Conoscere in profondità
La liturgia della Chiesa, in questa V domenica di quaresima, ci dona un brano molto intenso, collocato alla fine della prima parte del Vangelo di Giovanni, il cosiddetto “libro dei segni” (capitoli 1-12), attraverso il quale – mediante il tema carissimo al quarto evangelista, quello della cosiddetta “ora di Gesù – siamo introdotti nel “libro della gloria” (capitoli 13-21), tutto incentrato sul passaggio pasquale.
Nei capitoli e versetti precedenti a quelli del brano attuale, si assiste ad un crescendo della tensione fra Gesù e Israele, che sembra essere totalmente cieco alla sua Parola e ai segni da Lui compiuti, desiderando piuttosto eliminarlo. La domanda dei greci, dunque, collocata in questo contesto di ostilità, presenta il desiderio sincero di quell’umanità che vuole “vedere” (in greco idein, ossia conoscere in profondità) Gesù.
Un’umanità che si trova al di fuori dei confini di Israele, forse oggi potremmo azzardarci a dire, anche fuori dalla Chiesa, che conserva quella sincera ricerca interiore di incontrare il senso della vita. Il passaggio sottolineato dall’evangelista, con il coinvolgimento prima di Filippo, poi anche di Andrea, che vanno insieme a riferire a Gesù di questo desiderio dei pagani, richiama il ruolo dei discepoli in questa ricerca dell’umanità: essi, quindi anche noi discepoli di questa epoca, siamo chiamati ad intercettare il grido sincero dell’umanità, accoglierlo, farlo nostro e presentarlo a Gesù.
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Non è forse questo il senso della preghiera cristiana di intercessione? Quando come discepoli preghiamo il Signore per gli altri, cosa gli chiediamo? Non sarebbe sufficiente chiedere per gli altri la salute fisica, il benessere materiale o la realizzazione di bisogni solo umani, ma che loro possano invece incontrare il Maestro, conoscerlo profondamente, riscoprendo in Lui il senso della loro esistenza. Tornando al brano, vediamo come Gesù, secondo il suo stile divino, non dà semplicemente un appuntamento per una visita di cortesia, ma eleva i toni.
Lo fa presentando l’ora della sua glorificazione, dove davvero tutta l’umanità potrà riconoscerlo e vederlo: il dono della sua vita sulla croce, fatto di offerta senza riserve, sarà il luogo in cui l’umanità potrà veramente conoscere Lui e il Padre. La morte che diventa vita, come quella del seme nella terra, è la chiave per un vero incontro con Dio: solo la morte e resurrezione di Gesù può dare la risposta più profonda ad ogni autentico desiderio di realizzazione che c’è nel cuore dell’uomo.
Vedere Dio in questo significa passare da una logica conservativa della propria vita e del proprio benessere, ad una logica di amore che si dona, proprio come Gesù. A questo progetto – perché sia fruttuoso – non si può partecipare soltanto come spettatori, ma è necessario che ci si coinvolga: è necessario seguire, servire e stare con Lui.
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Per realizzare quest’opera Gesù stesso è passato attraverso una profonda tribolazione: la sua umana volontà, debole e vacillante, come quella di tutti noi, ha dovuto conformarsi in pienezza a quella divina. Quel lavorio interiore di Gesù che gli evangelisti sinottici collocano nel Getsemani, lo si trova in Giovanni in questo discorso del Maestro.
L’ora della croce, con la sua angoscia e dolore schiaccianti, si apre alla gloria della resurrezione, approvata dalla voce del Padre. Chi accoglie questo invito a guardare al Crocifisso con fede, sa bene che lì c’è la vittoria e la proposta di salvezza per tutta l’umanità. Allora, c’è anche in noi questo sincero desiderio di conoscere Gesù in profondità e di coinvolgerci personalmente in questo divino progetto?
Per gentile concessione di don Luciano Labanca, dal suo sito.