Paolo è l’unico santo di cui festeggiamo la conversione. Perché la conversione di Paolo è diventata il modello di ogni conversione, il percorso di ogni discepolato. Fa spavento leggere la storia di Saulo, perché è lontana dagli stereotipi che abbiamo nel cuore.
È un persecutore della causa cristiana ma non è un arrogante, un violento. È un uomo di cultura, uno che è nato e che è cresciuto in una città multietnica, una metropoli del passato. Saulo si è confrontato con il mondo ellenistico e quello romano ed ha approfondito le sue radici ebraiche. Da dove gli deriva, allora, tutto quell’astio? Dallo zelo religioso!
Saulo è convinto di combattere i cristiani in nome di Dio! Di combattere Dio in nome di Dio… Lo zelo è cieco, anche quello religioso, E mi interrogo sulla distinzione sottile e necessaria che passa nel mio cuore fra amare Dio in maniera totalizzante e diventare un intransigente nel suo nome.
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Vedo dentro di me il rischio di barricarmi dietro le mie esperienze, imponendole agli altri, facendolo magari per conto e in nome di Dio. Rigidità che, purtroppo, ancora abitano il nostro modo di pensare e di operare e che mal si sposano con l’agire di colui che non è venuto per condannare ma per salvare e che non spezza la canna incrinata o la candela dalla fiamma incerta.
E l’unico modo di salvare Saulo è scaraventarlo in terra, farlo cadere, farlo precipitare. A volte la conversione passa proprio attraverso una caduta, un problema, un fallimento. Gesù gli fa lo sgambetto e Saulo, infine, si ravvede, inizia a riflettere. Si rialza cieco perché la cecità è la condizione della sua anima.
E nella cecità dovrà restare fino ad incontrare il pavido Ananìa. Sempre la Parola passa attraverso le mani inadatte di qualche cristiano non all’altezza della situazione. E da Ananìa Paolo riceve il battesimo e la luce.
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Possiamo esserci convertiti con un evento improvviso, oppure la nostra conversione dura da decenni: oggi facciamone memoria.
FONTE: Amen – La Parola che salva – Il blog di Paolo
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