Leggi più volte il testo sacro (Gv12, 20-33), adagio, per cogliere in esso il messaggio di Dio. Il commento ti potrà aiutare a capire la situazione e l’ambiente in cui si svolge il fatto narrato o il perché delle parole in esso riportate.
La richiesta di vedere Gesù da parte di un gruppo di Greci presenti a Gerusalemme non riguarda la soddisfazione del loro semplice desiderio di curiosità, ma un segno della loro reale ricerca del Messia. Gesù risponde con l’immagine del chicco di grano: se la morte sfocia nella fecondità, sulla croce si manifesta allora l’amore del Padre, pasqua di Cristo e di tutti i suoi discepoli.
Il brano della quinta domenica di Quaresima ci presenta la narrazione dell’ingresso trionfale del Signore Gesù a Gerusalemme: finalmente, tutti sembrano averlo accolto: persino alcuni Greci, di passaggio, vanno da lui per rendergli omaggio. Ma Gesù parla in modo molto chiaro: coloro che lo vogliono seguire devono accettare la logica della croce, cioè dell’amore e del servizio a Dio e ai fratelli, fino al dono totale della propria vita.
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Ogni volta che facciamo memoria dei misteri pasquali di Gesù si fa forte in noi l’invito a risvegliare nella nostra vita spirituale la certezza che nella santa Eucaristia abbiamo il vertice dell’amore di Cristo per ciascun uomo, per ciascuno di noi.
Continua nel blog di don Sergio dove potrai leggere altre intenzioni per la settimana.
Commento al Vangelo
Trovata finalmente un po’ di tranquillità, come una barca la bonaccia del suo mare, dalla cima di un monte è più facile osservare il panorama tutto intorno, la bellezza di un paesaggio che poco più in basso a tratti dorme, a tratti è sveglio, sempre sotto lo stesso cielo.
Non sempre la vita la si vive così, alle altezze del mondo; quasi sempre invece la si cammina dentro un continuo saliscendi di strade e di incroci, avvolti a ore dalla bellezza della luce del giorno, in altre ore accerchiati dal buio uniforme della notte.
La vita, quella che ci è più preziosa di ogni altra cosa, la ritroviamo ogni volta dentro i nostri occhi, nell’entrare e nell’uscire di un respiro, uno dopo l’altro, tra gli spazi sottili di uno come di mille pensieri. E nel guizzo di uno sguardo, nel movimento lento del petto, nell’abbraccio continuo e delicato della mente, il tutto del proprio esistere si raccoglie attorno al senso della vita e dell’infinito. Ogni battito di se stessi si riveste di luminosa bellezza e, via via, si allenta, si scioglie dentro ogni tensione, ogni capriccioso riccio e arzigogolo dell’io.
Notte e giorno si può restare così, a guardare con gli occhi della vita, della mente e del cuore; a osservare in ogni frammento del cosmo la meravigliosa preziosità dei particolari più nascosti; a conservare nella memoria le variopinte sfumature della propria storia per restare vivi di fronte e dentro qualsiasi situazione di pericolo, sapendo che è solo in una foresta che si impara per davvero ogni cosa per salvarsi, per sopravvivere, per evitare le trappole dell’io e quelle false, più attraenti e sinuose, di tanti tu in apparente e sinuoso stato di relazione con noi.
Allineare i ritmi della vita fuori con i ritmi della vita dentro è esperienza e arte di equilibrio e di stabilità, saggezza nel rifiutare il disordine degli umori, insieme alla sfacciata aleatorietà di quei sentimenti che abbiamo scoperto essere diventanti, secondo dopo secondo, senza terra di umanità e senza cielo di divinità.
E alla fine, dentro e fuori, del mondo intero, degli altri attorno, così come di noi stessi, scopriamo che, in poco tempo, si può capire per davvero più del necessario.
Per gentile concessione di Don Sergio Carettoni dal suo blog.