Un criterio di giudizio cristiano che non dobbiamo mai dimenticare dovrebbe avere a cuore questa espressione usata da Gesù nel Vangelo di oggi:
«Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
Sovente però noi capovolgiamo questa espressione e facciamo diventare il sabato più importante dell’uomo. Ce ne accorgiamo da un effetto collaterale: quando è l’uomo a servizio del sabato, cioè quando le regole sono più importanti delle persone, allora il sentimento dominante della vita di fede è il senso di colpa.
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Ci sentiamo sempre mancanti, sbagliati, non all’altezza, trasgressori. Proviamo sollievo quando abbiamo adempiuto alla legge, quando abbiamo timbrato il cartellino, quando abbiamo accumulato meriti.
In questo modo pervertiamo il valore della regola, che è importante perché ci indica sempre una direzione ma non è il fine del viaggio; e allo stesso tempo pervertiamo l’insegnamento più importante di Gesù “che è venuto a salvare non a condannare”.
Allora che cosa si dovrebbe fare? Eliminare tutte le regole e vivere alla giornata? Certamente no. È impensabile una fede senza una morale. Ma la morale che nasce dal Vangelo è tale perché ci aiuta a chiamare le cose per nome, a riconoscere il bene dal male e a non farci dominare dai sensi di colpa spingendoci così a vivere salvando la faccia, e non pensando che ciò che più ci definisce sono le intenzioni del cuore più ancora delle nostre azioni.
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È ovvio che i pani del Tempio sono sacri e non è lecito mangiarne, ma se un uomo sta morendo di fame sarebbe un sacrilegio lasciarlo morire di fame pensando di salvare la sacralità di quell’offerta. Simili confusioni generano diaboliche interpretazioni di Dio.
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Autore: don Luigi Maria Epicoco
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