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don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del giorno – 23 Settembre 2024

Commento al brano del Vangelo di: Lc 8,16-18

Uomini illuminati dalla fede e cristiani luminosi di carità – Lunedì della XXV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) – San Pio da Pietrelcina

Dal libro dei Proverbi Pr 3,27-34

Il Signore ha in orrore il perverso.

Figlio mio:

non negare un bene a chi ne ha il diritto,

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se hai la possibilità di farlo.

Non dire al tuo prossimo:

«Va’, ripassa, te lo darò domani»,

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se tu possiedi ciò che ti chiede.

Non tramare il male contro il tuo prossimo,

mentre egli dimora fiducioso presso di te.

Non litigare senza motivo con nessuno,

se non ti ha fatto nulla di male.

Non invidiare l’uomo violento

e non irritarti per tutti i suoi successi,

perché il Signore ha in orrore il perverso,

mentre la sua amicizia è per i giusti.

La maledizione del Signore è sulla casa del malvagio,

mentre egli benedice la dimora dei giusti.

Dei beffardi egli si fa beffe

e agli umili concede la sua benevolenza.

Beato l’uomo custode delle relazioni fraterne

La tradizione sapienziale d’Israele si è dedicata molto alla formazione umana dei governanti a cui spetta il delicato compito del discernimento e della cura del bene comune. La ricerca del sapiente si orienta sempre meglio a cogliere la volontà di Dio per attuarla. Di quale volontà si parla?

Non certamente di un freddo destino spietato e freddo, ma di una volontà tutta desiderosa di vivere in pace con gli uomini sue creature. Il sapiente non è né un freddo calcolatore, né un distante osservatore giudicante. Invece, Dio si immerge nelle vicende umane mosso dalla compassione che lo spinge a rinunciare alle proprie prerogative per soccorrere i più deboli.

I comandamenti negativi non vanno intesi come una semplice limitazione della libertà personale ma uno strumento pedagogico per limitare la tendenza al peccato che rovina le relazioni fraterne. Il sapiente offre dei criteri di verifica per misurare la fede e la giustizia di chi si assume la responsabilità verso gli altri. Il prossimo non è più solo il compagno, l’amico, il commensale, cioè gli uomini con i quali si intrattengono delle relazioni, ma è più genericamente l’altro diverso da me, finanche il mio nemico.

Nelle relazioni il primato va dato alla persona prima ancora che alla sua condizione sociale e morale o al suo comportamento. Se ci identifichiamo con il prossimo più facilmente si comprenderà che tutti possono sbagliare ma si può crescere solamente se si trovano persone si fanno prossime per offrire un aiuto concreto e non giudizi e sentenze.

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 8,16-18

La lampada si pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.

In quel tempo, Gesù disse alla folla:

«Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.

Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce.

Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere».

Uomini illuminati dalla fede e cristiani luminosi di carità

La logica pone le azioni in maniera correlata tra loro affinché insieme concorrano a realizzare il fine per il quale sono fatte. Quando si agisce in maniera meccanica, cioè senza pensare, venendo a mancare la logica, le azioni possono essere contrastanti tra loro al punto da vanificare il loro effetto. Per questo Gesù dice che nessuno che riflette su quello che fa e agisce perché pensa può, per esempio, accendere la lampada e poi coprirla con un vaso o metterla sotto un letto.

Al contrario, all’accensione della lampada segue il gesto di metterla sul candelabro. Se si accende una lampada lo si fa perché chiunque entra in una stanza possa vedere la luce. Non avere un fine per cui vivere significa essere privi di quel pensiero che guida e mette in ordine le nostre azioni legandole ad un senso.

La parola di Dio ascoltata e accolta nel cuore non solo permette di scoprire la logica sottesa agli eventi della vita, soprattutto quelli più dolorosi e oscuri, ma permette anche di dare un senso ai gesti che si compiono e alle parole che si pronunciano. La sofferenza e la morte di Gesù sono ordinati alla sua risurrezione.

Nella Pasqua di Cristo il «segreto di Dio», ovvero il suo pensiero, il suo progetto, il Mistero del suo amore, viene manifestato perché tutti possano vedere e conoscere il volto del Padre, sperimentare il calore della sua misericordia e gioire per la luminosità della sua gloria. Ascoltare la Parola di Dio non significa solo ammirare la luce ma anche imitare Colui che ha detto di sé di essere la «luce del mondo».

Gesù ci chiede di monitorare la nostra capacità di ascoltare perché riusciamo ad assimilare la medesima logica di Dio per non cadere negli automatismi tipici di chi rinuncia a pensare o semplicisticamente fa suo il pensiero di altri, quello che lo gratifica di più. La fede è ricerca, approfondimento, riflessione, ricordo. Tutto questo ci fa crescere in libertà perché ci rende più consapevoli.

L’ascolto della Parola di Dio accende in noi il desiderio di conoscere Dio e di diventare partecipi della sua luminosa carità.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna

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