Pensieroso diario di un prete e di un mondo in difficoltร
In questo diario di un sacerdote troviamo il passato e lโoggi. Ieri il lockdown, in cui lโocchio del prete sensibile e aperto guarda il mutarsi della realtร , si misura con le prescrizioni e le restrizioni perchรฉ il morbo non si diffonda e anche con le reazioni del suo popolo, della sua gente. ร una narrazione intensa, non banale, fatta di cose alte e di cose umili, che spazia dal senso della vita e della morte ai bollini da mettere sui banchi della chiesa per segnalare dove ci si puรฒ sedere.
Ma ecco lโoggi: una volta chiusa la lunga stagione della pandemia, nel cuore del prete a poco a poco si crea una voragine che lo inghiotte: รจ la depressione. E qui il diario, in parallelo a quella chiusura che riguardava tutti, narra la chiusura del proprio cuore e la lenta risalita verso la luce di una normalitร ritrovata. Un filo rosso lega quello ieri a questo oggi: lโimportanza delle relazioni, i veri legami che permettono di non perdersi per sempre; la comunitร , la famiglia religiosa, la famiglia umana diventano la fonte che permette di ritrovare sรฉ stessi.
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Dalla Presentazione
Lasciati portare dalla mano di Dio
Mi capita di riprendere in mano questi testi, scritti quattro anni fa, al tempo del coronavirus, quando si impose e ci imposero la chiusura di tutto, dai negozi alle chiese.
Capita di farlo in un momento di vita che mi rappresenta una chiusura peggiore di quella imposta dal virus.
Lโespressione era stata: ยซclinicamente depressoยป; diagnosi ascoltata dalla donna psichiatra alle due di notte, dopo piรน o meno dieci ore di pronto soccorso.
Mi hanno trovato di tutto, dal cuore fibrillante e ballerino al colon occluso, dal calo ponderale alla disidratazione, dalla depressione psichica alla super-stanchezza fisica.
Imponendomi, autoritativamente, di allontanarmi dal posto di lavoro (la mia attivitร di parroco).
Rischio di vita, senza tanti mezzi termini.
Durante il periodo del Covid la chiesa rimase chiusa, per molti, per tutti.
In questo tempo di malattia, anche la mia personale ยซchiesa interioreยป รจ rimasta drasticamente chiusa.
Per cinque mesi e piรน, non ho celebrato messa, non ho predicato, non ho amministrato alcun sacramento e non mi sono neppure confessato.
A messa ci sono andato poche volte, mai durante la settimana, ma solo di domenica o alla vespertina del sabato.
Appena entrato in chiesa, mi sedevo allโultimo banco; ma dopo due minuti dicevo a chi mi accompagnava (di solito mio fratello o mia sorella): ยซAndiamo via, non la reggo, non ce la faccio…ยป.
Sentivo una forte ripulsa verso la Chiesa e verso lโEucaristia. Fortunatamente, non mi hanno mai dato retta.
La mia esperienza di ยซfedele da ultimo bancoยป mi ha portato a constatare cose che, in realtร , giร sapevo, ma che, in quel momento, stavo vivendo di persona: quanto povera, approssimativa, arruffata e sgrammaticata possa essere la predicazione di tanti preti, che spaziavano da Topolino a Batman, dal Tempio di Gerusalemme al Cremlino (per riportare le cose piรน decenti ascoltate…).
Ce ne vuole davvero tanto di coraggio, alla messa domenicale, per non dire una sola parola sul vangelo e sulle due prime letture!
E a me veniva in mente ciรฒ che diceva lโallora cardinale Joseph Ratzinger, quando additava i ยซdisastrosi esitiยป della catechesi odierna.
Quello parlava, parlava, lassรน sullโaltare o passeggiando tra i banchi, e la gente โ specie da mezza chiesa in su โ si faceva i fatti suoi, parlottava sottovoce, leggeva altro, badava ai bambini, giocherellava con il cellulare e, magari, si assopiva pure.
Il buffo (il dramma) รจ che lโimperterrito oratore sembrava
non accorgersi di niente.
Una domenica decisi, volutamente, di non andare a messa.
Mi dissi: ยซChe vado a fare, ad assolvere un dovere, per assistere a un teatrino neppure tanto attraente oppure vado perchรฉ davvero lโEucaristia mi prende la vita?ยป.
Mi diedi risposta da solo. Non andai.
Non ce lโavrei fatta a tenere. Quando quello parlava e la tirava per le lunghe, senza dire praticamente niente di sensato, io dentro di me sospiravo: ยซFiniscila, smettila dai, dagli un taglio, non andare oltre, fermati…ยป.
Litanie ripetute come un mantra a ogni predica.
La mia oscuritร durava giorno dopo giorno, sempre uguale, seduto su una poltrona come un ebete, in silenzio e senza fare niente.
Piรน volte sono svenuto, perdendo i sensi e crollando a terra come corpo morto, senza alcuna ragione plausibile. Cento e mille volte ho causato tremore e spavento (e pianti) ai miei cari o a quelli che mi stavano vicino al momento.
La ragione di tutto questo la trovai solo dopo, dalle spiegazioni dei medici.
Poi, pian piano, impercettibilmente, la notte maturรฒ, grazie alla mia famiglia e grazie ai medici che mi diedero terapie adeguate.
Lโalba sorgeva, lenta dolorosa e incredibile agli occhi ormai abituati al non senso.
Quando la luce si stabilizzรฒ, e io mi riprendevo ogni giorno qualcosa degli spazi che la malattia mi aveva rubato, ho fortemente voluto tornare alla mia parrocchia, anche se solo per due giorni.
Volevo rivedere la gente che amo e che mi ama e ritrovare lโodore di casa.
Non avvisai nessuno del mio arrivo, se non il confratello sacerdote che mi sostituiva.
Gli chiesi di farmi celebrare la messa delle ore diciotto. Andai in sacristia, vestii i paramenti sacri ed entrai in chiesa, sotto gli sguardi attoniti e meravigliati di quelli che erano presenti.
Salito lโaltare e baciata la sacra mensa, alzai la testa, li guardai e dissi: ยซDove eravamo rimasti?ยป.
Vidi sorrisi che si aprivano e anche qualche timido incredulo tentativo di applauso.
Quello fu lโatto della mia liberazione e della… riapertura.
Unโultima nota: malgrado tutta la confusione, il dolore e la visione obnubilata, non ho fatto passare un giorno senza che il mio pensiero si rivolgesse al Fondatore della mia Congregazione, padre Luigi Maria Monti, oggi beato!
Gli chiedevo di aiutarmi.
Forse รจ stato questo il filo che non ha spezzato del tutto la connessione.
Pian piano, senza che neppure me ne accorgessi, il pensiero รจ diventato preghiera e si รจ, finalmente, stabilizzato: ยซSignore Gesรน, aiutami ad essere quello che tu vuoiยป.
Avendo passato il mio personale, dolorosissimo e disperato
ยซtempo da coronavirusยป, voglio dedicare queste poche riflessioni a chi si dovesse, malauguratamente, trovare nella stessa situazione. A chi รจ oppresso dalla depressione e dalla disperazione, dalla malattia, dalla disgrazia, dalla perdita di persone care, dal venir meno della speranza…
Abbi pazienza. Abbi pazienza.
Stai fermo e non pretendere di essere e fare quello che facevi ed eri prima.
Lasciati andare. Abbi pazienza e fiducia.
Vivi come chi non ha niente da fare, se non mangiare e riposare.
Piano piano la tua alba sorgerร .
So bene che ti sto dicendo queste cose dopo che io ho passato il giro di boa.
Per te che stai in mare aperto, queste sono solo parole, inutili e perfino false, perchรฉ incredibili ai tuoi occhi, che vedono solo buio.
Lo so. ร stato cosรฌ anche per me.
Abbi pazienza, perรฒ. Se ci riesci, fidati.
E quando puoi e vuoi, prendi la mano che Dio ti tende. Lasciati portare da Lui.