La consapevolezza dell’ora arriva sotto il segno del tradimento di uno dei Dodici. La vera portata di quello che sta accadendo non è chiara ai discepoli e forse nemmeno a Giuda che, sfidato dall’invito di Gesù ad “agire”, e ricevuto il boccone intinto per lui come offerta estrema di intimità e amicizia, “esce” in piena notte, nella notte del suo cuore che gli impedisce di capire che nonostante tutto, nonostante il tradimento, avrebbe potuto esserci un posto anche per lui nel Regno dei Cieli.
Alla notte si contrappone il giorno, all’oscurità del tradimento si contrappone la luce che si sprigiona dalla postura fisica di Pietro: il discepolo che Gesù amava è descritto “in seno a Gesù”, “sul suo petto”, in una tale vicinanza da consentirgli di percepire i tumulti del cuore e ogni più intimo turbamento.
Come Maria a Betania, così qui il discepolo amato è destinatario di un amore senza prezzo, rivelazione piena dell’essere stesso di Dio e dell’intimità tra Padre e Figlio che nulla può spezzare e che, al giungere dell’“ora”, si dispiega diventando dono ai discepoli del mondo.
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Tutta la dignità umana del Figlio dell’uomo, la più alta dimostrazione di obbedienza al Padre, si affermano nella capacità di reggere il “peso” del capo di Pietro sul suo petto e il tradimento di Giuda.
Il “breve tempo” che ancora lo vede accanto ai suoi è un tempo non sprecato e teso a radicare l’amore nel cuore dei Discepoli che dovranno affrontare la ferita della morte del messia, ma sapranno che nell’amarsi reciprocamente e nell’agire tra loro così come il Signore ha agito con loro, amandoli fino alla fine, saranno riconosciuti come suoi discepoli: è da quell’amore che i discepoli sono stati generati e per quell’amore possono continuare ad esistere.
È l’amore più forte della morte che consentirà ai discepoli di vivere ancora nella comunione con il Risorto; è ancora l’amore, sperimentato come perdono senza limite, che consentirà a Pietro di ricominciare la propria missione anche dopo averlo rinnegato.
Per riflettere
Con la testa adagiata sul Cuore di Gesù possiamo sentire tutto il suo turbamento e la sua angoscia, i suoi affanni e i suoi dolori e non possiamo fargli mancare la nostra umile misericordia e compassione. Rivolgiamo a Lui lo stesso sguardo di amore che ha avuto per Maria dall’alto della Croce.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi