siano persone di prima, seconda o quarta categoria, ma un Messico che sappia riconoscere nell’altro la dignità di figlio di Dio. E che la Guadalupana, che si è manifestata a Juan Diego, e ha rivelato che quelli apparentemente messi da parte erano i suoi testimoni privilegiati, vi aiuti  tutti – qualunque professione abbiate, qualunque lavoro abbiate, tutti! – in questo compito di dialogo, confronto e incontro. Grazie!

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