La domenica tra Natale e il 1° gennaio si celebra la festa della Santa Famiglia: Gesù, Giuseppe e Maria. Il Vangelo oggi racconta un evento molto semplice, molto ordinario nella vita di ogni famiglia israelita: in obbedienza alla legge di Mosè (Es 13,2), ogni bambino, una volta compiuti i giorni di purificazione della madre, veniva portato al tempio e offerto al Signore, e come riscatto al suo posto venivano sacrificate due colombe (Lv 12,3.6). L’andare al tempio per presentare Gesù mira ad attestare che il figlio è dono di Dio, a Lui appartiene, e che i genitori sono i custodi della vita, non i suoi proprietari.
Nella festa della Santa Famiglia viene spontaneo ripensare a tutte le famiglie e al ruolo dei genitori, chiamati a “custodire e coltivare” (cfr Gn 2,15) la vita dei figli, fin dal grembo materno (cfr Is 49,1; Sal 139,13-15 “Sei tu che hai formato i miei reni, mi hai tessuto nel seno di mia madre… mi hai ricamato nelle profondità della terra”), aiutandoli a crescere e maturare.
La presentazione di Gesù al Tempio e le parole di Simeone e di Anna ai suoi genitori, svelano però la missione di Gesù, ne spalancano l’orizzonte. Simeone ed Anna sono anziani e hanno vissuto nell’attesa di questo giorno. Simeone è profondamente religioso, attento alla voce dello Spirito, tanto che l’evangelista lo sottolinea ben tre volte (Lc 2,25.26.27): Simeone ispirato da Dio (v. 25); lo Spirito Santo gli aveva preannunciato… (v 26); mosso dallo Spirito santo si recò al tempio (v 27). Di Anna, invece, il testo dice che “non si allontanava mai dal tempio” (v. 37). Sono tratti importanti, perché segnalano la familiarità di questi due anziani con il Signore, evidenziano quanto abbiano vissuto nell’attesa del Messia annunciato dai profeti. È questa familiarità che li rende “capaci” di riconoscere il Signore quando si presenta: ormai sanno leggere ogni cosa alla luce della Parola meditata giorno e notte, e sanno andare oltre l’evidenza. È proprio lo Spirito a guidare Simeone e Anna ad accogliere e riconoscere Gesù. In questo mondo hanno avuto il massimo, non hanno più attese:“Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola…” (v. 29ss).
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Il cantico di Simeone che richiama alcuni passi del profeta Isaia, tratteggia il profilo di Gesù, svela il senso profondo di quanto sta avvenendo.
“…I miei occhi han visto la tua salvezza… a tutti i popoli” (v 30): non solo per Israele, quindi, ma per tutti; così come ribadito quando dice che una luce, quella di Gesù, si rivela a tutte le genti (v 32). Questo Dio non sarà un Dio solo per qualcuno, solo per chi lo merita… No, è un Dio per tutti, nessuno escluso. Un Dio che si fa uomo e, da uomo, condivide e illumina la vita di ogni uomo. Una salvezza che raggiunge “tutte le genti”, come sarà evidenziato anche in Matteo capitolo 28,19ss: “Andate… fate discepoli tutti i popoli…”; e così negli Atti degli Apostoli: “Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni” (At 28,28).
Lo Spirito santo continua ancora oggi a guidare “tutte le genti”, “tutte le coppie”, “tutti i genitori”. Ma occorre mettersi in ascolto dello Spirito che parla in noi. Se il Figlio di Dio ci viene incontro in un bambino e solo uno sguardo di fede sa coglierlo presente, allora è importante ricordarci che le cose quotidiane non sono mai di poco conto; che gli incontri quotidiani non sono mai inutili o pure coincidenze: ci vuole uno sguardo di fede per cogliere dentro e oltre. Perché tutto è “luogo” in cui incontriamo (o rifiutiamo) la presenza di Dio. Tutto è segno per chi crede.
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Questo chiede di recuperare il valore del silenzio: in un tempo in cui siamo continuamente “connessi” ai social, alla TV… non siamo più abituati ad “ascoltare il silenzio”. Totalmente storditi da rumori e voci, dalla vita frenetica e tumultuosa… Invece quanto è importante coltivare lo spazio del silenzio, lo spazio di ascolto di ciò che conta. In altre parole: lasciar risuonare in noi la Parola che salva, educarci a coltivare sani e buoni pensieri perché sia lasciato fuori dalla porta del cuore quanto ci distrae e allontana da Dio, ben sapendo quanto sia astuto il diavolo (Gn 3,1); e scegliere invece ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile… (cfr Fil 4,8).
Simeone avverte anche quanto contrastata sarà la vita di Gesù: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione… come segno di contraddizione” (Lc 2,34). Gesù farà emergere quanto c’è nei cuori e porterà chi a convertirsi e chi a ribellarsi. Gesù viene per sgretolare le false immagini di Dio che ci siamo fatti e riportarci alla verità. Fin dall’inizio della vita pubblica Egli è segno di contraddizione; tra la sua gente, alle prime sue parole di salvezza, tutti i suoi compaesani “nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.” (Lc 4,28-29). Certo è che in Gesù si inaugura la nuova creazione, il nuovo inizio/archè al quale ci siamo preparati (cfr II domenica di Avvento). Vivere il “vangelo della famiglia” non è facile oggi, ancor più in questi tempi in cui si vuole mettere tutto in discussione. Si viene tacciati, criticati, attaccati solo perché si vuol difendere ciò che è “naturale”: la difesa della vita fin dal grembo materno (basti ripensare ai manifesti strappati per le città italiane solo perché si ricorda che una pillola abortiva comunque uccide un bimbo in grembo!). C’è il diritto di dire tutto e di più, tranne che quanto può contraddire il “pensiero unico” oggi così in voga, o solo disturbare l’udito dei benpensanti di oggi. Eppure nel vangelo noi troviamo la via per vivere una vita bella a livello personale e famigliare, una via certamente impegnativa, ma affascinante e totalizzante. Una via della quale merita ancora oggi fidarsi e affidarsi, sull’esempio e per intercessione della stessa Santa Famiglia di Nazareth.
Infine, Simeone svela anche alla Madre il suo percorso: “Anche a te” (Lc 2,35). Maria non sarà esente dalla fatica del credere, del non capire… e non sarà esente dal soffrire. Anche lei parteciperà al martirio del Figlio, soffrendo nel cuore. E questo la renderà “una cosa sola” con il Figlio e con i figli che Gesù stesso le affiderà sotto la croce: “Donna ecco tuo figlio” (Gv 19,26).
In ogni famiglia ci sono momenti lieti e tristi, tranquilli e difficili. È la vita. Vivere il “vangelo della famiglia” non dispensa dal vivere difficoltà e tensioni, di incontrare tempi di lieta fortezza e momenti di tristi fragilità. Famiglie ferite e segnate da fragilità, da fallimenti, da difficoltà… possono risorgere se imparano ad attingere alla fonte del vangelo; lì possono ritrovare nuove possibilità di ripartenza.
Tutte le famiglie, tutte le coppie di sposi possono star certe di non essere sole. Come ci viene ricordato nella prima lettura, in forza della sua misericordia, Dio è fedele alle sue promesse (Gn 15); pensiero che viene ripreso anche dal salmo: “Il Signore è fedele al suo patto: si è sempre ricordato della sua alleanza, parola data per mille generazioni, dell’alleanza stabilita con Abramo”. Dio rivela la sua fedeltà e il suo amore verso Abramo e Sara nel dono di un figlio, Isacco: la famiglia diventa quindi il segno della fede dell’uomo e dell’amore di Dio. Fedele con Abramo e Sara, il Signore è fedele con tutte le famiglie. A noi tutti, allora, è chiesto di aver fede, coltivare un rapporto di amicizia con il Signore sull’esempio di Simeone e Anna, e dei tanti amici di Dio grazie ai quali Egli ha operato grandi cose in mezzo a noi, come anche ricordato nella lettera agli Ebrei (II lettura), modellata sul racconto della Genesi riguardo ad Abramo-Sara. La familiarità con Dio aiuterà a intercettare i Suoi segni dentro la storia delle nostre famiglie: qui sta il segreto. E siamo certi che accanto all’aiuto sempre fedele e fecondo di Dio, c’è la Madre che mai fa mancare la sua compagnia.
La Santa Famiglia di Nazareth si offre a noi tutti, e in particolare alle famiglie, come esempio e rifugio, come fonte di ispirazione e garanzia di intercessione. Impariamo a guardare alla Santa Famiglia; impariamo le virtù che in questo contesto familiare sono state vissute nella quotidianità della vita. Lo so, non è questo il modello di famiglia proposto oggi. Ma la nostra cultura è il Vangelo, i nostri modelli e amici sono i santi tra i quali spiccano proprio la Vergine Maria e san Giuseppe, genitori di Gesù. Questo clima natalizio forse meno luminoso e festaiolo ma certamente non meno autentico, ci aiuti a ripartire dalla grotta di Betlemme con la convinzione che la fede in Gesù, l’amicizia con Lui e i suoi “Amici” è possibile, e vivere secondo i sui criteri è un Avvenimento possibile e… rivoluzionario. Se vissuto fino in fondo con verità, questo Avvenimento è capace ancora oggi di conquistare cuori e intelligenze, di suscitare nostalgia di una verità spesso taciuta ma che pulsa nei cuori. È proprio vero… mai come in questo momento c’è bisogno di testimoni innamorati del Signore, a cominciare dalle famiglie, prime chiese domestiche.
C’è un ultimo dato che merita di essere richiamato e ricordato. I genitori di Gesù «si stupivano delle cose che dicevano di lui»: possiamo raccogliere questo particolare perché ci suggerisce che l’amore funziona quando si è disposti a stupirsi per ciò che si ama. Maria e Giuseppe si lasciano stupire dalla «novità» che emerge in Gesù e di quanto la gente dice di Lui. Insieme affrontano i problemi, insieme cercano di interpretare i segni che Dio sta ponendo lungo il loro cammino; insieme crescono e custodiscono il Bambino Gesù. Insieme. Così Gesù potrà «Crescere in età, sapienza e grazia». Così le nostre famiglie potranno crescere.
Lc 2, 22-40 | don Andrea Vena 79 kb 6 downloads
Festa della Santa Famiglia di Nazareth, anno B Gn 15,1-6; 21,1-3 Sal 105 Eb 11,8.11-12.17-19…Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.