Commento al Vangelo del 17 marzo 2013 – Paolo Curtaz

Quinta domenica di quaresima, anno di Luca

Is 43,16-21/ Fil 3,8-14/ Gv 8,1-11

Giudizi 

Dio non ti punisce, non hai fatto nulla di male perché il Signore ti mandi un lutto o una malattia. Spesso l’origine del dolore siamo noi, la nostra fragilità, le nostre scelte sbagliate.

Dio non è un concorrente alla tua felicità, non ce l’ha con te, non devi allontanati da lui per realizzarti. Dio non è un padre/padrone da tenere buono con mille devozioni e mille preghiere.

Dio è un padre che ti aspetta, che ti rispetta, che ti lascia fare i percorsi e le esperienze della vita sperando di non perderti. Dio è un padre buono che dà del pane al figlio che gliene chiede, che fa piovere sui giusti e sui malvagi.

Ci basta per convertirci? Non ancora? Ascoltiamo la storia dell’adultera, allora.

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Tradimenti

A Gesù viene intessuta una trappola straordinaria, ammettiamolo.

Una donna (Non ha nome, gli accusatori non la conoscono, è solo una poco di buono) viene colta in flagrante adulterio (E il fedifrago che era con lei? Non c’è, ovvio. Maschilismo assoluto venduto per giustizia…) ed è portata davanti al falegname divenuto Rabbì.

 Mosé (Mosé?) ha prescritto che donne come “quella” vanno lapidate, in modo che sia chiaro a tutti (alle donne soprattutto) che è meglio restare fedeli. Gesù, spiegaci, cosa dobbiamo fare?

Trappola splendida, davvero.

È il Sinedrio che l’ha condannata a morte, quando la pena di morte è riservata ai romani. Gesù si schiererà con l’oppressore? O riconoscerà il giudizio illegittimo del Sinedrio?

È Mosè che ha prescritto la condanna a morte: oserà contraddire una legge divina l’anarchico falegname?

La condannerà, come dice Mosè, e il padre misericordioso si ritirerà in buon ordine per lasciar spazio al Dio giudice?

Una trappola splendida, non c’è che dire.

Arabeschi

Gesù si china e riflette. Fa ciò che loro non vogliono fare, compie ciò che ogni legge, ogni giudizio (anche religioso) deve fare: chinarsi, cioè piegarsi nell’umiltà e riflettere, mettere una distanza prima di esprimere un giudizio.

Scrive, ora, il Nazareno. Scrive sul selciato del Tempio, sulla pietra.

La legge scritta nella pietra con le parole stesse di Dio, incise a fuoco e consegnata a Mosè è stata tradita, svilita, asservita a costumi e tradizioni solo umane, piccine e meschine.

Sì, questa donna ha tradito il marito. Ma il popolo di Israele ha tradito lo spirito autentico della Legge. Richiama all’essenziale, il figlio di Dio, riscrive sulla pietra la legge che gli uomini hanno adattato e stravolto.

Tutti tacciono, ora.

Gesù, la Parola, parla.

«Avete ragione: ha sbagliato. Fate bene ad ucciderla, occorre essere inflessibili per salvare la Legge. Nessuno di voi sbaglia, tutti siete migliori, a nessuno di voi capiterà di fare lo stesso sbaglio. Bravi. Il primo che non ha sbagliato lanci per primo la pietra».

Tutti tacciono, Gesù riprende a scrivere la Legge.

E ora la legge si incide nei cuori.

Già, ha ragione il Rabbì. Se ragioniamo sempre col codice in mano chi si salva? Se ci accusiamo gli uni gli altri, chi sopravvive?

Tutti se ne vanno, ad uno ad uno. Le pietre restano in terra.

Perdono

Gesù, ora, è fintamente stupito.

Dove sono tutti? Lui, l’unico senza peccato, l’unico che potrebbe a ragione scagliare la pietra, non lo fa. Chiede solo alla donna di guardarsi dentro, di recuperare dignità, di volersi più bene.

Gesù non giustifica, né condanna, invita ad alzare lo sguardo, ad andare oltre, a guardare col cuore la fragilità dell’altro e scoprirvi – riflessa – la propria.

No, Dio non giudica. Ci giudicano la vita, la società, il datore di lavoro, noi stessi.

Tutti ci giudicano, Dio no. Dio ama, e basta.

E questa donna viene liberata.

Salvata dalla lapidazione, è ora salvata dalla sua fragilità. “Non peccare più” ammonisce Gesù.

Popolo di perdonati

Chiesa, amata Chiesa, fatta di perdonati, non di giusti.

Chiesa abitata da gente che sa perdonare perché perdonata, che giudica con amore, senza ferire, guardando avanti, che indica una strada, non un tribunale.

Quando vivremo del perdono che ci riempie il cuore, diverremo trasparenza di Dio per l’uomo contemporaneo che cerca, nel suo profondo, amore e luce in una società che ama solo i bravi e i giusti e dimentica la verità della nostra fragilità.

In un’Italia orrendamente rissosa e divisa, in una Chiesa in affanno.

È un fiume in piena l’incontro con Dio, che fa guardare avanti, come profetizza il profeta Isaia. Senza guardare indietro, i deportati di Babilonia sono invitati a guardare avanti.

Profezia per la Chiesa ripiegata su se stessa, intenta a difendere privilegi e posizioni, sempre impegnata a proteggersi dal mondo esterno invece che a lasciarsi scuotere dallo Spirito!

Profezia per l’uomo che cerca e che è ferito dalla vita, invito a guardare avanti, a credere in una vita diversa, come fa la povera donna adultera che incontra l’infinito sguardo di Dio.

Tutto il resto, ci provoca Paolo, è spazzatura, perdita, di fronte alla conoscenza di Cristo.

 

Ci basta?

 

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