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Paolo Curtaz – Commento al Vangelo di domenica 23 Giugno 2024

Domenica 23 Giugno 2024
Commento al brano del Vangelo di: Mc 4, 35-41

Non ti importa?

Passiamo all’altra riva.

È tempo di uscire dall’angolo in cui si siamo trovati, uscire dal nostro piccolo universo, tentando di lasciare fuori dalla nostra porta il mondo brutto e cattivo. Tempo di vivere questo tempo con la gioia di chi porta Cristo nel cuore. Tempo di non rimpiangere le cipolle d’Egitto di quando le chiese erano piene (ma di che cosa le avevamo riempite?) e la Chiesa pesava sulla società. Perché Dio da nuove tutte le cose e perché non viviamo più per noi stessi ma per Cristo.

Passiamo all’altra riva.

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Smettiamola di farci portare dalle onde, di fotocopiare la vita che abbiamo vissuta fino a poco tempo fa. Smettiamola di attendere un cambiamento, mettiamolo in atto, provochiamolo il cambiamento. A partire da noi stessi.

Se il seme sparso dal Seminatore porta frutto, cresce senza che nemmeno noi sappiamo come, se diventa un arbusto, come l’albero della senape, è perché abbiamo finalmente deciso di fidarci di quell’amore di Cristo che, come scrive san Paolo, ci possiede.

Gli apparteniamo, lo amiamo, lo cerchiamo.

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Le cose di prima sono passate, ne sono nate di nuove. Ne possono nascere di nuove, se lo desideriamo.

Ma il cambiamento, necessariamente, provoca una tempesta.

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Mc 4, 35-41 | Paolo Curtaz 18 kb 24 downloads

Dodicesima domenica durante l’anno Gb 38,1.8-11 / 2 Cor 5,14-17 / Mc 4,35-41 …
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Marco inizia il suo brano con una serie di forti spinte al cambiamento: è la sera, inizia una nuovo giorno, occorre lasciare la folla, cioè il pensiero comune, ciò che pensa la gente, il giudizio (spesso impietoso) degli altri e passare all’altra riva.

Un cambiamento radicale sta per coinvolgere i discepoli. E noi.

Perché ciò avvenga dobbiamo avere il coraggio di prendere Gesù sulla barca della nostra vita così com’è. Destabilizzante, sempre.

Prenderlo così com’è. 

Non come vorremmo, non come la gente si aspetta, non dopo avere fatto un sondaggio. Cristo non va addolcito o manipolato, non va adattato o aggiornato. È lo stesso, ieri oggi e sempre.

Provocatorio e scomodo, inquietante ed esigente, autorevole e determinato.

Nella vita, quella mondana e quella spirituale, tendiamo a conservare le nostre piccole certezze, a custodire gelosamente le prese di beneficio: la carriera, gli amici, i denari…

Il cambiamento ci spaventa, sempre, quando abbiamo raggiunto una qualche meta pensiamo che sia sufficiente, che non ci sia molto altro da imparare ma, al limite, da difendere le posizioni così duramente conquistate.

Con il mio coniuge ci siamo assestati, perché cambiare modalità di relazione?

Nel lavoro ho raggiunto i miei obiettivi, perché migliorare?

Nella vita interiore ho già capito alcune cose, cos’altro dovrebbe accadere?

Nella vita parrocchiale dobbiamo tornare a com’era un tempo, prima della pandemia.

Se abbiamo il coraggio di cambiare, di osare, allora, statene certi, si scatena la tempesta.

Marinai d’acqua dolce

Gli ebrei non sono i come fenici: temono il mare.

Pescano solo vicino alla riva o, come in questo caso, in un lago.

Il mare è il luogo del mistero, dei mostri (il Leviathan!), meglio lasciarlo perdere.

Rappresenta le paure che tutti abbiamo nel cuore.

Già siamo stati coraggiosi nell’affrontare le nostre paure ma, quasi sempre, quando affrontiamo un nuovo percorso, state certi che si scatena la tempesta.

Le onde riempiono la barca, abbiamo la certezza di affondare.

Gesù è presente, certo, siamo dei credenti, ma tutto sembra crollare. Se Dio c’è dorme o si disinteressa di me.

Non fissiamo lo sguardo su di lui, ma sulla tempesta.

Non guardiamo a Cristo, ma alle nostra paure.

Il cambiamento provoca sempre uno scossone e vorremmo tornarcene indietro, pentiti dalla nostra improvvida decisione.

Allora ricorriamo al ricatto, anche con Dio: se siamo in mezzo alla tempesta è perché non ti importa nulla di noi.

Che è il dubbio più atroce e destabilizzante: non contare niente per nessuno, nemmeno per Dio.

Urla

Non è così, invece, è l’esatto contrario.

Se siamo in mezzo alla tempesta è perché a Dio stiamo molto a cuore.

E non vuole che restiamo fermi allo stesso punto, non vuole che ci accontentiamo della nostra vita spirituale piccina e sterile. Vuole che diventiamo grandi come egli ci ha pensati.

Se dorme, è perché si fida di noi, sa che possiamo condurre una barca anche in mezzo ai marosi. La barca della mia vita, la barca della Chiesa. 

Di cosa avete paura?, chiede il Signore. Cosa ancora ci spaventa? Chiamiamo per nome la nostra paura. Affrontiamola, accogliamola, superiamola.

Si alza il Signore, sgrida il vento, lo minaccia.

Letteralmente lo rimprovera

Lo stesso verbo è usato, nel vangelo di Marco, per la cacciata dei demoni (1,25; 3,12; 9,25). 

La paura, a volte, è pericolosa come i demoni e va cacciata. I pensieri negativi ci travolgono e ci impediscono di gioire. Il vento soffia forte? Gesù è il forte che grida.

Intima al vento di tacere, letteralmente lo imbavaglia.

Per superare la paura anche noi dobbiamo imparare a mettere un bavaglio ai nostri pensieri, a non lasciar crescere in noi i pensieri negativi, le ombre.

Diamo troppo retta alle nostra paure, ai nostri fantasmi e, così facendo, li rendiamo reali, diamo loro potenza.

Gesù ci insegna a dominarli.

A dire ai nostri pensieri tumultuosi: calmati, taci!

E a guardare a lui, il Signore.

Bonaccia

Tutto si calma.

È una bonaccia dell’anima, più che della meteo. È uno stato di pace interiore raggiunto grazie alla consapevolezza della presenza di Cristo nella nostra vita.

Non temiamo il cambiamento, non abbiamo paure di essere in cammino interiore, sempre.

Perché ci siamo scoperti amati e abbiamo scelto di amare.

Se anche le onde si alzano e il vento sembra far sballottare la barca, abbiamo con noi il Signore della tempesta che alza forte la sua voce.

La sua, ascoltiamo, non quella delle nostre mille paure.

È tempo.

***

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