Commento al Vangelo del 8 novembre 2015 – Antonio Riboldi – Vescovo

 Omelia del giorno 8 novembre 2015

La ‘povera vedova’ icona della Chiesa

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XXXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

[ads2]Mc 12, 38-44
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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Pur essendo tanto amati da Dio, rispetto a Lui siamo davvero ‘nulla’, e tante volte anche agli occhi degli altri nulla abbiamo che ci possa rendere superiori a loro, se non il dono della santità. Ma la santità non è ‘superiorità’: è espressione di un grande dono di Dio, che gli uomini possono accogliere con totalità, ma se non ci fosse la Grazia, davvero saremmo un nulla a tutti gli effetti.

Non è il soldo o la fama che ci fanno grandi, ma l’amore e la santità, che sono dono di Dio.

Il Vangelo di oggi offre parecchie considerazioni, che sono uno sguardo di Dio su ciò che veramente siamo in ogni momento della vita. Una Parola che deve invitare a ‘guardare dentro di noi’, per capire ‘chi siamo ai Suoi occhi’.

Gesù, guardando gli scribi e i farisei – persone considerate importanti a quel tempo – ci mette subito in guardia. ‘Diceva alla folla mentre insegnava: ‘Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere i saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe, e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grande’. (Mc. 12, 38-44)

Papa Francesco ha definito con chiarezza questo atteggiamento ipocrita, smascherato da Gesù:

“L’ipocrisia è quel modo di vivere, di agire, di parlare che non è chiaro. Forse sorride, forse è serio … Non è luce, non è tenebra … Si muove in una maniera che sembra non minacciare nessuno, come la serpe, ma ha il fascino del chiaroscuro. Ha quel fascino di non avere le cose chiare, di non dire le cose chiaramente; il fascino della menzogna, delle apparenze … Ai farisei ipocriti, Gesù diceva anche che erano pieni di se stessi, di vanità, che a loro piaceva passeggiare nelle piazze facendo vedere che erano importanti, gente colta …”.

Quanto è fastidioso quel loro mettere in mostra un’apparente giustizia e bontà, ad iniziare dalle lunghe preghiere … tranne poi – e qui Gesù usa un verbo davvero pesante – ‘divorare’, cioè depredare i più deboli, rappresentati dalle vedove.

E S. Marco fa seguire un fatto, che descrive meglio di ogni parola il pensiero di Gesù. “Sedutosi, di fronte al tesoro del tempio, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova, vi gettò due spiccioli, ossia un quattrino”

Gesù sconvolge tutte le nostre regole e i comportamenti che spesso consideriamo necessari per stare a galla in questo mondo. Lui non guarda mai al ‘quanto’, ma al ‘come’, al ‘cuore’!

Dei ricchi che ‘gettavano monete d’oro’ afferma: ‘Tutti hanno dato del loro superfluo’, cioè non è costato loro alcun sacrificio: era qualcosa che avanzava e quindi non merita alcuna lode, alcun risalto … hanno già ricevuto dagli uomini i loro ‘applausi’!

Il suo stupore e la sua ammirazione sono tutte per la ‘povera vedova’, che nella sua povertà vi ha messo ‘tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere’.

Quella ‘povera vedova’ senza nome non sapeva che in quel momento sulla bocca di Gesù occupava ‘la prima pagina’: una ‘pagina’ che Lui ha voluto giungesse fino a noi, come si parlasse di un grande personaggio. Una grandezza che si acquista in silenzio: il silenzio del dono totale di sé, fatto con tutto il cuore, con semplicità, come fosse la cosa più naturale, togliendo spazio ad ogni sicurezza personale. Come se il bene degli altri valesse di più, molto di più della propria vita. Questa non è una ‘povera vedova’: questa è veramente una ‘grande signora del Regno di Dio’.

Magari fossimo degni anche noi di vivere con un tale cuore ed avere lo stupore di Gesù!

Benedetto XVI, a Brescia, nel novembre del 2009, quando non era ancora emerito, parlò dell’obolo della vedova, come immagine della vita della Chiesa, esaltando al contempo la figura del caro e beato Paolo VI. Queste le sue parole:

“A partire da questa icona evangelica, desidero meditare brevemente sul mistero della Chiesa, del Tempio vivo di Dio, e così rendere omaggio alla memoria del grande papa Paolo VI, che alla Chiesa ha consacrato tutta la sua vita. La Chiesa è un organismo spirituale concreto che prolunga nello spazio e nel tempo l’oblazione del Figlio di Dio, un sacrificio apparentemente insignificante rispetto alle dimensioni del mondo e della storia, ma decisivo agli occhi di Dio … In quell’unica oblazione è condensato tutto l’amore del Figlio di Dio, come nel gesto della vedova è concentrato tutto l’amore di quella donna per Dio e per i fratelli: non manca niente e niente vi si potrebbe aggiungere.

[ads2]La Chiesa, che incessantemente nasce dall’Eucaristia, dall’autodonazione di Gesù, è la continuazione di questo dono, di questa sovrabbondanza che si esprime nella povertà, del tutto che si offre nel frammento. È il Corpo di Cristo che si dona interamente, Corpo spezzato e condiviso, in costante adesione alla volontà del suo Capo … È questa la Chiesa che il servo di Dio Paolo VI ha amato di amore appassionato e ha cercato con tutte le sue forze di far comprendere e amare. Rileggiamo il suo “Pensiero alla morte”, là dove parla della Chiesa. “Potrei dire – scrive – che sempre l’ho amata… e che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse … Corpo mistico di Cristo … Alla Chiesa, a cui tutto devo e che fu mia, le benedizioni di Dio siano sopra di te; abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità; e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo”.

E Benedetto XVI conclude: “Vorrei sottolineare quest’ultima visione della Chiesa “povera e libera”, che richiama la figura evangelica della vedova. Così dev’essere la Comunità ecclesiale, per riuscire a parlare all’umanità contemporanea”.

Così è chiesto di essere a ciascuno di noi, che formiamo la Chiesa, popolo in cammino con i Pastori che Dio ha scelto per lei. Così sia.

Antonio Riboldi – Vescovo
www.vescovoriboldi.it

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