Respiro Spirituale, XXIX Domenica del Tempo Ordinario, con mons. Willy Volonté
Trascrizione, non rivista, da Youtube:
Lo spirito di pretesa nei confronti di Dio è sempre una cosa deplorevole, come l’atteggiamento di pretesa di un figlio nei confronti di suo padre e di sua madre che dicesse: “Siccome voi mi avete messo al mondo, allora dovete fare quello che io voglio.”
Ma è anche l’atteggiamento dei due discepoli, Giovanni e Giacomo, che si rivolgono al Signore con una frase pesante: “Noi vogliamo, Maestro, che tu faccia quello che ti chiederemo.” È il punto di partenza sbagliato: “Io voglio”, “noi vogliamo”, al di là della cosa buona che possono chiedere.
Invece di dire, ad esempio, con umiltà: “Signore, esaudisci il nostro desiderio”, qui è l’atteggiamento del cuore che è sbagliato. Anzitutto, una cosa buona bisogna meritarsela, non è un dovuto. Un posto vicino a Gesù, come per la fede, è un dono, non un dovuto. La fede bisogna conquistarsela, ma occorre anche desiderarla, volerla.
Occorre sempre una decisione personale per accogliere un dono, e questo è il punto delicato ed importante: non è un dovuto. Tanto che Gesù mette subito una condizione: “Voi volete che io faccia quello che mi chiedete, ma siete degni di questa pretesa?” Naturalmente, i due dicono: “Ma certo che lo siamo.”
Allora, Gesù sembra dire: “Io metto una condizione. Per stare alla mia destra, potete bere il calice che io berrò?” Ed è un calice amaro, quello che io berrò, perché pensa alla sua passione, alla sua morte. “Lo possiamo”, loro rispondono. È una bella presunzione.
E quindi, un dono di Dio bisogna veramente meritarselo, con un desiderio che diventa operativo, che diventa concretezza, che diventa voglia di seguire. Speriamo che in ciascuno di noi ci sia questo atteggiamento di non considerare nulla come un dovuto, ma come un’accoglienza di un dono.
Produzione Caritas Ticino