Iª lettura Ez 2,2-5 dal Salmo 122 IIª lettura 2Cor 12,7-10 Vangelo Mc 6,1-6
Nel brano di oggi l’apostolo San Paolo ci offre una notizia autobiografica. Egli ha una grande sofferenza che lo tormenta di continuo, “nella mia carne una spina”: non accontenta però la nostra curiosità dicendoci di cosa si tratti. A noi serve imparare come egli vive una situazione di continua sofferenza. Anzitutto egli interpreta il suo dolore come “un inviato di Satana per percuotermi”. Egli sa che le sofferenze non vengono dal Dio dell’amore, ma dal nemico, che fa di tutto per impedire l’annuncio del Vangelo.
San Paolo reagisce anzitutto con la preghiera: “Per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me”. Il Signore non lo esaudisce, come egli desidererebbe, gli lascia la sofferenza, perché egli può servirlo anche soffrendo, anzi, ancora meglio: “La forza si manifesta pienamente nella debolezza”. Il discepolo che soffre ed è persino impedito di annunciare il vangelo, e nonostante ciò spera e sorride, dona al mondo una testimonianza viva di quanto sia grande e bella la forza di Dio, di quanto sia attraente e ricca di frutti una vita vissuta in comunione con il Signore Gesù.
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Compreso questo, l’apostolo non chiede più al Signore di essere liberato, ma si vanta delle sue debolezze, siano esse malattie o persecuzioni, difficoltà o angosce. L’esempio di San Paolo è prezioso per noi in molti momenti nei quali siamo tentati di scoraggiarci perché non riusciamo a fare quanto vorremmo per il Signore.
Gesù stesso ha sperimentato una «debolezza» nel suo annuncio del regno di Dio. La sua debolezza era il fatto di essere conosciuto fin dall’infanzia, di essere conosciuto come il falegname del paese, come il parente dell’uno o dell’altro dei conoscenti.
Chi lo conosceva in quel modo, era impedito dall’accogliere dalla sua bocca la Parola di Dio.
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Chi lo conosceva come il parente o l’amico d’infanzia o l’artigiano non riusciva a cogliere in lui la novità della vita divina. Tale conoscenza era ostacolo, “scandalo” alla fede dei suoi conoscenti.
Per Gesù questa era una debolezza che gli impediva persino di compiere prodigi nella sua Nazaret! Ma questa stessa debolezza diveniva profezia, faceva parte del disegno di Dio: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. Così si realizzava infatti anche la profezia di Ezechiele.
La Parola di Dio viene rivolta a tutti, anche a quelli che non la vogliono ascoltare. Non è la Parola che sbaglia, ma gli ascoltatori, che guardano l’apparenza dello strumento adoperato da Dio, piuttosto che essere disponibili a Dio stesso, che può e vuole servirsi di chiunque per comunicarci i suoi voleri e la sua sapienza. Si è servito persino di Giona, che si è dimostrato prima disobbediente e poi del tutto privo di misericordia. Si può servire anche di ciascuno di noi, sia che ne siamo consapevoli e lo vogliamo, sia inconsapevolmente, per trasmettere a qualcuno la sua sapienza e la bellezza del suo amore.
Facciamo nostra perciò la preghiera del salmista: “A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli. Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni… così i nostri occhi al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi”.
Vogliamo cercare sempre la volontà di Dio: la sua sapienza infatti supera la nostra, e l’amore con cui egli ci ama è molto più profondo di quello che noi possiamo avere per noi stessi!