Il cammino liturgico fin qui percorso e meditato ci sta permettendo di cogliere come la Parola delle domeniche pasquali tratteggi il profilo degli amici di Gesù e la Comunità stessa dei discepoli del Risorto. Potremmo dire che ci sia stato tratteggiato il dna del credente di ogni epoca. Ciascuno in fondo custodisce in sé incredulità, dubbio, fatica, fiducia, slancio, entusiasmo…ciò che conta è tenere fisso lo sguardo in Chi è il Signore, Gesù – Via, Verità e Vita (Gv 14,6); è imparare a dimorare in Lui (V domenica), imparando a fare ciò che Lui stesso ci chiede: «Amarci gli uni gli altri» (VI domenica, il tema di oggi).
Imparare quindi a mettersi in ascolto della realtà, come insegna anche Pietro nella I lettura tratta dagli Atti: “Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone…”. Pietro, pur con la sua autorità, non si pone al di sopra di Dio e dell’azione dello Spirito santo: “Lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano…anche sui pagani”, tanto che Pietro disse: “Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo come noi”. In Gesù risorto siamo “fratelli tutti”: “Non c’è più giudeo, né greco, né schiavo, né libero…poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28).
Ascolta “don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 5 Maggio 2024” su Spreaker.Gv 15, 9-17 | don Andrea Vena 59 kb 10 downloads
VI domenica di Pasqua, anno B At 10,25-26.34-35.44-48 Sal 98 1Gv 4,1-10 Gv 15,9-17 a…In fondo la richiesta che Gesù ha innalzato al Padre: “Consacrali nella verità…Siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). Come a dire che è nella fraternità che ci giochiamo la credibilità. Pietro è testimone di un’esperienza incredibile: lo Spirito santo scende anche sui pagani, come un tempo è sceso sugli Apostoli. Può dunque Pietro rinnegare il fatto che Gesù “esce fuori campo”, “esce dal recinto tradizionale”? No. E non può neppure fermarsi, se Dio è già andato oltre. Ormai Pietro ha capito la lezione sulla sua pelle: ha rinnegato a causa della sua paura ed è stato reinserito grazie alla Misericordia di Gesù. Pietro ha capito che l’unica strada è continuare a lasciarsi stupire dalle sorprese di Dio, che in questo caso coinvolge anche i pagani. Non è la “norma” a stabilire chi è “degno di entrare”, ma è l’amore misericordioso di Dio (cfr Lc 15: non dimentichiamo mai quel fratello maggiore, fedele esteriormente alla norma, ma incapace di lasciarsi sorprendere dalla bontà del padre).
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Ed è interessante che questo messaggio ci giunga all’ultimo, appena prima che Gesù salga al Cielo: la VII domenica/meditazione, infatti, coincide con la solennità dell’Ascensione; per poi, nell’VIII domenica – Pentecoste – mandarci lo Spirito santo, “attrezzatura” che rende capaci di compiere cose grandi: “Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre” (14,12). A dimostrazione che quanto il Signore Gesù ci sta chiedendo – “dimorare in Lui” e “osservare i comandamenti” – non è per sacrificare la nostra libertà, ma per viverla in pienezza: “Compirà opere più grandi”. Questa è la vera giustizia che Dio ci ha rivelato e che noi esprimeremo nel canto del salmo.
v. 9: “Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi”: in Gesù è riflesso l’amore del Padre per noi. Gesù non è un Figlio geloso, ma ci inserisce nella gioia del Padre.
v. 10: “Se osservate i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”: i comandamenti non sono di Gesù, sono del Padre e dati a Mosè, ma Lui li recupera, li riassume nell’unico comandamento, quello dell’amore, come avremo modo di vedere al v. 12: “Amatevi” (v. 12). Il dimorare non è un’esperienza astratta, ma è lo “stare” nell’amore di Dio per imparare a “stare” nell’amore vicendevole. Il giovane ricco ha “osservato” i comandamenti, ma lo ha fatto esteriormente, assolvendo a una norma (Mc 10,17-31): c’è sempre il rischio di aderire alla Regola a livello superficiale, ma non col cuore….
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v. 11: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”: Il dimorare in Lui non va letto come un “obbligo” a una norma esteriore, ma come il gusto di stare con Lui, la gioia di averLo come Amico, Confidente, Fratello, Padre, Consolatore…e questo rende felici, infonde gioia piena, duratura: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che noi abbiamo veduto con i nostri occhi…noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1Gv 1,1-4).
v. 12: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi…”: i comandamenti trovano la loro sintesi e chiave di lettura nell’unico comandamento: quello dell’amore. “Qual è il primo di tutti i comandamenti? Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento…” (Mc 12,29ss). Non un amore astratto, ma quello che Gesù ha mostrato con la sua vita e che oggi, per il credente, è il modello, la ragione, la misura: “Come io”. E in quel “come” c’è la croce, amore senza misura; c’è la il dono fino alla fine, quindi la gratuità; c’è la libertà, perché l’amore Dio è liberante e non imprigiona. Un amore che strappa dal male, converte, non illude. In quel “comando” Gesù fa capire che l’amore non è solo sentimento, ma ragione: l’amore si sceglie, si decide.
v. 13-15. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi…ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”: l’amore si manifesta prima di tutto nel dono di se stessi in un vicendevole rapporto di amicizia. Questo è il terreno sul quale costruire. Come Gesù è stato mandato nel mondo per “mostrare” l’amore del Padre (Gv 3,16ss), così ora i discepoli, in Gesù, vengono resi partecipi della stessa missione del Figlio e sono “mandati” a far conoscere l’amore del Padre che si è rivelato in Gesù. Non a parole, ma con i gesti della vita di ogni giorno.
v. 16-17: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”. Un concetto che si fa ancora più chiaro alla luce del capitolo sei di Giovanni: “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,57). In queste ultime parole troviamo il fondamento della vita, “Io ho scelto voi”; la ragione ultima della missione, “Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto…”/uscire dai recinti; e pure il contenuto dell’annuncio missionario: “Che vi amiate gli uni gli altri”. Quindi il Padre ama Gesù, Gesù ama i discepoli, ed essi devono amarsi l’un l’altro.
Se non si ama, ricorda san Giovanni nella II lettura, vuol dire che non si è conosciuto Dio, non si è fatto esperienza di Lui, perché “Dio è Amore”. Un amore, continua Giovanni, che si è manifestato nell’eliminare i nostri peccati, nel renderci liberi. E come Lui, così il credente è colui che ama rendendo libero l’altro; rendendolo partecipe della gioia del Padre. È un dato fondamentale anche per la vita religiosa: s’incontrano fatiche e difficoltà, certo. Ma è il Signore ad averci scelto, è Lui che conosce fino in fondo il perchè di questa chiamata: a noi ha chiesto di aderirvi, di dimorare in Lui…ma Lui sapeva e sa bene di che pasta siamo fatti…Ecco perché è importante tornare sempre a Lui, dimorare in Lui facendo memoria del primo momento…Lì si nutre in modo sempre nuovo il nostro Eccomi, la nostra risposta.
Gesù ci ama con tutto se stesso per renderci capaci di vivere l’intensità del suo amore per e con gli altri. Amare l’altro come un altro me stesso. Questo però chiede la disponibilità a verificare la verità dell’amore a se stessi, che non può ridursi a un rincorrere ciò che più piace, ma quanto mi rende più uomo/donna davanti a Dio. E se questo orizzonte fa tremare i polsi è perché noi siamo spesso animati da una domanda: «Sono forse io il custode di mio fratello?!» (Gen 4,9). Quando invece Gesù, attraverso la parabola del buon samaritano, ci ricorda non solo la logica è quella del buon samaritano: «Chi è il mio prossimo?…Va’, e anche tu fa lo stesso» (cfr Lc 10,25ss), ma che in questo raggio d’azione non ci devono essere filtri, fino ad arrivare a dire: «Amate i vostri nemici» (Mt 5,44-55).
Uno stile che è scomodo nella mentalità d’oggi, ma è il Suo stile: il dimorare nel Signore permette di evitare di lasciarsi ingannare dal serpente di tutti i tempi, in particolare in quella che è la più sottile delle tentazioni, illudersi di essere a posto solo perché obbediamo esteriormente: “Trascurando il comandamento di Dio, Voi osservate la tradizione degli uomini” (cfr Mc 7,1-13) o, nell’edizione di Matteo: “Voi avete annullato la parola di Dio con la vostra tradizione” (cfr Mt 15,1-8). Un rischio che rischiava di imprigionare anche Pietro, ma che poi Lui stesso si è lasciato mettere in discussione, e così oggi chiedi a me di lasciarmi “sorprendere” dalle Tue sorprese di Dio, dalla Tua logica. Pietro non si è lasciato imprigionare dalla legge, ma è rimasto libero nello Spirito santo.
E per questo capace di lasciarsi sorprendere…semplicemente perché il suo cuore bruciava d’amore (cfr Ger 20,7-9),: Pietro ha agito da innamorato, no da burocrate! Così siamo chiamati a fare noi. E pazienza se il nostro seguire il Signore è contrassegnato anche dalla fatica e dalla fragilità, non siamo stati scelti perché perfetti, ma perché amati. Il nostro «dimorare» in Dio è fondato sulla misericordia, non sui meriti: «Io vi ho scelti». È Lui all’origine della nostra vita di credenti, della nostra missione ed è sempre a Lui che potrò tornare – anche come il figliol prodigo (cfr Lc 15) – quando fuggo illudendomi di trovare libertà in altri recinti! Non sarà mai il peccato ad ostacolarmi nel dimorare in Dio, perché anche se il mio cuore mi condanna, Dio è più grande del mio cuore (cfr 1Gv 3,20).
Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.