Iª lettura Es 16,2-4.12-15 dal Salmo 77 IIª lettura Ef 4,17.20-24 Vangelo Gv 6,24-35
La prima lettura e il vangelo oggi parlano di pane. Gli israeliti si lamentano contro Mosè e Aronne perché lungo il cammino nel deserto non hanno nulla da mangiare. Rimpiangono il tempo in cui erano in Egitto, dove non mancava loro nè pane nè carne: dimenticano che allora mancava loro la libertà, soprattutto la libertà di servire il Signore e quindi la possibilità di obbedire ai suoi comandamenti. La loro mormorazione suona quindi come disprezzo di Dio e sfiducia in lui, lascia capire che preferiscono il benessere materiale al benessere spirituale, gli idoli al Dio vero.
Dio non ha intenzione di lasciar mancare nè il pane nè la carne al suo popolo: basterebbe che avessero fiducia in lui e lo pregassero con umiltà. Chi pensa solo al pane materiale rischia davvero invece di rimanere senza il cibo spirituale, e quindi senza la gioia interiore.
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È la situazione di vera povertà in cui ci troviamo noi oggi. Non ci manca il pane, non ci manca la carne e non ci mancano nemmeno tante cose superflue, ma ci manca la libertà interiore e la capacità di ascoltare e amare il nostro Dio e Padre. Queste mancanze diventano assenza di gioia, e soprattutto mancanza di fraternità. Per la solitudine che ne deriva non possiamo davvero lamentarci con Dio.
Se lo ascoltassimo… ci sarebbe la gioia nel nostro popolo, la gioia di chi sa di avere molti fratelli e di non essere solo.
Il vangelo racconta il commento di Gesù al segno che egli stesso aveva dato al popolo che lo cercava. Anzitutto ha una parola di meraviglia, perché quelli che lo cercano pensano solo al pane da mangiare e da lui cercano ancora soltanto questo. Dovrebbero invece preoccuparsi del “cibo che rimane per la vita eterna”: è quello che egli vorrebbe donare. Egli glielo vorrebbe donare perché è l’unico “pane” che nutre in pienezza l’uomo, che lo fa sentire realizzato in tutte le dimensioni della vita. Questo pane poi soltanto lui lo può donare all’uomo, perché è la sua vita: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”.
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Noi, che abbiamo esperienza di vita con Gesù, sappiamo quanto lui è un pane prezioso e vero. Senza di lui che sarebbe la nostra giornata? Senza di lui a cosa si ridurrebbero le nostre relazioni? Senza di lui che sarebbe la nostra società, se non un luogo di superficialità, di inimicizia, di disordine, di diffidenza?
L’apostolo San Paolo scongiura i cristiani a cambiare vita: oggi diremmo, li scongiura a cambiare il loro pane, a cambiare nutrimento. Sono abituati a vivere da pagani, ma questo non si confà con l’essere cristiani. Chi conosce Gesù e lo ascolta vive in un modo diverso da tutti gli altri, che seguono le passioni naturali. Sentiamo dire spesso: “fanno tutti così”, e con questa frase giustifichiamo molti comportamenti superficiali; ebbene, se tutti fanno così noi credenti in Gesù non dobbiamo “fare come fanno tutti”: dovremmo caso mai fare come fanno tutti i santi!
Noi ci distinguiamo da tutti, perché mangiamo un altro pane, perché nutriamo il nostro uomo interiore, che è nuovo, con un pane diverso. Noi cerchiamo di essere somiglianti a Dio, perché sappiamo di essere suoi figli. Tale somiglianza è pienamente realizzata da Gesù, e perciò noi guardiamo a lui e lo lasciamo entrare in noi attraverso la porta dell’amore. Egli ci aiuterà, o tramite i fratelli o tramite qualche ispirazione interiore dello Spirito Santo, a vivere dalla mattina alla sera in modo “nuovo”, quindi diverso, rispetto a chi è senza Gesù.
Lo si vedrà da come passiamo il tempo, da come incontriamo la gente, col sorriso, con simpatia, da come ci vestiamo, da come affrontiamo le paure e le ansietà causate dai fatti di cronaca nera d’ogni giorno. La gioia di essere nutriti da Gesù diventa sicurezza interiore e disponibilità ad amare ogni persona che incontriamo.
Grazie, Signore Gesù, pane vivo e vero!