La preghiera, scuola di umanità – SANTA CATERINA DA SIENA
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 1,5-2,2)
Il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato.
Figlioli miei, questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato.
Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.
- Pubblicità -
Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Perdonati e riconciliati
San Giovanni nelle sue lettere definisce Dio «luce» e «amore». Non sono due definizioni diverse ma unica perché l’amore è la luce. Dove c’è la luce non c’è tenebra e dove c’è amore non c’è peccato. L’apostolo invita a confessare i peccati per spogliarci delle tenebre e rivestirci di luce per poter amare i fratelli ed essere in comunione con loro come Gesù con gli uomini.
- Pubblicità -
Egli, spargendo il sangue sulla croce, ha perdonato tutti i peccati e riconciliato tutti gli uomini don Dio. Gesù accompagna nel cammino di santificazione coloro che si lasciano purificare da lui. Egli è il nostro difensore di cui fidarci e al quale confidare ogni peso che abbiamo sul cuore.
Il battesimo ci fa figli di Dio. Come tali, non siamo immunizzati dalla debolezza propria della carne ma siamo aiutati a rinascere ogni giorno come nuove creature, non più vittime del peccato, ma liberi servitori di Dio, il Signore della vita.
+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 11,25-30
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.
In quel tempo, Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
In un momento difficile della missione di Gesù, nel quale si scontra con il rifiuto oppostogli da chi lo accusa malignamente distorcendo il suo messaggio e calunniandolo, egli innalza una preghiera di lode al Padre. In un contesto simile altri avrebbero cercato di difendersi dagli attacchi o avrebbero chiesto l’aiuto di Dio perché fosse fatta giustizia contro i loro detrattori.
Così Mosè, che è pure definito «l’uomo più mite della terra» (cf. Nm 12,3), divenuto oggetto di forti contestazioni, si rivolge a Dio invocando il suo aiuto, non prima di essersi lamentato dell’incarico ricevuto da Lui. Gesù, come Mosè, i profeti e tutti gli uomini di Dio, sente il peso della sua missione e ne avverte anche la stanchezza. In questa situazione, che lo avvicina così tanto alle donne e agli uomini che ogni giorno svolgono la loro missione tra difficoltà e resistenze, Gesù insegna a pregare.
La preghiera è una caratteristica dei piccoli i quali si aprono alla relazione con l’altro con cuore semplice e disponibile. Al contrario, coloro che credono di essere dotti e sapienti si ergono in una posizione di superiorità che impedisce una sana relazione al di fuori del proprio io. Gesù sembra parlare a Mosè, ai profeti, come Geremia, o ai poveri derelitti della società, o ancora alle vittime dei meccanismi perversi dell’economia malata, che si arrabbiano con Dio per il fatto che i malvagi prosperano a discapito dei poveri che subiscono l’ingiustizia e soccombono.
Il loro dubbio è legittimo e interpreta lo scandalo delle tante vittime della prevaricazione dei potenti. Sono essi il popolo degli «stanchi e oppressi» ai quali Gesù si rivolge invitandoli a pregare insieme con lui. La preghiera da un atto formale e occasionale diventa un appuntamento nel quale andargli vicino per incontrarlo ed essere accolti.
Attraverso di Lui abbiamo accesso diretto al Padre e, aprendogli il cuore, possiamo fare esperienza del suo amore che consola e conforta. Nelle mani trafitte del Figlio il Padre raccoglie le nostre lacrime e dalla bocca di Gesù Egli fa sgorgare, come da una sorgente, lo Spirito Santo, la forza dell’amore che sana, ristora, fortifica.
La preghiera diventa una scuola di umanità nella quale imparare a essere nel mondo non in maniera ostile facendo barricate o crociate contro i nemici, ma assumendosi con Gesù la responsabilità di essere nello stesso mondo seme di pace, lievito di fraternità, germe della civiltà dell’amore.
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“