UDIENZA GENERALE di PAPA FRANCESCO
Piazza San Pietro
Mercoledì, 15 maggio 2024
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Catechesi.
I vizi e le virtù.
19. La carità
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
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Oggi parleremo della terza virtù teologale, la carità. Le altre due, ricordiamo, erano la fede e la speranza: oggi parleremo della terza, la carità. Essa è il culmine di tutto l’itinerario che abbiamo compiuto con le catechesi sulle virtù. Pensare alla carità allarga subito il cuore, allarga la mente, corre alle parole ispirate di San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Concludendo quell’inno stupendo, San Paolo cita la triade delle virtù teologali ed esclama: «Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità» (1 Cor 13,13).
Paolo indirizza queste parole a una comunità tutt’altro che perfetta nell’amore fraterno: i cristiani di Corinto erano piuttosto litigiosi, c’erano divisioni interne, c’è chi pretende di avere sempre ragione e non ascolta gli altri, ritenendoli inferiori. A questi tali Paolo ricorda che la scienza gonfia, mentre la carità edifica (cfr 1 Cor 8,1). L’Apostolo poi registra uno scandalo che tocca perfino il momento di massima unione di una comunità cristiana, vale a dire la “cena del Signore”, la celebrazione eucaristica: anche lì ci sono divisioni, e c’è chi se ne approfitta per mangiare e bere escludendo chi non ha niente (cfr 1 Cor 11,18-22). Davanti a questo, Paolo dà un giudizio netto: «Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore» (v. 20), avete un altro rituale, che è pagano, non è la cena del Signore.
Chissà, forse nella comunità di Corinto nessuno pensava di aver commesso peccato e quelle parole così dure dell’Apostolo suonavano un po’ incomprensibili per loro. Probabilmente tutti erano convinti di essere brave persone, e se interrogati sull’amore, avrebbero risposto che certo l’amore era per loro un valore molto importante, come pure l’amicizia e la famiglia. Anche ai nostri giorni l’amore è sulla bocca di tutti, è sulla bocca di tanti “influencer” e nei ritornelli di tante canzoni. Si parla tanto dell’amore, ma cos’è l’amore?
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“Ma l’altro amore?”, sembra chiedere Paolo ai suoi cristiani di Corinto. Non l’amore che sale, ma quello che scende; non quello che prende, ma quello che dona; non quello che appare, ma quello che si nasconde. Paolo è preoccupato che a Corinto – come anche oggi tra noi – si faccia confusione e che della virtù teologale dell’amore, quella che viene solo da Dio, in realtà non ci sia alcuna traccia. E se anche a parole tutti assicurano di essere brave persone, di voler bene alla propria famiglia e ai propri amici, in realtà dell’amore di Dio sanno ben poco.
I cristiani dell’antichità avevano a disposizione diverse parole greche per definire l’amore. Alla fine, è emerso il vocabolo “agape”, che normalmente traduciamo con “carità”. Perché in verità i cristiani sono capaci di tutti gli amori del mondo: anche loro si innamorano, più o meno come capita a tutti. Anche loro sperimentano la benevolenza che si prova nell’amicizia. Anche loro vivono l’amor di patria e l’amore universale per tutta l’umanità. Ma c’è un amore più grande, un amore che proviene da Dio e si indirizza verso Dio, che ci abilita ad amare Dio, a diventare suoi amici, ci abilita ad amare il prossimo come lo ama Dio, col desiderio di condividere l’amicizia con Dio. Questo amore, a motivo di Cristo, ci spinge là dove umanamente non andremmo: è l’amore per il povero, per ciò che non è amabile, per chi non ci vuole bene e non è riconoscente. È l’amore per ciò che nessuno amerebbe; anche per il nemico. Anche per il nemico. Questo è “teologale”, questo viene da Dio, è opera dello Spirito Santo in noi.
Predica Gesù, nel discorso della montagna: «Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso» (Lc 6,32-33). E conclude: «Amate invece i vostri nemici – noi siamo abituati a sparlare dei nemici – amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (v. 35). Ricordiamo questo: “Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperare nulla”. Non dimentichiamo questo!
In queste parole l’amore si rivela come virtù teologale e assume il nome di carità. L’amore è carità. Ci accorgiamo subito che è un amore difficile, anzi impossibile da praticare se non si vive in Dio. La nostra natura umana ci fa amare spontaneamente ciò che è buono e bello. In nome di un ideale o di un grande affetto possiamo anche essere generosi e compiere atti eroici. Ma l’amore di Dio va oltre questi criteri. L’amore cristiano abbraccia ciò che non è amabile, offre il perdono – quanto è difficile perdonare! quanto amore ci vuole per perdonare! –, l’amore cristiano benedice quelli che maledicono, mentre noi siamo abituati, davanti a un insulto o a una maledizione, a rispondere con un altro insulto, con un’altra maledizione. È un amore così ardito da sembrare quasi impossibile, eppure è la sola cosa che resterà di noi. L’amore è la “porta stretta” attraverso cui passare per entrare nel Regno di Dio. Perché alla sera della vita non saremo giudicati sull’amore generico, saremo giudicati proprio sulla carità, sull’amore che noi abbiamo avuto in concreto. E Gesù ci dice questo, tanto bello: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Questa è la cosa bella, la cosa grande dell’amore. Avanti e coraggio!
Saluti
[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese, in particolare i Mecenati delle Arti dei Musei Vaticani provenienti dal Belgio, nonché gli alunni del liceo San Tommaso di Villeneuve e della scuola Santa Maria, venuti dalla Francia. Vi invito ad approfondire l’amicizia con Dio che ci unisce a Lui e che si manifesta nell’amore di carità verso tutti! Lo Spirito Santo porti a compimento l’opera che ha già iniziato in voi. Dio vi benedica!]
[Do il benvenuto ai pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente al gruppo parlamentare del Regno Unito per i rapporti con la Santa Sede e ai gruppi provenienti da Uganda, Australia, India, Filippine, Vietnam, Canada e Stati Uniti d’America. Nell’imminenza della Solennità di Pentecoste, invoco su voi e sulle vostre famiglie un’abbondante effusione dei doni dello Spirito Santo! Il Signore vi benedica!]
[Cari fratelli e sorelle di lingua tedesca, in questi giorni di preparazione alla solennità di Pentecoste, uniamoci alla preghiera della Vergine Maria e degli Apostoli nel Cenacolo: lo Spirito Santo riempia i nostri cuori e accenda in essi il fuoco del suo amore.]
[Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua portoghese, specialmente al gruppo venuto da Betim, in Brasile. L’altro ieri abbiamo celebrato la Vergine di Fatima. Vi invito a pregare con fiducia il Santo Rosario, chiedendo alla Madonna la pace in tutto il mondo. Dio vi benedica!]
[Saluto i fedeli di lingua araba. La logica dell’amore, che culmina nella Croce di Cristo, è il distintivo del cristiano e ci induce ad andare incontro a tutti con cuore di fratelli. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga sempre da ogni male!]
[Saluto cordialmente tutti i polacchi. Lo Spirito Santo ci solleva sempre a un grande amore disinteressato verso i poveri, i malati e gli indifesi, come i bambini non ancora nati. Oggi è con noi una campana portata dalla Polonia, chiamata “La voce dei non nati”, che sarà portata in Kazakistan. Essa ricorderà la necessità di proteggere la vita umana dal concepimento alla morte naturale. Saluto gli ideatori di questa iniziativa: la Fondazione polacca “Sì alla vita”, che porta il nome dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Vi benedico di cuore.]
APPELLO
Rivolgo il mio pensiero alle care popolazioni dell’Afghanistan, duramente colpite dalle tragiche inondazioni che hanno causato numerose perdite di vite umane, tra cui bambini, e continuano a causare distruzione di molte case. Prego per le vittime, in particolare per i bambini e le loro famiglie, e faccio appello alla Comunità internazionale affinché fornisca subito gli aiuti e il sostegno necessari a proteggere i più vulnerabili.
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli provenienti da Messigno di Pompei e la Congrega di San Francesco d’Assisi di Napoli, esortando a essere, nelle rispettive comunità parrocchiali, lievito di comunione al servizio del Vangelo.
Accolgo con affetto la Sezione italiana dell’International Police Association, incoraggiando a un generoso impegno di fraterna solidarietà.
Rivolgo infine il mio pensiero ai giovani, agli ammalati, agli anziani e agli sposi novelli. А pochi giorni dalla Solennità della Pentecoste, vi esorto a essere sempre docili all’azione dello Spirito Santo; la confortante presenza del Consolatore sia per ciascuno sorgente di sollievo nella prova.
E preghiamo per la pace: non dimentichiamo la martoriata Ucraina; non dimentichiamo la Palestina, Israele, il Myanmar. Preghiamo per la pace, preghiamo per tutti i popoli che soffrono la guerra. Tutti insieme, con il cuore grande, preghiamo perché ci sia la pace definitiva, e niente guerre, niente. Perché la guerra sempre è una sconfitta: sempre!
A tutti la mia benedizione!
Per gentile concessione di © Copyright – Libreria Editrice Vaticana
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*Nella sezione dei “Saluti” sono stati tolti i testi in lingua originale lasciando solo quelli in italiano.