Il commento al Vangelo di domenica 17 novembre 2024 è curato da don Gaetano Amore.
Trascrizione automatica (non rivista) generata da Youtube e “corretta” tramite IA.
Sembra che la liturgia di questa trentesima Domenica del Tempo Ordinario ci sconvolga un po’, sia come campo semantico del linguaggio utilizzato, che fondamentalmente escatologico, sia come scene, proprio vere e proprie, che ci compaiono davanti agli occhi. Scene di angoscia, come quella della prima lettura del profeta Daniele; scene di speranza, come quella del Vangelo, capitolo 13° di San Marco.
Diciamo subito una cosa: non stiamo parlando di sconvolgimenti terrestri negativi, non stiamo parlando di guerre, non stiamo parlando di fini catastrofiche. Stiamo parlando di un momento essenziale in cui Dio ritornerà, la sua seconda venuta nella Parusia, e ci prenderà tutti quanti con sé. E quindi, anche se questo sarà un momento fondamentale, ecco, più che doloroso potremmo chiamarlo cruciale, in cui Cristo si riunisce alla sua umanità devastata dall’odio, dalla morte e dal peccato.
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In quel tempo, Gesù dice ai suoi discepoli: “In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. Benissimo, è l’antitesi di che cosa? Lasciamo stare gli aspetti astronomici o gli scenari devastanti. No, pensiamo subito a leggere la Bibbia con la Bibbia. Genesi, capitolo primo, la creazione, versetto 14 in poi: è il quarto giorno. Dio dice: “Voglio fare dei segni luminosi nel cielo per distinguere la notte dal giorno, dei segni che siano un po’ di orientamento anche nelle feste. Cioè, voglio creare il tempo”, tanto che crea il sole, la luna e le stelle per segnare la notte, no? Che indicano il passare del tempo.
È l’antitesi della creazione, è il rovesciamento del tempo. Quello che succederà alla fine dei tempi è che il tempo scomparirà, non avremo più un punto di riferimento. È quello che per noi era l’essenziale; se voi vedete, oggi tutti quanti viviamo con un orologio al polso, che ci detta i ritmi della vita, che ci fa capire fondamentalmente quali dovrebbero essere le priorità e la scansione di tutta la nostra esistenza, dall’alfa all’omega: è il tempo. Non ci sarà più. E immaginate una vita senza tempo, immaginate una vita senza un punto di riferimento!
Questo sconvolgimento ci dice subito una cosa fondamentale, no? Che se non c’è più la luce, noi non possiamo più orientare il nostro tempo. E quando il tempo non ci sarà più, sarà l’eternità. Un concetto di sconvolgimento, di Parusia, di ritorno di Cristo, che già nella nostra piccolezza e semplicità viviamo nella nostra vita. Quando trascorriamo un momentino con una persona che amiamo, con la nostra mamma, col nostro papà, con i figli, con le mogli, con i mariti, con un amico che non vediamo da tanto tempo, no? Poi ci guardiamo l’orologio e diciamo: “Guarda, già son trascorse due ore! Il tempo vola, il tempo è passato, non ce ne siamo nemmeno accorti, il tempo è scomparso!”. Chi fa scomparire il tempo è l’amore. Chi riduce il tempo ad eternità e chi fa che l’eternità entri nel tempo e la devasti con la sua onnipresenza è l’amore. “Cielo e terra passeranno, le mie parole non passeranno”. Ci sono dei momenti, delle parole, degli incontri che il tempo lo annientano, lo dissolvono nell’eternità dell’amore.
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E difatti, quando il sole si oscurerà, quando diventerà buio, quando perderà la luminosità, quando Cristo salirà sulla croce, in quelle tre ore ci sarà buio su tutta la terra. È il sacrificio assoluto del Cristo, per poi ridare luce alla Risurrezione, alla Rinascita. Quando Cristo sale sulla croce, lì in quel momento cruciale il sole si oscura, e si oscurano tutte le nostre certezze, tutte le nostre speranze. Che cosa rimane in piedi? L’essenziale.
Allora, vedete, in questa domenica il Vangelo ci sollecita non soltanto ad aver paura di quello sconvolgimento che verrà, ma quanto sia sconvolgente ora quelle realtà che rendono eterna la nostra esistenza. E quali sono quelle realtà che non si consumano mai, antic contingenti, che non subiscono la corrosione del tempo? Tutto passerà, ma l’amore resta. Lo dice anche San Paolo: è la carità quella che resta, i doni scompariranno, tutto finirà, vi ricordate? Corinzi, capitolo 13. Ma cosa resterà? È l’amore!
Allora, vedete, in questa domenica noi forse siamo chiamati a sconvolgere un po’ la nostra vita e a capire che probabilmente stiamo perdendo troppo tempo dietro a cose che alla fine svaniscono. Vogliamo un oggettino, ma lo desideriamo tantissimo, lo vogliamo con tutto il cuore; poi ci passa, poi passiamo ad altro, passa tutto. Ci passano i desideri, ci passano le cose, eppure là ci siamo stati a studiarci, a farcele, a perdere tempo. Ecco, perdere tempo… Il tempo non si perde, ogni volta che è l’amore che guadagna il nostro cuore, noi stessi. Ecco perché quelli sono attimi e fondamenti che restano impressi in tutta la nostra vita. E guarda caso sono quei momenti che passano sempre attraverso la sofferenza e la croce di Cristo.
Infatti, dal… ora vedranno, no? Continuando… Dal Vangelo capiamo questo: vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi. Bellissimo, no? È lui che sconvolge il tempo, è lui che viene nel tempo e viene sugli astri e su tutti quegli idoli ai quali noi ogni giorno ci leghiamo, ci fanno perdere tempo. Dalla pianta del fico però imparate la parabola. È bello questo termine: “Mantano!”. Bellissimo, no? “Matate, imparate”. Che cosa si può imparare da un fico? Da un fico secco. Vi ricordate? Marco 11 dice: “La mattina seguente, mentre uscivano da Betania, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa, ma quando vi giunse vicino non trovò altro che foglie; non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero disse: ‘Nessuno mai più in eterno mangi dei tuoi frutti!’”. Poi quando tornarono, vi ricordate? La mattina seguente lo trovarono secco, tanto che dice: “Mamma mia, si è seccato proprio il fico!”.
No, quando il suo ramo ormai diventa tenero, spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. “Hush, si avvicina il regno di Dio”, quando? Quando vedete che le foglie del fico, che è l’albero della dolcezza, che in un certo senso è l’albero di una presenza dolce all’interno della nostra vita, sta… spunterà l’estate, passerà l’inverno della sofferenza e arriverà l’estate. E il tempo è vicino. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Allora, vedete, la parabola del fico ci dice subito che, numero uno, dobbiamo cominciare ad imparare da tutti quei segni dell’estate che sono intorno a noi, e che ci fanno percepire che ci sono realtà che nella nostra vita non passeranno, e che ci sono delle parole che ci rimbombano nella nostra coscienza, nel nostro cuore, che non passeranno mai.
Chi non passerà mai è Cristo, mettiamocelo bene in testa. Tutto potrà passare, la nostra vita passerà, ma Cristo non passerà. E ce ne accorgeremo, ce ne accorgiamo anche negli ultimi istanti della nostra stessa esistenza, quando tutto ci passerà davanti. Che cosa resterà? L’essenziale, che è l’amore che avremo ricevuto e dato, che è quella parola che si è così tanto conficcata nella nostra carne che non esiste più tempo. È quell’amore che non ha bisogno di orologi, perché non per dire “ti amo” a una persona non è che glielo dico ogni giorno: “Guarda, alle 5 ti dico ti amo”. È così, io ti dico “ti amo” anche quando il tempo è passato, anche quando siamo lontani, anche qu… quando il tempo ci dividerà, anche quando non ci vediamo da tanto tempo. Io quel “ti amo” non te lo posso dire a orari ben prefissati, perché il tempo annienta sempre il flusso di quell’amore che è sempre, è sempre presente. “Para erco mai, le mie parole non passeranno, non si allontaneranno mai da me”.
Allora, anziché un Vangelo di disperazione, impariamo dal fico, impariamo da tutti quei segni che nella nostra vita non scompariranno mai, ma che ci fanno già presagire la presenza e il calore dell’estate, di un amore che non svanirà mai. Buona domenica a tutti.