Gesù dal tocco umano
Qualche giorno fa tornando da un viaggio in treno, appena sceso, mi sono accorto di aver dimenticato le chiavi dell’automobile sul tavolino del posto dov’ero seduto. Non ho fatto in tempo a risalire, ma dall’interno della carrozza la signora che era seduta davanti a me, mi ha fatto capire che le ha viste, ma dai finestrini sigillati non poteva restituirmele.
Il treno già in movimento è ripartito verso la sua destinazione e io sono rimasto in stazione senza la possibilità di muovermi. Che fare? Provo a chiamare Trenitalia, ma era impossibile raggiungere una voce umana che potesse dirmi che cosa fare. Era un continuo rimpallo tra “digitare qui” o “digitare la” e “attendere in linea per non perdere la priorità acquisita”.
Era impossibile arrivare ad un “operatore umano”, come ora vengono chiamati, ma solo “operatori virtuali” dall’ottima pronuncia ma dalla totale inutilità perché non mi ascoltavano veramente.
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Alla fine, quando il treno ad alta velocità era ormai a centinaia di chilometri, sono riuscito a mandare un “operatore umano”, mia sorella, in una stazione più grande lungo il percorso, e in qualche modo, attraverso la gentilezza del personale umano della polizia ferroviaria, ho riavuto le mie chiavi. E senza “digitare qui o la” e senza “attendere per non perdere la priorità…”.
La mia speranza era anche riposta in quella misteriosa signora che aveva le mie chiavi e che era rimasta toccata dall’aver visto il mio volto smarrito attraverso il vetro chiuso del finestrino del treno in movimento.
Quello che è narrato nel Vangelo è infinitamente più grave delle mie chiavi, ma anche i due personaggi che avvicinano Gesù con i loro problemi, cercano un contatto umano.
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Giairo avvicina Gesù perché ha la figlia moribonda, e la donna senza nome cerca Gesù perché una malattia l’ha resa povera e maledetta dalla società.
È proprio la storia di questa donna che mi colpisce. Gesù sembra davvero irraggiungibile, e un muro di folla è tra lei e lui, tra la sua sofferenza infinita e la possibilità di guarire. Ha bisogno solamente di un tocco, e quando questo avviene inizia una guarigione che non è solo fisica, ma anche spirituale e umana.
L’evangelista ci racconta quella che sembra davvero una scena comica, quando Gesù si domanda chi lo ha toccato, mentre tutti lo stanno toccando. Ma Gesù si è sentito toccare non in modo superficiale, o in altri termini più attuali, in modo virtuale. Gesù vuole che quel tocco di guarigione si trasformi in relazione umana vera, che davvero è fonte di guarigione.
In questo muro di folla, di contatti veloci e superficiali, Gesù cerca il contatto umano che dura nel tempo, che apre alla verità e che salva definitivamente. “La tua fede ti ha salvata” dice il Maestro alla donna che non è più nascosta dalla folla, non è più una povera maledetta dalla sua malattia, ma è al centro dell’attenzione e anche esempio di fede.
La nostra società e anche le nostre relazioni sociali, comprese quelle dentro la Chiesa, rischiano di diventare sempre più superficiali e virtuali, fatte di veloci scambi di servizi e di azioni singole utili, ma non vere relazioni umane.
Il Vangelo ci insegna a metterci in sincero ascolto dei problemi reciproci non tanto per ascoltare e risolvere lo specifico problema, come avviene con gli operatori virtuali e con le macchinette che distribuiscono prodotti o biglietti del treno, ma per entrare in relazione e salvare la persona dalla solitudine. E l’essere umano quando è solo nei suoi problemi, piccoli o grandi, è perduto. Non tutti i singoli problemi si riescono a risolvere, ma almeno uno non è solo e in qualche altro modo si può aiutare e star vicino.
La donna del Vangelo guarita da quel suo male specifico del sangue, forse si è ammalata di nuovo di qualcos’altro e comunque ha finito la sua vita, ma il Vangelo ci ha detto che è stata salvata! Era salva perché ha incontrato personalmente Gesù, andando oltre il semplice tocco del mantello.
Anche noi abbiamo questo compito in un mondo sempre più automatizzato ed efficiente. Abbiamo la fortuna con il progresso tecnologico di poter velocizzare molti servizi materiali, allora dedichiamo più tempo a quello che rimane sempre una cosa che solo “l’operatore umano” può fare: ascoltarci davvero, farci toccare nel cuore e costruire relazioni vere.
Le mie chiavi le ho recuperate, ma se non fosse successo non sarebbe stata la fine del mondo. Ma quel che mi ha rasserenato è sapere che qualcuno di umano per me c’era e non ero solo.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)