A volte, in una classe, mi capita di vedere un ragazzo o una ragazza che va a sedersi in un posto diverso dal suo, per stare vicino a un compagno, o per nascondersi meglio. Il professore, immancabilmente, lo fa tornare dove era prima. Mentre questo scambio di posti รจ abbastanza innocuo, la mia tendenza a mettermi in vista, ben al centro dellโattenzione, non lo รจ. Quando cerco lโammirazione del prossimo, lo distolgo da colui che dovrebbe guardare, il Maestro, la Guida, il Cristo.
Mi chiedo perchรฉ io vada tanto a elemosinare sguardi.
Che sia malato, come quei ricchi che pensano di non aver mai abbastanza? Se รจ cosรฌ, questa malattia รจ guaribile?
Che io non voglia accogliere lo sguardo del Signore, quello sguardo che ti costituisce uomo, ti comunica dignitร , ti crea?
Sia come sia, da solo non guarisco.
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Per grazia, il Signore si comporta con me come il professore della classe: mi fa ritornare al mio posto. Un poโ confuso per questo cambio forzato, mi accorgo di non essere di piรน degli altri, percepisco la nostra uguaglianza, e ne gioisco. Avevo scelto di isolarmi e mi ritrovo in buona compagnia. Non mi sembra vero che il Maestro, con tutto quello che ha da trasmettere e insegnare, perda tempo con me. Vuol dire che ne avevo bisogno!
E ora posso stare attento, insieme ai miei compagni di avventura.
Stefano Corticelli SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato