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don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 15 Dicembre 2024

Domenica 15 Dicembre 2024 - III DOMENICA DI AVVENTO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 3, 10-18

Siamo giunti alla terza domenica di Avvento, detta Gaudete”/rallegratevi o della gioia, per il tono festoso  che riecheggia dalla Parola di Dio, e che si esprime anche nel colore rosaceo dei paramenti liturgici, e in una  più ampia proposta floreale e musicale.

Una sorta di “sosta” per riprendere fiato e affrontare con ancor più  slancio il cammino liturgico/della vita che conduce alla Meta. Un po’ come quando si sale in montagna e si  sosta stupiti di fronte al panorama e alla vetta che s’innalza davanti, si dimentica la fatica compiuta e si  ritrova lo slancio per affrontare il tratto che manca.

Lo stupore e la gioia di questa “sosta” sono dati dal fatto  che la “buona novella” è rivolta a tutti, come dice il testo di Sofonia scelto come I lettura: “Rallegrati, figlia  di Sion… Non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore… Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore…”. Una gioia che non si fonda su quanto uno “fa”, ma su una Presenza: Dio è in  mezzo a noi, Dio gioisce di ciascuno di noi e ci rinnova con il suo amore:“Dio è la mia salvezza” – canteremo  nel salmo a risposta della profezia di Sofonia. “Dio è mia forza e mio canto… canta ed esulta…”.  

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Entriamo nel testo del vangelo.  

Le folle interrogavano Giovanni Battista: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva loro: “Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto… Vennero anche dei pubblicani a  farsi battezzare… Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Lo interrogavano anche alcuni soldati… Rispose loro: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”.  

Nel deserto la testimonianza del Battista attira le genti che desiderano capire cosa fare: “Che dobbiamo  fare?” (cfr At 2,37: “Che dobbiamo fare?”…e Pietro rispose: “Convertitevi”). A nessuno viene chiesto di cambiare attività,  ma a tutti viene raccomandata la “carità” (v. 11), il condividere con l’altro: dividere il pane con gli affamati,  offrire ospitalità ai senza tetto, donare vestiti a chi non ne ha (cfr Is 58,7). E su questa linea si porrà Gesù  quando presenterà il giudizio finale: avevo fame mi hai dato da mangiare; ero forestiero e mi hai accolto… 

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(Mt 25). Di fatto è un criterio di giustizia, animato dalla carità, è un superare lo squilibrio tra chi ha il superfluo  e chi manca del necessario. Per tutti l’insegnamento del Battista mira a dare indicazioni capaci di modificare  la condotta della vita quotidiana, non cose impossibili! 

vv. 14-18: “Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non  fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte  di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco…”. 

L’agire e il predicare del Battista suscitano stupore e domande sulla sua identità, tanto che lui stesso interverrà, facendo capire che il “suo” battesimo “con acqua” è preliminare a quello in “Spirito santo e fuoco” che  praticherà Colui che verrà, che è il “più forte”, dice il Battista. In questo modo Giovanni si rivela come colui che prepara la venuta del Messia, del Più Forte, proponendo indistintamente a tutti la buona novella. Nella prima domenica ci è stata indicata la Meta (andiamo incontro al Signore che viene, quale Re e Signore dell’Universo); domenica, anche se i testi sono stati sostituiti per la solennità dell’Immacolata, ci è stato mostrato l’atteggiamento di fondo da coltivare, ossia lasciare fare a Dio.

Oggi, in questa sosta del cammino, mentre  ci viene offerta la possibilità di scorgere la Meta e ripensare al cammino fin qui compiuto, siamo invitati a  gioire: il Signore è in mezzo a noi, viene per ciascuno di noi. Per assaporare questa gioia basterebbe imparare a mettersi dall’altra parte: perché noi crediamo di essere i prescelti a priori? E se per caso fossimo noi  gli esclusi? Pensiamoci per un istante. Fossimo noi gli “scartati”… la certezza che Dio viene per tutti si trasformerebbe in una gioia ancora più grande! Dio viene proprio per tutti: non spetta certo a me o ad altri  stabilire chi amare o non amare (cfr Lc 15,….: il Padre ama il figliol prodigo e il figlio maggiore in ugual misura, e noi siamo  invitati a diventare né il figliol prodigo né tanto meno il figlio maggiore, ma il Padre: “Siate perfetti com’è perfetto il padre vostro del  cielo”(Mt 5,43…), evitando di cadere nel peccato di gelosia: “Sei forse tu geloso perché sono buono?” (cfr Mt 20,1- 16).  

Le folle del vangelo – siano stati essi giudei, pubblicani, soldati – avevano capito dalle parole del Battista  che stava avvenendo qualcosa di grande, di bello. Questo li ha cambiati dentro, li ha infiammati dell’amore  di Dio e verso Dio (Ger 20,7-9, “nel mio cuore c’era come un fuoco…”). E nel momento che anche tu senti vivo questo  fuoco d’amore, non puoi che cambiare, ben sapendo che il cambiamento porta con sé il “desiderio” della  novità, di quanto abbiamo intuito nel cuore a tal punto che ci si sente infiammare di gioia; ma nello stesso  tempo si vive il “timore” di perdere quanto abbiamo: “C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di  attuarlo” (cfr Rom 7,17-18). 

Un secondo dono del Battista in questa domenica è “suscitare speranza”. È coltivare desideri grandi. Vivo,  viviamo in un tempo in cui soffochiamo ogni desiderio e non attendiamo più nulla. L’innamorato di Dio è  colui che, infiammato dall’amore del Signore, sa infiammare gli altri con la sua vita. Li sa incoraggiare, stimolare. Li contagia della sua speranza e del suo stupore. Troppo spesso siamo appiattiti sul presente o prigionieri di cose passate.

La gioia sgorga lì dove permettiamo alla Parola di “accadere”, e la nostra gioia risveglia la gioia e l’attesa dell’altro. La liturgia ci sta aiutando a capire che il modo più bello e autentico per  giungere alla Grotta è proprio vivere l’esperienza che Gesù è venuto a portare con la sua vita e a sigillare con  la sua morte e risurrezione: vivere da fratelli e sorelle! Non ci viene chiesto altro. Dio ci ha rinnovati nel suo  amore, tutti, indistintamente.

Questa è la gioia, questo è l’atteggiamento di fondo che deve caratterizzarci.  Come ci ricorda san Paolo nella II lettura – anch’essa collegata al vangelo – non angustiamoci di nulla, ma  preghiamo e aiutiamoci nelle difficoltà: nulla ci turbi. Potranno portarci via i beni, la libertà, le nostre conquiste… ma nessuno potrà sottrarci la gioia, perché per noi la gioia ha un volto e un nome, Gesù, nostra  Speranza. È l’amore che fa dimenticare i “timori” e infiamma i “desideri”, sapendo intraprendere autentici  cammini di cambiamento. Cammini di gioia. Basterebbe guardare ai santi!

Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.

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