La tentazione di chiamare in causa Gesรน per dirimere le nostre spicciole questioni irrisolte, quelle beghe tra fratelli e sorelle che a volte dimenticano di essere anche figli, รจ roba umana. Niente da biasimare, perchรฉ anche questa tentazione schiude una ricerca, un tentativo di approfondire la conoscenza del Maestro.
Ma รจ fuorviante, perchรฉ รจ lโillusione di un volto improprio: quello di un Maestro-giudice che possa sancire chi ha torto e chi ha ragione, a chi spetti la parte peggiore e a chi quella migliore โ possibilmente a me.
ร unโimmagine facile, a portata di mano, eppure errata: non solo un errore interpretativo della relazione con il Figlio di Dio, ma proprio della relazione con tutte le cose di Dio. Queste, infatti, stanno davanti a me perchรฉ io possa imparare a servirmene per amare meglio, per uscire fuori da me stessa, per incontrare lโaltro, per scoprire, nutrire e condividere la mia vocazione. Non per possederle. Possederle ha un inizio e una fine, mentre amare no.
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E cosรฌ impariamo a essere piรน leggeri, non soggiogati alle cose e al loro dominio, al torto o alla ragione. Non affannati e consumati nel costruire depositi piรน ampi. Ma piรน leggeri, e consolati, affinchรฉ possiamo muoverci piรน liberi lungo il viaggio della vita. Disponibili a lasciar andare e lasciar entrare. A lasciarci educare alla vita di Dio, alla quale apparteniamo.
Melania Condรฒ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato