In alcuni momenti della vita le cose si complicano fino al punto che abbiamo la sensazione non solo di trovarci in difficoltà, ma siamo in condizioni così estreme che ci attraversa l’amaro pensiero di come può Dio permettere tutto quel dolore, tutte quelle avversità senza muovere un dito.
L’episodio del Vangelo di oggi descrive esattamente una scena simile:
“Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che moriamo?»”.
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Credo che sia importante arrivare al punto di riuscire a pregare con questa sincerità. Non dobbiamo dire nelle nostre preghiere ciò che pensiamo Dio si aspetti da noi. È un atteggiamento remissivo, tipico di quelle relazioni tossiche dominate dalla paura del padrone.
Se ci sentiamo soli dobbiamo poterlo dire a Lui. Se ci sentiamo abbandonati alle circostanze avverse, dobbiamo poter gridare questo senso di abbandono. Solo da questa sincerità Dio può fare qualcosa.
“Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?»”.
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La lezione è immensa: Dio non è colui che ti evita le tempeste, ma colui che ti chiede di fidarti di Lui soprattutto quando sembra più assente e più lontano, perché non è mai assente e lontano da noi Chi dice di amarti. Credi tu questo?
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Autore: don Luigi Maria Epicoco
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