Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 20 ottobre 2024.
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Quale corona sceglie Dio?
Il primo scisma nella chiesa รจ avvenuto sotto gli occhi di Gesรน: due discepoli contro dieci e dieci contro due (Mc 10,35-41). Il motivo del contendere: non una discussione teologica o il rifiuto di qualche dogma, ma la smania per il potere, la competizione per i primi posti. Fu lโinizio di una dolorosa storia di divisioni e conflitti ecclesiali, sempre determinati da rivalitร meschine.
Quando qualcuno vuole prevalere sugli altri il gruppo si sgretola. Ma nemmeno il sistema democratico elimina i litigi, perchรฉ non li cura alla radice, รจ solo un gioco di equilibri, un tentativo di conciliare opposti egoismi.
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Gesรน ha costituito i Dodici perchรฉ nel mondo fossero il segno di una societร nuova in cui fosse abolita ogni pretesa di dominio e si coltivasse unโunica ambizione: il servizio del piรน povero. Impresa ardua. La mentalitร di questo mondo si รจ infiltrata, fin dallโinizio, anche nella chiesa e lungo i secoli sono riemersi i criteri di questo mondo: il dominio, il possesso, lโasservimento dellโaltro.
La tiara, il celebre copricapo del papa, era il simbolo dellโautoritร e della giurisdizione universale del vescovo di Roma. Resta incerta la sua origine, ma nel secolo XIII era costituita da una sola corona, nel secolo seguente da due e, pochi decenni dopo, da tre corone sovrapposte, simboli dei tre regni su cui il papa estendeva il suo potere: il cielo, la terra e sottoterra. Eletto papa, Paolo VI compรฌ un gesto storico: se la pose sul capo e subito se la tolse, questa volta per sempre. Il triregno era un simbolo troppo equivoco, troppo compromesso, incompatibile con lโunico diadema glorioso che aveva ornato il capo del Maestro, la corona di spine.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โGrande รจ colui che serveโ
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Prima Letturaย (Is 53,2a.3a.10-11)
Il Servo del Signoreย 2ย รจ cresciuto come un virgulto davanti a luie come una radice in terra arida.3ย Disprezzato e reietto dagli uomini,uomo dei dolori che ben conosce il patire.10ย Al Signore รจ piaciuto prostrarlo con dolori.Quando offrirร se stesso in espiazione,vedrร una discendenza, vivrร a lungo,si compirร per mezzo suo la volontร del Signore.11ย Dopo il suo intimo tormento vedrร la lucee si sazierร della sua conoscenza;il giusto mio servo giustificherร molti,egli si addosserร la loro iniquitร .
Gli uomini vogliono vincere, non perdere; cercano di dominare, non di servire. Dio la pensa in modo opposto e, per educare il suo popolo ad accettare la logica del dono della propria vita, fin dallโAntico Testamento ha indicato un modello: il suo Servo fedele.
Ci siamo giร imbattuti piรน volte in questo personaggio misterioso, oggi ci viene ripresentato per prepararci a comprendere e ad accogliere il messaggio impegnativo del vangelo.
Nella prima parte del brano (vv. 2-3) รจ descritto lโaspetto umile di questo Servo: spunta come un piccolo arbusto del deserto, cresce in una terra priva dโacqua, non ha nessuna delle caratteristiche che attirano lโattenzione degli uomini: la bellezza, la forza, la ricchezza; al contrario, รจ debole, disprezzato, sconfitto.
La seconda parte del brano (vv. 10-11) evidenzia il giudizio opposto di Dio. Ciรฒ che gli uomini considerano un fallimento, per il Signore รจ un successo.
ร attraverso il sacrificio, la sofferenza, il dono di sรฉ che Dio attua i suoi progetti di salvezza. Proprio perchรฉ vittima dellโodio, dellโingiustizia, della violenza, il Servo libera i suoi stessi persecutori dalle loro iniquitร .
Costituisce lโimmagine perfetta di Gesรน che ha salvato gli uomini non dominandoli, ma umiliandosi, inginocchiandosi davanti a loro per servirli, donando la propria vita.
Seconda Lettura (Eb 4,14-16)
14ย Poichรฉ dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesรน, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede.15ย Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermitร , essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato.ย 16ย Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.
I vangeli sinottici riferiscono che Gesรน, allโinizio della vita pubblica, รจ stato sottoposto alle tentazioni del diavolo. In seguito gli evangelisti non riprendono piรน lโargomento. Solo Luca lascia intendere che queste tentazioni sono continuate anche dopo; riferisce, infatti, che โil diavolo si allontanรฒ da lui per tornare al tempo fissatoโ (Lc 4,13).
Il brano della Lettera agli ebrei che ci viene proposto oggi affronta con chiarezza questo tema.
Cristo รจ in grado di capire le nostre debolezze perchรฉ egli stesso รจ stato tentato in tutto come noi. Lโunica differenza รจ che, mentre noi spesso siamo infedeli a Dio, egli non cedette mai al peccato.
Questa affermazione รจ motivo di grande consolazione. Ci mostra un Gesรน molto vicino, sensibile ai nostri problemi. Egli non ha fatto finta di essere uomo, lo รจ stato realmente; รจ passato attraverso tutte le difficoltร che noi dobbiamo affrontare e sa quanto รจ difficile e costi mantenersi fedeli a Dio, specialmente quando si รจ provati dal dolore.
Un poโ piรน avanti nella stessa lettera, lโautore, tornando sullโargomento, aggiunge: benchรฉ egli fosse figlio di Dio, imparรฒ da quello che soffrรฌ quanto sia duro per lโuomo obbedire e accettare la volontร di Dio (Eb 5,8).
Vangeloย (Mc 10,35-45)
35ย Si avvicinarono a Gesรน Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedรจo, dicendogli: โMaestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemoโ.ย 36ย Egli disse loro: โCosa volete che io faccia per voi?โ. Gli risposero:ย 37ย โConcedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistraโ.ย 38ย Gesรน disse loro: โVoi non sapete ciรฒ che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?โ. Gli risposero: โLo possiamoโ.ย 39ย E Gesรน disse: โIl calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete.ย 40ย Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; รจ per coloro per i quali รจ stato preparatoโ. 41ย Allโudire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni.ย 42ย Allora Gesรน, chiamatili a sรฉ, disse loro: โVoi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere.ย 43ย Fra voi perรฒ non รจ cosรฌ; ma chi vuol essere grande tra voi si farร vostro servitore,ย 44ย e chi vuol essere il primo tra voi sarร il servo di tutti.ย 45ย Il Figlio dellโuomo infatti non รจ venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per moltiโ.
Gesรน รจ in cammino verso Gerusalemme; precede i suoi discepoli con passo spedito ed essi lo seguono timorosi perchรฉ, per ben due volte, ha giร spiegato loro quale sia la meta del viaggio.
Nei versetti immediatamente precedenti al brano di oggi, il Maestro, per la terza volta, annuncia il suo destino: verrร insultato, condannato a morte, flagellato e ucciso (vv. 32-34).
Come reazione ci aspetteremmo, da parte dei discepoli, un tentativo di dissuaderlo a proseguire il viaggio, il suggerimento di fermarsi un momento in attesa di tempi migliori. Nulla di tutto questo.
Eppure รจ impossibile che, dopo avere udito parole tanto chiare sul destino di Gesรน, essi continuino a illudersi che egli salga a Gerusalemme per dare inizio al tempo messianico, inteso come regno di questo mondo.
Sanno benissimo che il loro maestro deve passare attraverso lโumiliazione e la morte, ma hanno anche giร cominciato a pensare a ciรฒ che accadrร dopo.
A questo punto la loro insensatezza raggiunge il culmine. I loro sogni di gloria non si arrestano nemmeno di fronte alla morte, riescono a superare anche questa prospettiva, data ormai per scontata. Questo rivela quanto siano radicate nellโuomo la smania del potere e lโaspirazione a occupare i posti dโonore.
Giacomo e Giovanni, i due figli di Zebedeo, si presentano a Gesรน e, di fronte a tutti, senza un minimo di discrezione, gli dicono: โNoi vogliamo che tu faccia ciรฒ che ti chiederemo!โ (v. 35). Non domandano โper favoreโ, ma esigono, come chi reclama un diritto.
Ricordano che, dopo il primo annuncio della passione (Mc 8,31), Gesรน ha parlato del giorno in cui โverrร nella gloria del Padre suo con gli angeli santiโ (Mc 8,38). Hanno rimosso tutto il resto del discorso del Maestro, ma questo termine gloria, impiegato da Gesรน una sola volta, non lโhanno piรน dimenticato e lo hanno collegato allโinsegnamento dei rabbini che, riferendosi al messia, assicurano che egli โsiederร sul trono della gloriaโ per giudicare e che al suo fianco si assideranno i giusti.
Giacomo e Giovanni pretendono esplicitamente di essere elevati fino al cielo, di poter comandare anche lร . ร la piรน sfacciata e la piรน cieca delle arroganze, mostra dove puรฒ condurre la volontร di emergere, insita nel cuore umano.
Quando Marco scrive questo brano, le cose sono radicalmente cambiate: Giacomo ha giร dato la vita per Cristo, รจ morto martire a Gerusalemme (At 12,2) e Giovanni sta dedicandosi generosamente alla causa del vangelo. Alla fine hanno dunque dato prova di aver capito lโinsegnamento del Maestro e la comunitร primitiva nutre per loro unโimmensa venerazione. Ecco la ragione per cui Luca evita di riferire lโepisodio e Matteo lo modifica, garantendo che รจ stata la loro madre a farsi avanti, e pone sulle labbra della donna parole piรน educate (Mt 20,20-24). La vicenda perรฒ si รจ svolta come lโha raccontata Marco.
I due fratelli non erano semplici discepoli, ma due figure eminenti della chiesa primitiva, eppure, di fronte alla proposta centrale del messaggio cristiano, per molto tempo hanno manifestato anchโessi unโincomprensione totale. Si sono adeguati, anche se con una certa difficoltร e dopo aver sollevato obiezioni, ad alcune delle esigenze morali del Maestro, quella del matrimonio indissolubile per esempio; hanno abbandonato tutto per seguirlo, ma quando egli ha parlato di rinuncia al dominio, al potereโฆ non sono proprio riusciti a capirlo.
Lโobiettivo di Marco รจ far riflettere i cristiani delle sue comunitร . Persino dopo una persecuzione violenta come quella di Nerone riemergeva fra loro la competizione per i primi posti.
I cristiani piรน esemplari, piรน impegnati, piรน disponibili al servizio dei fratelli, coloro che collaborano attivamente a tutte le iniziative comunitarie sono spesso i piรน tentati di imporsi agli altri e la loro ingenua volontร di primeggiare finisce sempre per creare dissapori. Non ci si deve stupire che si manifestino queste debolezze; anche i piรน eminenti fra gli apostoli ne sono stati vittime.
Quando fra i suoi discepoli riemergevano le pretese di onori, di privilegi, di primi posti, Gesรน non si mostrava tenero (Mc 8,33; 9,33-36) perchรฉ ogni ambizione, anche quella che puรฒ apparire innocente, mette in causa il punto centrale della sua proposta. Con Giacomo e Giovanni รจ stato duro e severo: โVoi non sapete quello che chiedeteโ. Poi, per aiutarli a comprendere, ha introdotto due immagini: quella del calice e quella del battesimo.
La prima si rifร a una pratica ben nota in Israele: il padre o colui che occupava il primo posto a mensa, come gesto di stima e di affetto, era solito offrire da bere dal suo stesso calice alla persona che prediligeva. Questa immagine รจ ripresa spesso nella Bibbia, qualche volta in senso positivo: โIl Signore รจ parte della mia ereditร e mio caliceโ (Sl 16,5), il piรน delle volte in senso negativo: โGerusalemme, hai bevuto dalla mano del Signore il calice della sua iraโ (Is 51,17).
Il calice indica il destino, buono o cattivo, di una persona. Gesรน sa che lo attende un calice di dolore, un calice dal quale vorrebbe essere risparmiato (Mc 14,36), ma che deve essere bevuto, per entrare nella gloria.
Lโimmagine del battesimo ha lo stesso significato: indica il passaggio attraverso le acque della morte. Le sofferenze e gli affanni ai quali รจ sottoposto il giusto sono spesso paragonati dalla Bibbia a unโimmersione in acque profonde o allo scroscio di acque impetuose (Sl 69,2-3; 42,8).
Sono pronti, Giacomo e Giovanni, a bere il calice del Maestro? Sono disposti a seguirlo sulla via del dono della vita? Se la sentono di immergersi con lui nelle acque della sofferenza e della morte?
Essi hanno capito e, pur di raggiungere il loro obiettivo, sono decisi anche a patire.
Gesรน rispetta la loro lentezza nel comprendere i disegni di Dio. Annuncia che, un giorno, anchโessi condivideranno il suo destino di sofferenza e di morte, berranno al suo stesso calice, daranno la vita.
Poi risponde alla loro richiesta: il posto nella gloria รจ un dono gratuito del Padre, non รจ qualcosa che puรฒ essere conquistato presentando dei meriti. Essi commettono lโerrore di immaginare il regno di Dio sul modello dei regni di questo mondo dove cโรจ la scalata ai primi posti. Non riescono a capire che, davanti a Dio, non si possono avanzare pretese basate sulle buone opere: da lui si riceve tutto in dono (v. 40).
La reazione indignata degli altri dieci mostra come anchโessi siano ben lontani dallโaver assimilato il pensiero del Maestro ed ecco lo scisma allโinterno del gruppo.
Nella comunitร dei discepoli si riproduce ciรฒ che era accaduto a Israele dopo la morte del re Salomone. La frenesia del potere di Roboamo aveva causato la divisione del regno: due tribรน si erano schierate contro dieci e dieci contro due (1 Re 12). La storia del loro popolo avrebbe dovuto insegnare qualcosa ai discepoli.
Gesรน prende di nuovo la parola per chiarire il tema delle gerarchie e dellโesercizio del potere allโinterno della sua comunitร (vv. 41-45). Lo fa dopo aver chiamato a sรฉ i discepoli, espressione che in Marco serve a concentrare lโattenzione su un messaggio particolarmente significativo.
โVoi sapete โ spiega Gesรน โ che coloro che sono ritenuti i capi delle nazioni le dominano e i loro grandi esercitano su di esse il potereโ (v. 42).
Dallโespressione โcoloro che sono ritenuti capiโ traspare la sottile ironia del Maestro nei confronti dei detentori del potere, ironia che diviene piรน esplicita nel passo parallelo di Luca dove Gesรน parla di coloro che โesercitano il completo dominioโ sugli altri e, per giuntaโฆ โpretendono di essere chiamati benefattoriโ (Lc 22,25).
Lโanalisi del modo come questi capi adempiono il loro compito serve a Gesรน per definire il modo in cui va svolto il ministero della presidenza allโinterno della comunitร cristiana.
I discepoli hanno sotto gli occhi vari modelli di autoritร . Conoscono i capi politici e quelli religiosi, i rabbini, gli scribi, i sacerdoti del tempio. Tutti esercitano il potere allo stesso modo: danno ordini, pretendono privilegi, esigono di essere riveriti come prescrive il cerimoniale; davanti a loro bisogna inginocchiarsi, baciare la mano, dosare attentamente i titoli scegliendo quelli convenienti e adeguati alla posizione e al prestigio di ognuno.
ร a queste autoritร che i discepoli si devono ispirare?
Non devono sussistere dubbi o perplessitร su questo punto. Ai suoi discepoli Gesรน dร un ordine chiaro e tassativo: โFra di voi non cosรฌ!โ (v. 43). Nessuno di questi tipi di autoritร puรฒ essere preso a esempio.
Il modello da imitare โ spiega โ รจ lo schiavo, colui che occupa il livello piรน basso nella societร , colui al quale tutti sono in diritto di dare ordini. Come il servo รจ sempre attento, giorno e notte, ai desideri del suo padrone, cosรฌ chi svolge il ministero della presidenza nella comunitร cristiana deve considerare tutti come suoi superiori, deve sentirsi lโultimo e il servo di tutti.
I discepoli dei rabbini seguivano il maestro e apprendevano i suoi insegnamenti, obbedivano a ogni suo ordine, andavano a piedi mentre egli cavalcava un asino, si mantenevano a debita distanza e si prestavano a compiere tutti i servizi, anche i piรน umili, come pulirgli la casa e lavargli i piedi. Erano disposti ad abbassarsi pur di divenire un giorno essi stessi dei rabbini e aver diritto agli stessi privilegi e alla stessa posizione sociale elevata del maestro.
Gesรน rifiuta questa logica, non vuole che qualcuno lo serva. Si colloca in mezzo ai suoi come colui che serve e ricorda a tutti che โil figlio dellโuomo non รจ venuto per essere servito, ma per servireโ (v. 45). Non esige che gli lavino i piedi, รจ egli stesso che si china per lavarli ai discepoli.
Per completare il quadro possiamo ricordare altri atteggiamenti che sono stati duramente condannati da Gesรน, atteggiamenti di fronte ai quali il cristiano deve provare unโistintiva repulsione: dare spettacolo, farsi notare (Mt 23,5), andare vestiti con divise, con abiti speciali, per distinguersi dagli altri (Mc 12,38); pretendere i posti dโonore nelle feste, i primi seggi nelle sinagoghe; esigere di essere chiamati โrabbiโ, โmaestroโ, โpadreโ (Mt 23,6-10).
Il severo messaggio del Maestro รจ rivolto a coloro che nella chiesa sono investiti di autoritร , ma non solo. Chiunque vuole seguire il Maestro deve considerarsi il โservoโ di tutti.