Il salmo dell’Eccomi – 18 gennaio 2015

1703

La liturgia ci offre nella II domenica del tempo per annum, uno dei salmi più citati nel Nuovo Testamento.
La lettera agli Ebrei, infatti riprende un ampio stralcio del salmo 39 e ne offre una interpretazione molto suggestiva che ci aiuta a riconoscere in Gesù Cristo il vero orante che rivolge al Padre questa preghiera.
Non abbiamo più il sostegno dell’Ufficio liturgico nazionale, che immagino ritroveremo in quaresima per cui vi accontenterete della mia lettura.

Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

Il salmo 39 si apre come un salmo di lode e di ringraziamento e termina con una supplica accorata in mezzo alle difficoltà.
Questo contrasto apparente è molto significativo, perché ci invita nella nostra preghiera a non partire dai nostri problemi e dai nostri guai. Dio conosce bene le difficoltà e le angustie della nostra esistenza.
Il salmista preferisce avere lo sguardo rivolto prima di tutto a Dio, riconoscendo di avere sperimentato la sua misericordia: Dio si è chinato su di me, ha dato ascolto al mio grido.
Dobbiamo immaginare che questo salmo veniva pregato nel tempio di Gerusalemme, nel luogo nel quale venivano ogni giorno immolate molte vittime sacrificali.
Poteva capitare con certa facilità, che perfino tra gli addetti al culto si poteva insinuare una certa routine, si poteva cadere nell’abitudine e così nonostante la fedeltà ai rituali prescritti dalla legge mosaica, il cuore rischiava di rimanere indifferente alla volontà di Dio.
Ecco perché dice che non sono in se stessi il sacrificio e l’offerta ad essere graditi a Dio, ma l’obbedienza e la docilità del cuore.
Qui troviamo un caso interessantissimo, nel confronto con il nuovo testamento.
Il testo originario è in ebraico, ma l’autore della lettera agli ebrei scrive in greco e cita il salmo nella antica traduzione greca, chiamata dei settanta.
In ebraico qui c’è una frase di difficile traduzione: “Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai forato, o mi hai aperto”.
Il traduttore greco, di fronte a questa frase piuttosto difficile, ha dato una interpretazione diversa: “Sacrificio e offerta non gradisci, un corpo invece mi hai preparato”.
Nel primo caso si possono dare queste interpretazioni: “mi hai forato l’orecchio”. Anticamente agli schiavi veniva forato un orecchio come segno della loro condizione.
Questa lettura potrebbe significare che Dio non vuole da noi cose o animali, ma vuole noi stessi come offerta a lui gradita e come sua proprietà.
Oppure, “mi hai aperto l’orecchio”. Cioè mi hai dato la possibilità di ascoltare la tua parola. Quindi il vero sacrificio gradito a Dio è l’obbedienza alla sua parola.
Ma l’interpretazione greca, che confluisce nel Nuovo Testamento è molto suggestiva e apre subito la prospettiva al mistero della Incarnazione e della Pasqua del Figlio di Dio: “Sacrificio e offerta non gradisci, un corpo invece mi hai preparato”.
È la voce di Cristo che riconosce come la vera obbedienza a Dio è l’offerta della propria vita e Gesù loda Dio per avergli dato un corpo umano, un corpo attraverso il quale fare la sua volontà in questo mondo, un corpo, una vita dunque offerta a Dio nella sua concretezza.
Questo è dunque il salmo dell’Eccomi, il salmo del Sì.
È l’eccomi che Cristo dice “entrando nel mondo” con il suo vero corpo umano, come afferma la lettera agli ebrei.
È l’eccomi di Maria che offre se stessa, la sua vita, la sua verginità al compiersi della volontà di Dio.
È l’eccomi di una nuova umanità, della Chiesa, di ciascuno di noi, che riceve in dono da Dio la grazia di poter fare la sua volontà e di dargli lode, non con azioni formali di culto, ma con la concretezza della nostra vita.
La collocazione di questo salmo dentro alla liturgia di questa domenica è suggestiva: viene subito dopo il racconto della chiamata di Samuele, al quale il sacerdote Eli insegna a rispondere “eccomi alla chiamata di Dio”.
E subito dopo San Paolo ricorderà che il corpo è tempio della Spirito Santo: non c’è separazione tra materia e spirito, perché la concretezza della nostra vita è il luogo in cui si manifesta la potenza e la purezza di Dio. “Glorificate dunque Dio con il vostro corpo”. (don Andrea Caniato).