COME LEONE RUGGENTE
«Andiamocene altrove!»
Sarebbe bello poter vedere la faccia di Pietro e degli altri discepoli quando Gesù dice loro queste parole: «Andiamocene altrove!».
Il giorno prima, come si legge nel vangelo di questa domenica, Gesù aveva guarito molti malati. Pertanto, «tutta la città era riunita davanti alla porta» della casa in cui era ospitato, probabilmente quella di Simon Pietro a Cafarnao, dove aveva guarito anche la suocera.
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La mattina dopo la folla si accalca nuovamente attorno a quella casa ma… sorpresa: Gesù è sparito! Nessuno lo ha visto lasciare la casa, poiché ‒ si legge nel testo di Marco ‒ «al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava».
Inizia perciò la “caccia a Gesù”. A un certo punto lo trovano, appartato, raccolto in preghiera e con piglio severo Simon Pietro gli dice: «Tutti ti cercano!». Ovvero: «Cosa fai qui? Dovresti sapere che ci sono ancora molte persone che aspettano da te di essere guarite e liberate! E tu te ne stai qui da solo?!».
Ed ecco la risposta che non ti aspetti: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
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È probabile che i discepoli in quel momento non ci abbiano capito niente di quella risposta, ma l’avrebbero capita dopo la morte e risurrezione di Gesù!
Gesù non è venuto per guarire i corpi e le menti, ma le anime, i cuori! La guarigione fisica è un “segno” del suo potere di perdonare il peccato, che è la radice più profonda dell’inquietudine umana.
Le malattie, gli acciacchi, i malanni di vario genere sono inevitabili, fanno parte di questa vita e la fede cristiana non è un “vaccino” che ci preserva da ogni problema di salute! La fede è credere che il Regno di Dio, cioè la “Forza dell’Amore di Dio”, è venuto in mezzo a noi: basta aprire il cuore per accoglierlo e con questo potere il cuore non perde la capacità di cantare la bellezza della vita, anche se attanagliato dalla sofferenza. Perché, come proclama il salmo responsoriale, il Signore «risana i cuori affranti e fascia le loro ferite».
In questa Giornata per la vita, preghiamo perché quanti hanno responsabilità in campo sociale e politico contrastino con tutte le forze la “cultura della morte” ‒ come la chiamava san Giovanni Paolo II ‒ cioè la cultura che pensa di risolvere il problema della sofferenza umana uccidendo la vita. Opponiamoci a questa mentalità diabolica! L’unica risposta adeguata alla sofferenza, rispettosa della dignità umana, è quella che Gesù ci ha mostrato: credere alla forza dell’Amore, della vicinanza, del prendersi cura dell’altro, specialmente laddove la vita è drammaticamente fragile.