Papa Francesco – Omelia del 13 novembre 2014 a casa Santa Marta

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MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Nel regno di Dio con mezzo euro in tasca

Giovedì, 13 novembre 2014

(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.260, Ven. 14/11/2014)

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C’è già il regno di Dio nella santità nascosta di tutti i giorni vissuta da quelle famiglie che arrivano a fine mese con in tasca mezzo euro soltanto. Ma non cedono alla tentazione di pensare che il regno di Dio sia solo uno spettacolo. Magari come quelli che fanno del sacramento del matrimonio una caricatura, trasformandolo in una fiera della vanità e del farsi vedere. Papa Francesco ha così rilanciato l’impegno a vivere la fede con perseveranza, giorno dopo giorno, lasciando campo libero allo Spirito Santo nel silenzio, nell’umiltà e nell’adorazione. E lo ha fatto riproponendo le vere caratteristiche del regno di Dio nella messa celebrata giovedì mattina, 13 novembre, nella cappella della Casa Santa Marta.

Proprio il fatto che Gesù parlasse tanto del regno di Dio aveva reso «curiosi» anche i farisei. Tanto che — si legge nel passo del Vangelo di Luca (17, 20-25) proposto oggi dalla liturgia — arrivano a domandargli: «Ma, alla fine, quando verrà questo regno di Dio?». Come a dire: «tu parli, parli, ma…». E «Gesù risponde subito e chiaro: il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione; e nessuno dirà: eccolo qui oppure eccolo là! Ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi: già c’è il regno di Dio, già è incominciato in mezzo a voi».

Infatti, ha fatto notare Francesco, «quando Gesù spiegava nelle parabole come era il regno di Dio, usava sempre parole serene, tranquille» e utilizzava «anche figure che dicevano che il regno di Dio era nascosto». Così Gesù paragonava il regno a «un mercante che cerca perle fine di qua, di là» oppure a «un altro che cerca un tesoro nascosto in terra». Oppure diceva che esso è «come una rete che prende tutti o come il seme di senape, piccolino, che poi diventa un albero grande». E così, ancora, diceva che «il regno di Dio è come il grano: si semina e tu non sai come cresce» perché «Dio dà la crescita».

Dunque «è questo che spiegava Gesù» riguardo al regno di Dio: «sempre in silenzio, ma anche in lotta». E lo faceva capire ancora meglio dicendo che «il regno di Dio crescerà come la pianta del grano, non circondato da cose belle ma in mezzo alla zizzania. Ma il regno è lì, non attira l’attenzione, è silenzioso, quieto».

Insomma, ha puntualizzato il Papa, «il regno di Dio non è uno spettacolo». E proprio «lo spettacolo, tante volte, è la caricatura del regno di Dio». Non bisogna, infatti, mai «dimenticare che è stata una delle tre tentazioni»: nel deserto a Gesù viene detto «vai al terrazzo del tempio e buttati giù e tutti crederanno, fai lo spettacolo». Invece «il regno di Dio è silenzioso, cresce dentro; lo fa crescere lo Spirito Santo con la nostra disponibilità, nella nostra terra, che noi dobbiamo preparare». Ma esso «cresce lentamente, silenziosamente».

Nel racconto evangelico di Luca, Gesù rilancia il suo discorso e va avanti domandando «ma voi volete vedere il regno di Dio?». E spiega: «Vi diranno: eccolo là! Oppure: eccolo qui! Non andateci! Non seguiteli! Perché il regno di Dio verrà come la folgore, in un istante». Sì, ha aggiunto Francesco, «si manifesterà nell’istante, è dentro». Però, ha rimarcato, «io penso a quanti cristiani preferiscono lo spettacolo al silenzio del regno di Dio».

A questo proposito, il Papa ha suggerito un breve esame di coscienza per non cadere nella tentazione dello spettacolo, attraverso alcune semplici domande: «Ma tu sei cristiano? Sì! Tu credi in Gesù Cristo? Sì! Tu credi nei sacramenti? Sì! Tu credi che Gesù è lì e che adesso viene qui? Sì, sì, sì!». E, allora, ha concluso Francesco, «perché non vai ad adorarlo, perché non vai alla messa, perché non fai la Comunione, perché non ti avvicini al Signore», affinché il suo regno “cresca” dentro di te?. Del resto, ha affermato il Pontefice, «mai il Signore dice che il regno di Dio è uno spettacolo». Certo, ha spiegato, «è una festa, ma è diverso! È una festa bellissima, una grande festa. E il Cielo sarà una festa, ma non uno spettacolo». Invece «la nostra debolezza umana preferisce lo spettacolo».

Ed è quanto accade, a volte, «nelle celebrazioni di alcuni sacramenti», ha detto invitando a pensare in particolare alle nozze. Tanto che viene da domandarci: «Ma questa gente — non so se questo succede qui, ma io penso alla mia terra — è venuta a ricevere un Sacramento, a fare festa come a Cana in Galilea, o è venuta a fare lo spettacolo della moda, del farsi vedere, della vanità?». Così la nostra «è una tentazione continua: non accettare che il regno di Dio è silenzioso». Ma, dice Gesù nel Vangelo di Luca, «il giorno che farà rumore, lo farà come la folgore che, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo: così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno, il giorno che farà rumore».

All’opposto dello spettacolo, ha ricordato il Pontefice, c’è «la perseveranza di tanti cristiani che portano avanti la famiglia: uomini, donne che curano i figli, curano i nonni, che arrivano alla fine del mese con mezzo euro soltanto, ma pregano». E il regno di Dio «è lì, nascosto in quella santità della vita quotidiana, quella santità di tutti i giorni». Perché «il regno di Dio non è lontano da noi, è vicino».

Proprio la «vicinanza è una delle sue caratteristiche» del regno. Vicinanza che vuol dire anche «tutti i giorni». Per questo «Gesù allontana dalla mente dei discepoli un’immagine spettacolare del regno di Dio». E «quando vuol parlare degli ultimi tempi, quando Lui verrà in gloria, l’ultimo giorno, dice: così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno, come la folgore, ma prima è necessario che Egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

Del regno di Dio, dunque, «è parte anche la sofferenza, la croce; la croce quotidiana della vita, la croce del lavoro, della famiglia», la croce «di portare avanti bene le cose, questa piccola croce quotidiana, il rifiuto». Così «il regno di Dio è umile, come il seme: umile; ma viene grande per la forza dello Spirito Santo». E «a noi tocca lasciarlo crescere in noi, senza vantarci. Lasciare che lo Spirito venga, ci cambi l’anima e ci porti avanti nel silenzio, nella pace, nella quiete, nella vicinanza a Dio, agli altri, nell’adorazione a Dio, senza spettacoli». Francesco ha concluso invitando a chiedere «al Signore questa grazia di curare il regno di Dio che è dentro di noi e in mezzo a noi nelle nostre comunità: curare con la preghiera, l’adorazione, il servizio della carità, silenziosamente».

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