Sente compassione per la folla il Signore, il Maestro. Il nostro è un Dio che compatisce, cioè patisce insieme, con, che conosce, che sa, non è un freddo calcolatore, non è un sommo giudice intransigente, non è una persona anaffettiva oppure opportunistica, come a volte siamo noi, sente compassione, capisce.
Quante volte ci lamentiamo con Dio pensando che sia lontano, distratto, indifferente. E la più grande paura che portiamo nel cuore è quella di pensare (temere) che, sul serio, Dio sia malvagio, che siamo stati ingannati, che siamo degli illusi, che la rivelazione di un Dio che ama sia una gigantesca bufala…
Allora i nostri ragionamenti diventano contorti, rabbiosi, avvelenati. Davanti alla fame, all’insoddisfazione, al fallimento, obiettiamo: “Ma se capisce, allora perché non ci evita il dolore, la sofferenza, la fame, il pericolo, la paura? “.
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Il paradosso della nostra fede è credere nella bontà di Dio davanti alle miserie degli uomini! E proprio questo è il cuore del cristianesimo: preferiamo un Dio che ci risolve i problemi pagando una piccola quota oppure un Dio che quei problemi li condivide con noi, perché sa che li possiamo affrontare? Di più: insegna, il Signore, spiega ai discepoli che, davanti alla folla affamata di pane, di giustizia, di pace, di felicità, devono mettersi in gioco.
È vero: è talmente tanto, tutto e troppo quello che dobbiamo affrontare che a volte preferiamo rifugiarci in un piccolo spazio sacro, una piccola sagrestia, una congrega di devoti, che ci tenga in qualche modo lontani dal mondo, protetti, al sicuro.
Il mondo, là fuori, è malvagio, non ci capisce, non ci protegge, ci odia, meglio starsene al sicuro nel nostro piccolo mondo ecclesiale (a volte un piccolo mondo clericale, ahimè!) Il nostro Dio, rivelato in Gesù, invece, quel mondo lo abita, ne sente compassione e attraverso di noi trova delle soluzioni.
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Tale sia oggi la nostra giornata capace di compassione, capace di intuizione, capace di mettersi in gioco.
FONTE: Amen – La Parola che salva – Il blog di Paolo
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