Possiamo immaginare questa notte apocalittica come una notte di superpoteri ed effetti speciali. Possiamo immaginarla con i nostri criteri umani: vederci portati via i nostri cari, il vuoto, la mancanza di senso. Una fine che รจ limite umano, e che ci fa guardare al presente con paura. Nel timore di essere colti impreparati chiediamo con insistenza, come i discepoli: quando e come, dove sarร ? Come si muore? Oppure possiamo pensare che anche alla fine il criterio del giudizio sia la vita e non la morte.
Sopravviverร quello che รจ stato donato, ogni barlume dโamore gratuito, ogni cosa che sa di vita. Come ai tempi di Noรจ e di Lot, una manciata di uomini da cui ripartire dopo le grandi acque e il fuocoโฆ e se invece la fine del mondo fosse giร avvenuta? Che valore daremmo al tempo che abbiamo qui ed ora? Gesรน sulla croce รจ il giudizio finale di quella notte che รจ dentro di noi.
Dentro di noi siamo chiamati a distinguere sempre tra ciรฒ che continua a voltarsi indietro, e che ci immobilizza, ci trasforma in statue di sale, come la moglie di Lot, che pietrifica il nostro cuore, e quello che in noi vuole andare avanti con fiducia, anche rinunciando a tutto. Tutto quello che in noi vuole essere dono radicale. Nella nostra vita quotidiana, non altrove. Proprio nel come mangiamo, beviamo, stiamo insieme, compriamo, vendiamo, piantiamo e costruiamoโฆ ci sono avvoltoi che non aspettano altro che tutto dentro di noi marcisca, chi sta traendo vantaggio dalle nostre morti?
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E invece per chi e in chi siamo vivi? NellโEucarestia ci offri un pane vivo, Signore, sta a noi scegliere cosa mangiare, e cosa di noi lasciar mangiare, si finirร come si vive.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato