Nella parabola dei vignaioli assassini, questi vogliono impossessarsi di due doni senza averne il diritto. Il primo è la vigna, il dono materiale che il padrone fa ai vignaioli e che loro poi non vogliono restituire. “Noi l’abbiamo coltivata”, pensano, “ora ce la teniamo”.
Questo primo dono è il tempo che il Signore ci concede nella nostra vita. Tempo ricco, con una siepe, un torchio e una torre. Ma a volte anche tempo di fatica, dove ci tocca spianare il campo che ci è stato donato dalle avversità che incontriamo. E quando Dio ci chiede di donare a nostra volta questo tempo, noi spesso ci opponiamo.
Presidiare il nostro tempo dalle richieste del padrone non è difficile. E infatti bisogna dire che i vignaioli ottengono un certo successo nell’impossessarsi della vigna.
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Il problema è che dopo i vignaioli vogliono impossessarsi di un secondo dono. Con una logica particolarmente contorta, i vignaioli credono che uccidendo il figlio del padrone riusciranno ad ottenere l’eredità. In sostanza, i vignaioli vogliono diventare i figli del padrone. Non per affetto nei suoi confronti, ma per il desiderio di impossessarsi dei suoi beni.
La storia della Passione di Gesù ci fornisce un esempio abbastanza chiaro della mentalità e delle azioni di un gruppo di vignaioli assassini. È invece più difficile immaginare come nella nostra vita possiamo tenere un comportamento del genere: quand’è che vogliamo farci figli di Dio senza averne il diritto? Quand’è che vogliamo uccidere il figlio del padrone buono?
E la risposta è: quando non ci accorgiamo di essere già amati e protetti da Dio, in quanto suoi figli. Quando abbiamo paura di abbandonarci a lui per il timore di perdere noi stessi. Riconosciamo la vigna che ci ha dato il Signore e accettiamo di coltivarla per lui e insieme a lui.
Per riflettere
Riconosciamo la nostra responsabilità nell’essere servitori, pronti a rispondere alla chiamata di Dio, e a portare frutto nella nostra vita spirituale.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi