Oggi la “questione” di Uomini e Profeti è dedicata a una stagione della vita: l’ultima, la più difficile, la più accidentata, e, di solito, la meno amata. A differenza dell’infanzia, non tutti sperimentiamo la vecchiaia. Vi è chi si arresta prima nel proprio corso vitale. Ma chi si inoltra nella vecchiaia si inoltra nella parte più enigmatica dell’esistenza: quella che si affaccia al limite estremo, quella che sperimenta la debolezza estrema, senza la sollecitudine che circonda la debolezza infantile. Come affrontarla oggi, a fronte di una sempre maggiore durata della vita, cui però non sempre – anzi, quasi mai – corrisponde una capacità di sostenerla, sia dal punto di vista fisico e materiale che spirituale? E, ancora una volte, le Scritture delle antiche tradizioni sono in grado di fornire delle “tracce” per sostenere e dare senso a questa fase estrema dell’esistenza? Ne parliamo con Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, che alla vecchiaia sta dedicando molte riflessioni, sia esistenziali che spirituali.
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Suggerimenti di lettura
- Enzo Bianchi, Ogni cosa alla sua stagione, Einaudi 2010
- Biagio Marin, Nel silenzio più teso, Rizzoli 1980
- Aude Zeller, Alla prova della vecchiaia, Servitium 2005
Parole
Vi è un dato che può accomunare tutti gli anziani: il nostro tempo può essere segnato maggiormente dalla gratuità,dall’esercitarsi alla capacità di stupore attraverso ore di contemplazione
Enzo Bianchi
Tutta la vita un sogno;
nell’aria celestina
un fiore di cotogno che dura una mattina.
Sembra niente una mattina!
Porta l’ape al fiore,
fa cantare d’more in cielo la calandrina …
Quanta vita in quel sogno,
solo fumo d’incenso;
quanti nidi nel lodogno
nel suo fogliame denso.
Biagio Marin