Perché Gesù ha scelto proprio la professione del pastore per descrivere la sua missione? Eppure era una professione ritenuta “impura” dal giudaismo, perché il pastore aveva a che fare con animali e viveva a contatto con loro notte e giorno.
In realtà Gesù dà seguito ad una profezia di Ezechiele, che, parlando in nome di Dio, si scaglia contro i cattivi pastori del suo popolo, dediti al loro gregge per puro interesse, pronti solo a sfruttare “latte, carne e lana”, ovvero a dilapidarne le sostanze. Poi annuncia l’impegno da parte di Dio di prendersi cura in prima persona del gregge, suscitando un pastore che, in suo nome, le pascerà conducendole ai pascoli della vita e non della morte.
Gesù Buon Pastore, quindi, attuando la profezia di Ezechiele, rimprovera anche alle autorità religiose del suo tempo di essere “funzionari del sacro”, perfetti esecutori della Legge e degli obblighi e precetti ad essa connessi, ma altrettanto perfettamente privi di amore verso il popolo.
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L’atteggiamento verso il gregge non può essere quello del mercenario, ma quello del pastore, del pastore buono, che, per quanto ritenuto impuro, reietto, non idoneo a vivere secondo i canoni e la mentalità distorta di una certa religiosità, deve essere capace di dare la vita per il proprio gregge, e non solo per il proprio, ma anche per pecore che non sono del suo ovile e che—sempre per quel tipo di mentalità—andrebbero lasciate allo sbando sui monti, gettate fuori dal recinto, dalla comunità, dalla Chiesa.
Per riflettere
Come singolo, come coppia, come famiglia, come comunità, so espormi in prima persona per proteggere e amare coloro che Dio e la vita mi ha posto accanto, mediante una carità pastorale in spirito di servizio e di accompagnamento?
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi