Praticare lโamore
La relazione con il nemico: questo il tema che unisce Antico Testamento (1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23) e Vangelo (Lc 6,27-38). David risparmia Saul, che lo perseguita, perchรฉ Saul รจ lโunto del Signore. Il rispetto per il Signore porta David a trascendere la logica dellโinimicizia. Nel Vangelo, Gesรน comanda: โAmate i vostri nemiciโ (Lc 6,27.35), e ciรฒ che chiede ai suoi seguaci egli lo pratica in tutta la sua vita. Gesรน narra un Dio che unilateralmente mantiene la relazione di amore con chi lo rigetta e lo rifiuta.
Nel passo tratto dal primo libro di Samuele il gesto di Davide consiste nel โnon fareโ. Saul sta cercando di uccidere Davide, ma questi, quando gli si presenta lโoccasione di sbarazzarsi del suo nemico togliendogli la vita, si astiene dal farlo. La narrazione di 1Sam 26, da cui รจ tratta la pericope liturgica, ha un parallelo in 1Sam 24, dove si racconta un episodio analogo. Stando ai due testi, che sono quasi dei doppioni, sullโinimicizia personale e sullโistinto di conservare la propria vita sopprimendo quella del suo nemico, Davide ha fatto prevalere un sentimento di pietร (โho avuto pietร di teโ: 1Sam 24,11), un senso di rispetto nei confronti del consacrato del Signore (1Sam 24,7; 26,11), di timore del Signore e di paura delle conseguenze che il gesto di ucciderlo potrebbe procurargli (1Sam 26,9).
Davide risparmia la vita a Saul (e in 1Sam 25 anche a Nabal, ma lรฌ per lโazione e lโintercessione della saggia Abigail, moglie dello stolto Nabal). Ovvero, Davide ha messo un limite a sรฉ, si รจ frenato, non ha dato realizzazione a ciรฒ che sarebbe stato piรน naturale, o almeno, piรน rispondente allโimpulso:ย mors tua, vita mea. Infatti: โQuando mai uno trova il suo nemico e lo lascia andare sulla buona strada?โ (1Sam 24,20). Giร : quando mai? La vendetta esercita un notevole potere di fascinazione: essa ha la pretesa di agire sul passato e conferisce al vendicatore un senso di potenza quasi divina. Il gesto da cui Davide si astiene (e fare il bene, in questo caso, รจ impedirsi di fare il male) รจ lo โstendere la mano suโ (1Sam 24,7.11; 26,9.11), espressione presente anche in Gen 3,22 e che indica lโatto di usurpare la vita, di entrare in un rapporto di possesso nei confronti del mondo ergendosi a dio. ร il gesto che indica una volontร di presa di potere sulla realtร , sulla vita, sugli altri, su Dio stesso (cf. 1Cr 13,9-10). Davide sopprime lโโinimiciziaโ nel suo cuore.
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E questa โsoppressioneโ fa parte di quel lavoro su di sรฉ richiesto dallโimpresa di โamare il nemicoโ che Gesรน chiede, anzi, comanda, nel discorso della pianura (Lc 6,17-49). Una prima considerazione รจ che il comando non si pone sul piano affettivo, non ordina di provare sentimenti di affetto per colui che odia, ma si situa su un piano operativo, pratico, effettivo piรน che affettivo, e indica azioni concrete da mettere in atto e comportamenti da assumere. Il comando dellโamore per il nemico รจ infatti subito specificato come un โfare il beneโ (Lc 6,27).
ร interessante notare che lโagire dellโamore รจ definito prima come โbelloโ (kalรดs poieรฎte: v. 27), quindi come โbuonoโ (agathopoiรชte: v. 33): dimensione etica ed estetica si raggiungono in una prassi che vuole rispettare tanto la dignitร di colui che offende quanto quella di colui che รจ offeso. Questo rispondere al male con il bene รจ tuttโaltro che naturale e richiede grande forza nei confronti di se stessi. Richiede ascesi, cioรจ esercizio di autocontrollo per frenare gli impulsi reattivi che risponderebbero in modo speculare con violenza a chi ricorre alla violenza. In questo, lโamore del nemico รจ esercizio diย libertร : libertร dalla violenza dellโaltro che non ha il potere di vincerci e portarci a ripeterla; libertร da noi stessi, che non ci sentiamo derubati della nostra umanitร da gesti anche violenti o umilianti che subiamo sicchรฉ abbiamo la luciditร di abitare il silenzio di fronte alla violenza verbale o di trasformare gesti in cui patiamo una spogliazione in atti di donazione (โa chi ti strappa il mantello non rifiutare neanche la tunica โฆ daโ a chiunque ti chiedeโ); libertร nei confronti delle cose e dei beni (โa chi prende le tue cose, non chiederle indietro โฆ prestate senza sperarne nullaโ).
Questa prassi si radica nellโinterioritร e necessita, aggiunge Gesรน, della preghiera: โpregate per coloro che vi trattano maleโ (o โvi calunnianoโ). E pregare significa innestare per fede il proprio cuore, la propria mente e il proprio corpo nellโagire che fu di Cristo Gesรน, il quale โinsultato, non rispondeva con insulti, maltrattato non minacciava vendettaโ (1Pt 2,23) e sulla croce pregava per i suoi aguzzini (cf. Lc 23,34). Lโamore del nemico si radica ultimamente nella fede in Cristo, e diviene sequela di Cristo anche nel suo patire il male senza reagirvi con violenza. Lโamore del nemico ha bisogno della preghiera per il nemico, ovvero di portare il nome e il volto di colui che fa il male e odia, davanti a Dio nella preghiera intima e silenziosa, per vedere quella persona nuovamente illuminata dalla luce che il Padre di tutti sa gettare anche su chi sfigura la propria umanitร commettendo il male. Allora si puรฒ riuscire nella difficile impresa di cogliere il nemico come un fratello che il male ha allontanato da noi.
Che cosa puรฒ sostenere lโuomo nel lavoro di cercare di mettere in pratica lโamore del nemico? Oltre a quanto abbiamo giร detto, vi รจ un altro elemento decisivo. Ovvero, la certezza che ciรฒ che puรฒ distruggere la nostra umanitร non รจ tanto lโodio che ci viene riversato addosso o lโumiliazione che ci viene inflitta o la percossa che subiamo, ma lโodio che noi possiamo arrivare a nutrire, la violenza che noi esercitiamo, le azioni malvagie che noi mettiamo in atto.
Queste uccidono la nostra anima (cf. Mt 10,28), la nostra umanitร , e sfigurano la nostra immagine e somiglianza con Dio. Insomma, amare il nemico รจ espressione dellaย cura della nostra umanitร , รจ un gesto radicale di cura e custodia dellโumanitร che รจ in noi e nellโaltro. Non a caso al cuore del nostro testo evangelico si trova la cosiddetta regola dโoro: โCome volete che gli uomini facciano a voi, cosรฌ anche voi fate a loroโ (Lc 6,31). Anche questa indicazione richiede un lavoro su di sรฉ. Nel libro del Siracide si dice: โA partire da te intendi i desideri del tuo prossimo e su tutto riflettiโ (Sir 31,15). Nel testo latino della Vulgata il passo recita:ย Intellige quae sunt proximi tui ex teipso. Lโintelligenza del prossimo esige intelligenza di sรฉ. E lโamore, anche per coloro che a loro volta ci amano, ha bisogno di questo lavoro interiore: occorre leggersi dentro per comprendere lโaltro; ascoltare la sofferenza dellโaltro รจ possibile quando ascoltiamo e riconosciamo la nostra. Il prossimo รจ, al tempo stesso, lโaltro e me stesso.
Di tutto questo cโรจ bisogno ancor di piรน quando si deve accordare lโamore con chi amabile non รจ, il nemico. E compito primo del credente (e di ogni essere umano) รจ quello di non entrare nelle logiche dellโinimicizia giungendo o a spingere altri a farsi suoi nemici o a diventare lui stesso nemico di qualcuno fino al punto di non salutarlo piรน, di non rivolgergli piรน la parola, di cancellarlo dalla propria vita. Non รจ forse una sorta di omicidio? E anche abbastanza quotidiano, se pensiamo che, alla fine dei conti, chi รจ il nemico? Il nemico รจ lโamico, il vicino, il prossimo, colui che ci รจ accanto. Gesรน ha trovato in Giuda, uno dei Dodici, chi si รจ fatto suo nemico personale. Noi riusciamo a trasformare amici, famigliari, coniugi, amanti, fratelli, sorelle in nemici. E se questo รจ abbastanza frequente e facile, ben piรน raro e difficile รจ il contrario. Come dice un testo della tradizione rabbinica: โIl piรน grande eroe รจ colui che trasforma il suo nemico nel suo amicoโ (‘Abot R. Natanย A 23). Vi รจ insomma una dimensione di inimicizia o, come scrive qualcuno, una โnemicitร โ, che abita in noi ed รจ da conoscere e arginare. Altrimenti, se non viene addomesticata, ci trascina nella barbarie.
Nรฉ possiamo dimenticare che la spirale dellโinimicizia porta con sรฉ la follia della guerra. Guerra che si puรฒ combattere tra individui, in spazi famigliari (cf. Mt 10,21), nei luoghi di lavoro, tra classi sociali, tra etnie, contro migranti, tra appartenenti a religioni diverse e tra nazioni. La chiesa stessa, nella sua storia, ha creato nemici trasformando unโalteritร parziale in alteritร assoluta. Il pagano, lโebreo, lโeretico, il musulmano sono alcuni dei visi storici in cui la cristianitร ha incarnato il nemico e lโha combattuto fino a eliminarlo anche fisicamente in nome della difesa dellโidentitร , dellโortodossia, della veritร . Nei nostri tempi di marcata e feroce polarizzazione, il binomioย nemico โ guerraย รจ molto diffuso. Vien da pensare a quello che un intellettuale ha chiamato โil terribile amore per la guerraโ che, come potente pulsione, abita lโuomo e lo agisce. Eraclito affermava cheย Pรณlemos (guerra) di tutte le cose รจ padre.
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Forse, antidoto a questo terrificante amore per la guerra รจ lโevangelico amore per il nemico. โTutte le guerre sono combattute fondamentalmente per proteggere la propria famiglia, per difendere la propria nazione, e cosรฌ, in fondo trovano la loro giustificazione per rispondere al principio dellโamore del proprio prossimo. Non avrebbero potuto essere giustificate per rispondere al principio dellโamore per il proprio nemicoโ (Peter Noll). Solo lโamore per il nemico puรฒ vincere lโamore per la guerra.
Per gentile concessione del Monastero di Bose