L’inno liturgico della festa della Sacra Famiglia dice così: “Giuseppe addestra all’umile arte del falegname il Figlio di Dio Altissimo. Accanto a lui, Maria fa lieta la sua casa di una limpida gioia. La mano del Signore li guida e li protegge nei giorni della prova. O Famiglia di Nazaret, esperta del soffrire, dona al mondo la pace”.
“Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai di ogni bene”, dice il Salmo 127. Perché allora il lavoro, in un mondo come il nostro che adora l’efficienza, la specializzazione a oltranza, il profitto e la potenza, è così alienante? Appunto perché non è più irrigato dalla preghiera, dalla meditazione, dalla celebrazione eucaristica: è sradicato da Dio.
Un pittore cinese, invitato dall’imperatore a dipingere un granchio di spiaggia, richiese tre anni di lavoro. In realtà, ogni giorno camminava lungo la riva del mare e pregava Dio. Quando il tempo fu scaduto, non aveva ancora fatto nulla, nemmeno uno schizzo. Sotto gli occhi dell’imperatore prese il pennello, si fece portare una seta vergine e con un solo tratto, senza esitazione, disegnò il più bel granchio mai visto; anzi lo idealizzò immergendolo in una cornice spiritualizzata del mare, del cielo e della sabbia.
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I cristiani devono celebrare il mistero pasquale anche nel loro lavoro quotidiano, diceva il russo Nicola Federov. La liturgia, cioè la preghiera, deve illuminare tutta la vita, non soltanto la vita dello spirito e la vita interiore, ma anche la vita esteriore e quella mondiale, trasfigurandola in opera di risurrezione. Allora la gloria e l’onore delle nazioni, cioè il lavoro umano fatto sulla roccia che è Cristo, intriso di preghiera, sarà sublimato nella Gerusalemme Celeste.
Dove si incontra Dio? In mezzo al mondo, alla vita umana, nell’uomo stesso, nella comunità concreta. Credere in Gesù significa conoscere Dio nella monotonia della vita di ogni giorno. Vedere Dio proprio lì, attimo per attimo, giorno per giorno, come S. Giuseppe.
Quest’oggi iniziamo il mese di maggio con una memoria liturgica tanto cara al popolo cristiano, quella di San Giuseppe Lavoratore. Fu istituita dal Papa Pio XII nel 1955 per sottolineare l’importanza del lavoro e della presenza di Cristo e della Chiesa nel mondo operaio. È necessario testimoniare anche nell’odierna società il “Vangelo del lavoro”, di cui parlava Giovanni Paolo II nell’Enciclica Laborem exercens. Auspico che non manchi il lavoro specialmente per i giovani, e che le condizioni lavorative siano sempre più rispettose della dignità della persona umana. […] vivere la scelta della “fraternità cristiana” come valore da incarnare nel campo del lavoro e della vita sociale, perché la solidarietà, la giustizia e la pace siano i pilastri su cui costruire l’unità della famiglia umana. (Benedetto XVI, Regina Coeli del 1 maggio 2005).
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N.B. Vi consiglio di vedere o rivedere il magnifico film di Bud Spencer e Terence Hill “Porgi l’altra guancia” del 1974 (film presente su Amazon Prime) che racconta di due missionari, Padre Pedro e Padre G, che alla fine dell’800 sfidano nella giungla e a Maracaibo il governatore Gonzaga, in difesa dei poveri e degli indigeni tramite anche l’aiuto e l’intercessione del caro S. Giuseppe.
A cura di don Donato della Pietra.