Il figlio desiderato e il figlio programmato. Simboliche e tempi della genitorialità

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Sicuramente oggi la genitorialità (il mettere al mondo e far crescere un figlio) è un’esperienza meno diffusa di un tempo e più ritardata nel tempo. Se per mantenere l’attuale popolazione in Italia ogni famiglia dovrebbe avere 2 o 3 figli, la media è invece di 1,3 figli per coppia. 

 

E’ partito da questo dato don Giuseppe Pellizzaro (docente di Teologia morale al Seminario di Vicenza) nell’incontro di lunedì 2 marzo alla Scuola di formazione permanente del Clero sul tema: “Il figlio tra desiderio e fatica”.

 

Ma quali sono le ragioni di tale contrazione delle nascite? “Non è possibile ricondurre il fenomeno – ha spegato don Pellizzaro – solo all’egoismo dei singoli o delle coppie. Se è vero che esistono coppie per scelta childfree, è altrettanto vero che almeno il 20 % delle coppie è oggi childless, ovvero senza figli, ma non per propria scelta”.

Le cause della denatalità, della fatica di giungere alla genitorialità, sono dunque più complesse. Sicuramente incide molto l’incertezza del futuro, che porta le coppie a rinviare sia il matrimonio che la nascita dei figli. Ad una oggettiva situazione di precarietà economica di molti giovani, si aggiunge la perdita del senso della provvidenza, la necessità di avere tutto sotto controllo, la paura di vivere. Altri motivi che spingono le coppie a ritardare o limitare la genitorialità sono il prolungarsi dell’adolescenza (ma non dell’età fertile, per cui quando si è maturi psicologicamente per avere un figlio non è detto che lo si sia ancora da un punto di vista biologico); il primato del lavoro e della realizzazione professionale rispetto alla dimensione affettiva e familiare (il figlio come freno alla carriera lavorativa); la volontà di aspettare per dare il meglio ad un eventuale figlio (è il tema della “costosità” del figlio). 

Viceversa – ha continuato don Giuseppe Pellizzaro –  “i motivi che spingono una coppia ad avere un figlio, sono molteplici e spesso combinati tra loro in modo da essere difficilmente separabili: il desiderio di dare un senso, una finalità alla propria vita; il vedere che la vita continua oltre noi stessi; il rendere concreto, “incarnato” l’amore di coppia; il rafforzare la propria identità sessuale; il rispondere al desiderio naturale di prendersi cura di un’altra creatura”.

La mentalità scientifica e tecnologica in cui viviamo ha portato molti esseri umani a pensare che ogni desiderio possa essere realizzato. Che ci sia una soluzione per tutto. In tale contesto culturale anche il figlio rischia di non essere più il dono atteso come risposta ad un desiderio di genitorialità, ma un diritto di cui avvalersi nel momento in cui lo si è programmato. 

E’ nello scenario di questo possibile rischioso mutamento di simboliche dell’essere genitori che anche le tecniche, sia anticoncezionali ,che di fecondazione assistita, devono essere comprese e valutate da un punto di vista morale. Fatto salve alcune valutazioni necessariamente negative per metodiche che pongono oggettivi problemi etici (come la pillola del giorno dopo o la fecondazione eterologa) “il vero problema non è probabilmente quale metodo utilizzare, ma con quale mentalità essi vengono utilizzati o quale visione della vita tendono a veicolare, se di apertura al vero bene della coppia e alla vita o di chiusura in logiche egoistiche ”. 

La notizia buona del Vangelo riguardo alla genitorialità è dunque che il figlio è e resta sempre dono, che va accolto anche quando è inatteso e che potrebbe anche non arrivare. Le coppie devono dunque essere sostenute perché si possano aprire in questo modo alla genitorialità attraverso aiuti sociali, fraterni ed educativi.

Don Alessio GrazianiDiocesi di Vicenza