HomeVangelo della DomenicaMons. Giovanni D'Ercole - Commento al Vangelo del 3 Marzo 2024

Mons. Giovanni D’Ercole – Commento al Vangelo del 3 Marzo 2024

Commento al brano del Vangelo di: Gv 2,13-25

All’attenzione di te che mi leggi!
Da alcuni mesi cerco di offrire un commento biblico/pastorale della liturgia domenicale. Esistono tante omelie e alcune assai interessanti con video brevi o più ampi su YouTube e whatsapp. Qualcuno mi ha chiesto di unirmi a quest’utile iniziativa, ma preferisco non dare un’omelia già confezionata e piuttosto offrire a chi deve fare l’omelia o é interessato ad approfondire la liturgia domenicale un breve commento soprattutto biblico perché altrimenti è come far crescere un albero senza radici. Questo aiuta me e spero chi mi legge a ricercare nella Bibbia( sant’Agostino direbbe pascolare nella parola), a una calma lettura dei testi, alla meditazione e alla preghiera soprattutto alla Lectio divina che altro non è se non lasciar risuonare in noi la Parola perché incida nella vita e la cambi. A partire da oggi non parlerò più di omelia ma di breve commento delle letture liturgiche.

Terza Domenica di Quaresima. 3 Marzo 2024

1.“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”.  Nell’odierno vangelo questa frase di Gesù riesce incomprensibile e misteriosa sia per i giudei che per i suoi discepoli, come pure il gesto inatteso di scacciare tutti coloro che facevano commercio nel Tempio di Gerusalemme. Gesù si comporta come un profeta e gli ebrei erano abituati ad accettare gli interventi forti e simbolici dei profeti, come in diverse occasioni leggiamo nell’Antico Testamento. Qui però duplice è la loro incomprensione e fermo il loro disappunto. Non ritenevano Gesù un profeta , anzi lo stimavano assai poco chiedendosi che cosa mai di buono potesse venire dalla sua città, cioè Nazareth .E poi del tutto fuori luogo era il suo modo violento di criticare le usuali pratiche del Tempio, dove invece era normale la presenza di venditori di animali per i sacrifici rituali e dei cambiamonete perché era proibito fare entrare monete romane in quel luogo sacro. E che voleva insinuare dicendo di distruggere il Tempio e di ricostruirlo addirittura in tre giorni? Un uomo da solo, figlio di un falegname, non riuscirebbe a costruire in tre giorni, né in quarantasei anni e neppure in tutta la sua vita un Tempio così meraviglioso, rispettato da tutti e segno della presenza di Dio fra il suo popolo. Più perplessi restano i giudei quando Gesù parla di “tre giorni” perché compresero che era il modo simbolico di affermare che Dio sarebbe intervenuto sicuramente, come ad esempio scrive il profeta Osea: “In due giorni il Signore ci ridarà la vita; il terzo giorno ci rimetterà in piedi, e noi vivremo alla sua presenza”(6,2). Quest’episodio che i vangeli sinottici – Marco- Matteo e Luca – pongono quasi alla fine della missione pubblica, san Giovanni lo pone all’inizio perché vuole lanciare questo messaggio: la rivelazione di Cristo viene ostacolata sin da subito e mentre i discepoli accompagnandolo passo dopo passo arriveranno a scoprirla progressivamente, al contrario i suoi oppositori chiusi nelle loro certezze, si rifiutano di accogliere la verità dell’annuncio evangelico. Abbiamo qui un primo chiaro avvertimento: la verità del Vangelo non si incontra contando sul potere della ragione ma perseverando nel restare umili discepoli di Cristo.

2.Quest’anno accompagna il nostro pellegrinaggio quaresimale il tema biblico dell’Alleanza tra Dio e l’umanità e qui san Giovanni ci preannuncia già che sarà Cristo il ponte della nuova ed eterna alleanza atto a riappacificare l’intero universo con il suo Creatore mediante il suo sacrificio sulla croce. Più tardi infatti gli apostoli lo capiranno come annota l’evangelista: “Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù”. Dunque: il gesto di Gesù suscita lo smarrimento degli apostoli e l’ira degli oppositori anche se esistevano già alcuni eloquenti riferimenti nell’Antico Testamento. Il profeta Geremia aveva scritto a proposito del Tempio: “ questa casa sulla quale è stato proclamato il mio nome  voi la prendete per una spelonca di banditi?”(Jr7,11)  e il profeta Zaccaria  aveva annunciato che con l’arrivo del Messia non ci sarebbero più stati mercanti nella casa del Signore (cf Za 14,10).  Il discorso diventa più complicato perché Gesù definisce il Tempio come “la casa del Padre mio”. Davanti a queste sue parole due sono le attitudini possibili: aprire le orecchie del cuore per cercare di comprendere, come fanno i discepoli, oppure rifiutare per principio che Gesù è il Messia come faranno i giudei di allora, ma come continuano a fare anche oggi in maniera pratica non pochi cristiani. Se la quaresima è tempo di ascolto/preghiera e di conversione/riconciliazione la liturgia c’invita a non chiudere il cuore alla verità e all’amore che Cristo annuncia come  fulcro centrale del suo messaggio di salvezza. Giovanni riprende qui il salmo 68/69: “lo zelo della tua casa mi divora”, che è il sofferto lamento del perseguitato a causa della sua fede, lo pone però al futuro “Lo zelo  per la tua casa mi divorerà” (17) un modo di annunciare la persecuzione  che lo attende e, dopo di lui, toccherà a tutti coloro che intendono seguirlo fedelmente . Siamo all’inizio del vangelo ma già s’intravede il processo e la condanna a morte dell’Innocente e il martirio di tanti suoi fedeli discepoli nel corso dei millenni. Quanto vero suona allora il grido del profeta: “L’amore per la tua casa sarà il mio tormento”.

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3. Per quale ragione Gesù crocifisso può essere davvero lui il Messia? In questa nostra epoca non è fuori luogo tale domanda considerando che aumenta a dismisura la perdita della consapevolezza che Gesù morto in croce e risorto sia l’unico salvatore dell’universo e questo rischio purtroppo esiste anche dentro le nostre comunità. Senza accorgersene si può giungere a perdere l’essenziale della fede quando si insiste sui valori cristiani- il cristianesimo come la via per essere buoni e fare il bene -, ma non si torna a proclamare chiaramente il fondamento della fede che è Gesù Cristo vero Dio e vero uomo. Una grande lezione ci viene, nella seconda lettura dell’odierna liturgia, dall’apostolo Paolo che ha consacrato ogni energia fisica e spirituale all’annuncio che Gesù di Nazareth è il Messia. Si rivolgeva con abilità a ebrei e pagani perché, per le sue origini conosceva bene il mondo ebraico e le scritture, ma avendo vissuto gli anni della gioventù con la sua famiglia a Tarso, quindi fuori d’Israele era ben introdotto anche nel mondo greco. Proprio per questo riuscì a intercettare le difficoltà degli uni e degli altri annunciando un Messia crocifisso scandalo per i giudei e follia per i greci. Gli ebrei – scrive san Paolo -attendevano un Messia con segni precisi e cioè la restaurazione della dinastia di Davide sul trono di Gerusalemme e l’instaurazione della pace universale e definitiva. Gesù li ha delusi: è morto in croce e tutti sapevano che quando un condannato a morte in nome della Legge veniva appeso a un albero era un maledetto da Dio (cfr Dt 21,22-23). E’ quanto è successo a Gesù per cui come potevano pensare che fosse il Messia? Inoltre, Saul ha perseguitato convinto i primi cristiani prima della sua illuminazione sulla via di Damasco. Quanto poi ai pagani come potevano prendere sul serio Gesù come Messia? I Greci, osserva san Paolo, “cercano sapienza” ma Gesù parla d’amore e di rispetto degli altri, di umiltà e di fiducia in Dio per cui niente discorsi filosofici e non fu certo ben accolto ad Atene Paolo quando intrattenne l’uditorio sul Dio “ignoto” che essi adoravano e, percorrendo tutte le Scritture, arrivò ad annunciare loro che questo Dio è Gesù di Nazaret crocifisso e risorto. A questo punto però  lo cacciarono dall’areopago(At.cp.17). Paolo dopo la sua conversione, si arrese all’evidenza e annuncerà con tutte le sue forze il Cristo crocifisso/risorto come il Messia promesso affrontando anche  alcune inquietanti domande: se Gesù era il Messia annunciato dai profeti e atteso dal popolo d’Israele, come mai tanti uomini di buona fede lo hanno messo a morte? E, ancor più, come può essere il Messia, Gesù crocifisso? Questi interrogativi continuano a risuonare ancora oggi per cui, con san Paolo, si deve riconoscere  che si fa fatica ad accettare il mistero e lo scandalo del Messia crocifisso, ma questo è il cuore di tutte le lettere di Paolo e il centro della fede cristiana.



4. Per Paolo qui c’è un amore che va fino alla croce e la croce non deve ascandalizzarci perché è il luogo dove Gesù si rivela e ci libera. Egli arriva a dire che la croce è il più bel titolo di gloria dei cristiani nella lettera ai Galati (cf.Ga 6,14). Gesù pur essendo immune dal peccato ha infatti accettato la sofferenza e la morte per aprire il cuore degli uomini all’incredibile amore di Dio per noi. “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34): con queste parole Gesù chiude la sua esistenza terrena e la richiesta di perdono dalla croce ci aiuta a scoprire fin dove arriva l’amore di Dio per gli uomini. Ma come rispondere a coloro che non trovano l’agire di Dio conforme alla ragione umana? Paolo ha solo una risposta: “poiché nella sapienza di Dio il mondo non ha conosciuto Dio per mezzo della propria sapienza, è piaciuto a Dio di salvare quelli che credono mediante la follia della predicazione (1 Co 1,21)e aggiunge: “Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio”(1Co 3, 18-19). Paolo fa eco a Gesù che così prega: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). Cari fratelli e sorelle non dobbiamo dimenticare che la nostra testimonianza cristiana si offre senza difese perchè ogni ragionamento non riuscirebbe a condurre nessuno alla fede davanti al mistero di un Dio che si manifesta con il volto sfigurato di Cristo crocifisso tra due ladroni. I ragionamenti intellettuali crollano  come castelli di sabbia e quando con ogni buona volontà cerchiamo di convincere della fede cristiana gli altri senza riuscirci, non dobbiamo inquietarci per la nostra incapacità, perchè è un’incapacità strutturale trattandosi di un mistero che è molto più grande di noi.  E questo lo riconosciamo proclamandolo nel cuore di ogni celebrazione eucaristica quando il celebrante annuncia “Mistero della Fede” e l’assemblea risponde: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.

PS. Papa Paolo VI chiese allo scrittore Giuseppe Prezzolini: “Lei si dichiara lontano dalla Chiesa! Cosa suggerisce per poter avvicinare i lontani alla Chiesa?”.
Prezzolini diede una risposta sulla quale dovremmo tanto riflettere. Eccola: “Padre Santo, c’è una sola strada: preparate persone umili e veramente buone, perché solo la bontà attira. Di persone colte ce ne sono fin troppe, di persone intelligenti ce ne sono fin troppe. Ma non sono costoro che rendono più buono il mondo. L’intelligenza suscita ammirazione e la cultura strappa applausi, ma soltanto la bontà attira a Dio e spinge le persone alla conversione”.
+Giovanni D’Ercole buona domenica a tutti

AUTORE: Mons. Giovanni D’Ercole, Vescovo emerito – Pagina FacebookSito Web 

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