Se avessi dovuto scegliere personalmente a quale stagione paragonare la vita eterna, avrei scelto la primavera. Gesù nel Vangelo di oggi sembra prediligere l’estate, forse perché è quella stagione in cui la luce è al suo massimo splendore:
“Guardate il fico e tutte le piante; quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l’estate è vicina”.
Ma l’estate è anche il tempo in cui i frutti sono maturi. È il tempo che prepara alla raccolta, alla mietitura, alla vendemmia. Pane e vino sono gli elementi che Gesù sceglie per l’Eucaristia, per la sua misteriosa presenza. Il suggerimento è quello di farci pensare a che punto è la nostra maturazione.
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Siamo maturati relazionalmente? Siamo maturati interiormente? Siamo maturati caratterialmente? Maturare non significa semplicemente il tempo che passa, ma il tempo che ci cambia, che ci affina, che ci rende migliori. Delle volte la nostra vita è attraversata da troppa immaturità, e l’unica cosa che apprendiamo della vita adulta è solo la scaltrezza di cadere in piedi.
Non basta diventare genitori per dire anche di essere persone mature. Non basta ricevere un incarico di responsabilità nella Chiesa per dire di essere delle persone mature. Non basta esercitare potere sugli altri per dire che siamo maturi. La maturità è solo quella che assomiglia a Cristo e che ha a che fare con il dono di sé.
Il grano e l’uva sono maturi quando possono essere raccolti per essere donati a una trasformazione che li cambierà in pane e vino. Gesù è maturo nel momento in cui sente che il massimo della sua missione è donare la sua vita. Noi siamo maturi in ogni ambito della vita quando siamo disposti a donarci e non semplicemente ad affermarci.
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E il dono implica la logica del servizio, del decentrarsi, del far crescere, del dare spazio, del supportare la vita altrui.
Autore: don Luigi Maria Epicoco
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