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Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 14 Maggio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Gv 15, 9-17

«Vi ho chiamato miei amici» e questo forse dovrebbe già bastarci. Il Figlio di Dio ci ha amati del suo amore più sincero e disinteressato, senza desiderio altro per noi che la nostra libertà e il nostro bene.

Non ci ha trattato da persone sottoposte, non ci ha considerato in base alla nostra limitatezza o alla nostra possibilità di sbagliare, Gesù ha intessuto relazioni di profondo rispetto e reciproco affetto. In virtù di questa stessa considerazione, egli ci invia nel mondo a nostra volta.

E non perché noi possiamo cambiare gli esiti della storia o perché da noi dipenda o meno la salvezza di altri; tutto quello che ci chiede è di propagare il bene, lo stesso che egli ha condiviso con i suoi più prossimi compagni. Questa maniera di rispettarsi e volere il meglio per chi ci è intorno è il messaggio più forte e durevole che noi possiamo trasmettere.

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L’apostolato che ci è affidato non è cosa che passi attraverso comunicati o medaglie da appuntare al nostro petto, la sola maniera che abbiamo di testimoniare Cristo è di comportarci al nostro meglio, amando, secondo quanto da lui suggerito e mostrato. Non ci vengono richiesti miracoli, ma atti di quotidiana concretezza in cui possiamo testimoniare e fare la differenza. Un di più.

In quella logica sconsiderata dell’amore, che ci spinge a fare molto e sinceramente per gli altri senza attenderci nulla in cambio, possiamo dare seguito alla cristianità e chiamare altri ad agire e vivere come noi.

Ecco perché il Signore non ci chiama servi, né lui si propone come padrone di tutte le cose, ma ci chiama amici e chiede che questo sia il comandamento principale delle nostre esistenze: amarsi gli un gli altri, come lui ci ha mostrato.

Per riflettere

Come amo io? In che maniera attraverso di me passa una Parola più grande, che mi supera? Possiamo sempre modificare o migliorare il nostro modo di vivere e annunciare il bene. Possiamo sempre rettificare scelte che facciamo e che riteniamo non essere più quelle giuste per noi e per gli altri. Possiamo sempre interrogarci su cosa voglia dire essere stati chiamati amici e farlo anche noi con altri a nostra volta.

FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi

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