Toccare, voce del verbo amare.
Forse i discepoli non l’avevano ancora mandata giù quella domanda così forte e bruciante del loro Maestro: “Non avete ancora fede?”.
Marco intreccia due incontri ed entrambe le protagoniste sono donne.
Era tipico nella letteratura ebraica presentare la donna come figura del popolo.
Questi personaggi femminili sono anonimi.
Li accomuna il termine figlia e soprattutto il numero 12, il numero della pienezza. Da 12 anni la povera donna soffre di perdite di sangue e la ragazza morente ha anch’essa 12 anni.
Il tema attorno al quale ruota questo duplice incontro è la fede perché da sempre l’uomo si pone questa domanda: se Dio è buono perché la sofferenza? Perché la malattia? Perché la morte?
Gesù non spiegherà le ragioni del dolore ma annuncerà la bella notizia di un Dio che condivide il dolore perché a noi non fa paura la morte o la sofferenza: fa paura la solitudine, fa paura morire o soffrire da soli.
Le due azioni di Gesù sono unite tra loro dal toccare: Gesù è toccato da una donna emorroissa e tocca il cadavere di una bambina.
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Giairo è uno dei responsabili della sinagoga di Cafarnao, uno di chiesa, un uomo di fede eppure davanti alla sofferenza della figlia la sua devozione entra in crisi. Tutte le sue preghiere non erano servite a rendere salda la sua fede. Non gli rimane che gettarsi ai piedi di questo Maestro.
Gesù si incammina ma ecco l’imprevisto che fa rallentare il corteo: una donna impura tocca il mantello di Gesù.
Immagino lo sguardo imbarazzato dei presenti. A toccarLo è stata un obbrobrio di donna.
E Lui si lascia toccare da Lei. Come un giorno si lascerà toccare da mille altre donne considerate lontane da Dio. Certamente le avevano detto: “ma sei pazza ad andare da Lui? Toccarlo all’insaputa? Per noi donne è così”.
Non aveva il coraggio di chiedere il miracolo, e le era proibito toccare perché avrebbe trasmesso la sua impurità.
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Amici, che cos’è l’impurità? Quando una persona è impura, cioè indegna di stare con gli altri e con Dio? Da sempre questi interrogativi emergono nei nostri cuori nelle differenti situazioni della nostra vita. E le risposte che noi uomini abbiamo dato, e magari ancora diamo, non sempre riflettono i sentimenti di Dio.
Il sangue, da sempre è stato motivo di impurità. Il sangue che esce da una donna nel mestruo o alla nascita di un figlio la rendeva impura. Chi toccherà una donna impura sarà reso impuro diceva il Levitico.
Ma Gesù è venuto proprio per far cadere queste barriere. Ecco perché Gesù non solo curava e guariva i malati, gli impuri, come i lebbrosi o come le donne colpite da emorragia, ma li toccava e da essi si faceva toccare. Non temeva di contrarre l’impurità; al contrario, mostrava che Dio santifica anziché rendere impuri.
Per questo Gesù lasciava che i malati lo toccassero, avessero contatto con il suo corpo.
Gesù se ne accorge. Interessante: molti si avvicinano, una sola lo ha toccato.
“La folla spinge, lei tocca” (Agostino).
Cristo è di passaggio, è un attimo trovarlo ma anche un attimo perderlo.
E guarisce, anzi pure salvata: “Va’ la tua fede ti ha salvata” .
Il tempo è passato, La figlia di Giairo è morta, inutile andare ma Gesù chiede a Giairo di fidarsi.
È il primo scontro di Gesù con la morte.
La incontrerà di nuovo in un giovane, il figlio della vedova di Naim, poi con Lazzaro, fino alla vittoria piena che realizzerà con la sua risurrezione.
“Laudato si’, mio Signore, per sorella nostra morte corporale“, cantava già Francesco.
E non aveva affatto torto. Ma ve la immaginate un’esistenza immortale qui sulla terra?
È già così faticoso, spesso, vivere fino alla morte…cosa sarebbe vivere anche oltre?
Ogni cosa deve avere un suo inizio e una sua fine, altrimenti impazziremmo.
Gesù gli cammina vicino. Sente che Giairo ha bisogno di un cuore dove possa appoggiarvi il suo dolore: «Non temere, soltanto continua ad aver fede».
Porta con sé solo Pietro, Giacomo e Giovanni perché devono essere due o tre i testimoni, secondo la scrittura ma forse perché sono i tre che maggiormente avevano bisogno di camminare nella fede.
Gesù annuncia la buona notizia che la bambina dorme, non è morta.
Dorme, come tutti i nostri amici e familiari che ci hanno preceduto e che sono in attesa del risveglio nei cimiteri, etimologicamente “luoghi dove si dorme”.
Immagino lo sguardo attonito di Giairo e dei presenti: “Che vuol, dire dorme? Ci sta prendendo in giro?”.
Gesù è deriso, proprio come capita a noi quando ci chiedono: “tu credi nella vita dopo la morte? Sei un illuso, non c’è niente dopo la morte”. Ma il Dio di Gesù Cristo è il Dio dei vivi, non dei morti.
Gesù prende con sé il padre e la madre, ricompone la famiglia e prende per mano la bambina. Le due azioni di Gesù riportate da Marco oggi sono unite tra loro proprio dal toccare. Due azioni vietate dalla Legge, eppure qui messe in rilievo come azioni di liberazione e di carità. Questo toccare non è un’azione magica, bensì umana, umanissima.
Non era lecito per la legge toccare un morto, ma Gesù è libero. Sa che bisogna toccare la disperazione delle persone per poterle rialzare. La prende per mano.
“Chi è Gesù? Una mano che ti prende per mano. La sua mano nella mia mano” (Ermes Ronchi). Bellissima immagine: la sua mano nella mia mano, concretamente, dolcemente, si intreccia con la mia vita, il suo respiro nel mio, le sue forze con le mie forze.
Prima la tocca, poi le parla con un vezzeggiativo, “ragazzina”, e un ordine: kum! “Bambina alzati”. Usa l’aramaico, la lingua che profumava di casa. “Bambina alzati” a ricordarci che Dio aiuta, sostiene, ma noi e solo noi possiamo risollevarci.
Amici, sia Giario che l’emorroissa, sono messi davanti alla propria impotenza e debolezza. Davanti al dolore e alla morte sono invitati a fare il passo decisivo dell’abbandono, della fede.
Questa pagina del Vangelo ci deve scavare dentro, ci deve mettere a stretto contatto con le nostre paure e i nostri desideri.
La bella notizia di questa domenica? A ciascuno di noi, qualunque sia il frammento di dolore che portiamo dentro, il Signore ripete: La tua vita non è morta ma dorme.Talità kum, alzati!
E’ appena uscito il mio nuovo libro: “Dio è felicità” (Ed. Paoline)
Fonte: il blog di Paolo de Martino | CANALE YOUTUBE | PAGINA FACEBOOK