Tentazioni di Gesรน, tentazioni del discepolo
Con questa domenica si apre la serie delle domeniche quaresimali dellโannata C in cui viene proposta al credente una catechesi penitenziale: nellโordine, le tematiche della fede, dellโalleanza, della conversione, del perdono e della misericordia saranno al cuore delle cinque domeniche.
Il tema della fede attraversa le letture odierne. La prima lettura (Dt 26,4-10) presenta una professione di fede con cui Israele fa memoria delle meraviglie operate da Dio in suo favore: Israele dice la fede narrando una storia, non con astratte affermazioni teologiche. La seconda lettura (Rm 10,8-13) contiene la professione di fede cristiana: professione che non รจ un momento puramente verbale, ma coinvolge โboccaโ e โcuoreโ (cf. Rm 10,8-10), interioritร ed esterioritร , lโinterezza della persona. Il vangelo (Lc 4,1-13) presenta la fede di Gesรน come lotta contro il tentatore e principio di decisione. La fede non รจ, se non tentata: e questo vale per Gesรน come per la chiesa.
La prima lettura presenta una professione di fede che accompagna un gesto cultuale, il rito di offerta di primizie agricole frutto di quella terra che il Signore diede ai padri e che ora รจ abitata dai loro discendenti. Presentando al sacerdote, cioรจ portando davanti al Signore le primizie dei frutti della terra che il Signore donรฒ ai padri, il figlio dโIsraele riconosce che quella terra รจ dono anche per lui, che pure รจ distante qualche secolo dagli eventi ricordati. Con quel gesto e con le parole della professione di fede, egli si riconosce destinatario del dono: โIo presento le primizie dei frutti del suolo che tu Signore mi hai datoโ (Dt 26,10). La liturgia suppone un passato e unโassenza. Ma un passato a cui lโuomo si ricollega nellโoggi e unโassenza a cui il rito pone rimedio mediante gesti e parole che, compiuti e pronunciati oggi, creano una continuitร con lโevento antico. Il dono della terra non riguarda solo chi lโha vissuto in prima persona, ma ogni generazione successiva. La parola e il gesto unificano il tempo passato a quello presente ed estendono la signoria di Dio, manifestatasi un tempo ai padri, allโoggi dellโofferente. Il rito cultuale รจ trasmissione di memoria e, a suo modo, รจ narrazione di ciรฒ che Dio fatto nel passato: pertanto esso deve essere ripetuto di generazione in generazione. Certo, non vi รจ alcuna dimensione magica, ma tutto avviene nella fede. E la fede, mediante i gesti e le parole prescritte esprime la volontร dellโuomo di sapersi destinatario egli stesso del dono di Dio di cui hanno fruito i suoi antenati. La fede, con gesti e parole, conduce allโinserimento corporeo dellโuomo in una storia che lo precede e in cui egli riconosce la propria origine. La formula da recitare e i gesti da compiere, insomma tutto ciรฒ che รจ prescritto โ ed essendo scritto e prescritto รจ scisso da un corpo e dunque morto โ ritrova vita proprio grazie al corpo che con la bocca e con il cuore pronuncia quelle parole ritenute vitali, con le mani e con le braccia compie i gesti di portare la cesta delle primizie. La professione di fede, poi, รจ costituita da una narrazione (โMio padre era un Arameo errante โฆโ) che fa memoria del dono di Dio e il dono di Dio viene riconosciuto mediante un dono da parte dellโuomo: il dono di Dio suscita la gratuitร dellโuomo. La fede acquisisce cosรฌ una dimensione eucaristica costituita dal dinamismo di memoria-dono-gratuitร . Il nostro testo dice che la fede รจ capace di dono e si manifesta nel donare. E qui si comprende anche che, se biblicamente la fede si esprime nel racconto di una storia collettiva, di un popolo, questa storia รจ anche personalissima. Sicchรฉ, come vi รจ una narrazione comunitaria e liturgica della fede, cosรฌ esistono tante storie della fede quante sono le persone credenti. Romano Guardini ha scritto che โesistono tanti modi di diventare credente quanti sono gli uomini chiamati da Dioโ. Ognuno ha la storia della sua fede da narrare. E questa storia ha almeno tre aspetti.
Si tratta di una storia personale, che coinvolge la totalitร del nostro essere. ร con il cuore che si crede (Rm 10,9-10), cioรจ con la totalitร del proprio essere personale.
Si tratta di una storia relazionale, comunionale (la fede รจ โcomuneโ: Tt 1,4): lโโio credoโ si innesta vitalmente nel โnoi crediamoโ. Paolo puรฒ dire: โIo so in chi ho posto la fedeโ (2Tm 1,12), dopo aver confessato che lโannuncio da cui รจ scaturita la fede egli lo ha ricevuto (โVi ho trasmesso quello che anchโio ho ricevutoโ: 1Cor 15,3). Si tratta di una storia di precedenza in cui ci inseriamo con la nostra soggettivitร (cf. lโesperienza paolina espressa in 1Cor 15,8: โUltimo fra tutti apparve anche a meโฆโ). Si tratta della storia di una relazione visibile, con quanti vivono accanto a noi, e di una relazione invisibile, con il Signore che abita, โper la fedeโ, nel nostro cuore (Ef 3,17). Ma dove la relazione con gli altri agisce come autentificazione della relazione invisibile con Dio.
Si tratta infine di una storia non terminata perchรฉ la fede non รจ data una volta per tutte, ma va cercata (2Tm 2,22), custodita (Rm 14,22; 1Tm 3,9; 2Tm 4,7), consolidata (At 16,5); perchรฉ in essa si รจ chiamati a camminare (2Cor 5,7), perchรฉ conosce ritorni indietro, dimenticanze e smarrimenti. Di certo essa cambia con il nostro cambiare. Si tratta di una storia in fieri, in divenire.
Passando al testo evangelico, possiamo scorgere una chiave di lettura che muove dallโosservazione solo lucana del v. 13: โDopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanรฒ da lui fino al momento fissatoโ. Il momento fissato รจ espresso da Luca in 22,3, quando โSatana entrรฒ in Giuda, detto Iscariota, che era uno dei Dodiciโ. La mia idea รจ che in Lc 22,1-46 vi sia il corrispondete ecclesiale di ciรฒ che in Lc 4,1-13 รจ riferito a Gesรน. Ovvero, le tentazioni di Gesรน (4,1-13) diventano le tentazioni del discepolo (22,1-46). Tuttavia, la presenza di Cristo e il suo esempio corroborano la fede della comunitร cristiana che trova nel suo essere comunitร eucaristica il magistero che la situa nella dinamica messianica del servire e la libera dalle tentazioni del potere. Il testo di 22,1-46 si suddivide in tre parti corrispondenti alle tre tentazioni di Gesรน. 22,1-23: Satana entrรฒ in Giuda (v. 3); 22,24-30: Voi avete perseverato con me nelle mie tentazioni (v. 28); 22,31-46: Satana vi ha cercatoโฆ pregate per non entrare in tentazione (vv. 31.40.46).
Se la prima tentazione di Gesรน (4,3-4) verte sul cibo e sul mangiare (โebbe fameโ: 4,2), in 22,1-23 Gesรน desidera mangiare la Pasqua con i suoi (22,15) perchรฉ non la mangerร piรน finchรฉ non si compirร nel Regno (22,16-17). Alla tentazione di soddisfare il proprio bisogno fino a stravolgere la natura, Gesรน risponde con la logica del dono: egli dona il proprio corpo come pane. In 22,1-23 vi รจ dunque lโesempiocristico (Questo รจ il mio corpo che รจ per voi; questo calice รจ la nuova alleanza nel mio sangue, versato per voi: 22,19-20); il comando (Fate questo in memoria di me: 22,19; prendete e distribuitelo fra tutti: 22,17); la promessa (Finchรฉ non si compia nel Regno di Dio; finchรฉ non venga il Regno di Dio: 22,26.18). Al centro della prima scena cโรจ lโistituzione eucaristica nellโultima cena, memoriale dellโesodo e profezia del Regno (22,19-20).
La seconda tentazione di Gesรน verte sul potere (4,5-8): รจ la promessa della gloria dei regni della terra. In Lc 22,24-30 la tentazione del potere si presenta ai discepoli (vv. 24-25). Ed ecco il ripetersi dello schema: esempio cristico (Io sto in mezzo a voi come colui che serve: 22,27); comando: Tra voi non รจ cosรฌ; il piรน grande diventi come il piรน piccolo: 22,26); promessa: (Io preparo per voi un Regno perchรฉ mangiate e beviate alla mia tavola nel mio Regno: 22,29-30). Al centro della seconda scena vi รจ lโeucaristia escatologica, il banchetto nel Regno (22,29-30).
La terza tentazione (4,9-12) si svolge al Tempio, nel luogo della preghiera, e suggerisce a Gesรน di gettarsi dal Tempio: lโangelo lโavrebbe sostenuto e cosรฌ si sarebbe compita la Scrittura. ร la tentazione dellโorgoglio religioso. In 22,31-46 Pietro presume di sรฉ e della sua fede, afferma di essere pronto ad andare fino alla morte con Gesรน, ma Gesรน prega per lui e per la sua fede. Gesรน attesta che deve compiersi la Scrittura che lo annovera tra i malfattori. Ed ecco di nuovo la struttura del testo. Esempio cristico (Gesรน, inginocchiatosi, pregava: 22,41; Gesรน versa sangue nella preghiera, un angelo lo conforta e sorregge; prega tre volte: 22,41.44.45); comando (pregate per non entrare in tentazione: 22,40.46); promessa (rivolta a Pietro e, attraverso di lui, a tutta la chiesa: Tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli: 22,32). Al centro cโรจ lโeucaristia vissuta da Gesรน nel suo corpo: egli piega il corpo in ginocchio e versa sangue.
Al cuore della chiesa lโeucaristia รจ magistero di lotta anti-idolatrica. I cristiani devono ottemperare i tre comandi: celebrare lโeucaristia; servirsi gli uni gli altri; pregare. Queste sono tre notae ecclesiae: fractio panis, comunione, preghiera (At 2,42). Lโinsegnamentodegli apostoli (At 2,42) รจ intravisto dietro al mandato conferito a Pietro di confermare i suoi fratelli (Lc 22,32). La fede che ha condotto Gesรน a vincere le tentazioni deve diventare la fede dei discepoli nella loro lotta contro le tentazioni. Fede nutrita e rinvigorita dallโeucaristia.
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Per gentile concessione del Monastero di Bose