Attraverso il cammino delle quattro domeniche d’Avvento siamo giunti alla Grotta di Betlemme per adorare il Bambino Gesù, «il Verbo fatto carne» (cfr Gv 1,14). La liturgia solennizza questo giorno con quattro sante Messe: quella della Vigilia, che ci fa meditare la genealogia di Gesù, una sorta di album di famiglia (Mt 1,1-25); la messa della Notte, nella quale ascoltiamo la narrazione della nascita di Gesù così come ci viene presentata dall’evangelista Luca (2,1-14); la messa dell’Aurora, che ci presenta la visita dei pastori (Lc 1,15-20) e, infine, la messa del Giorno, nella quale siamo invitati a meditare il mistero dell’incarnazione attraverso la profonda meditazione dell’evangelista Giovanni (1,1-18).
Quattro messe per assaporare, quasi al rallentatore, questo grande mistero d’Amore di un Dio, che pur di salvare l’uomo si fa Uomo; che pur di non spaventare nessuno, si fa Piccolo tra i piccoli; che pur di non far sentire nessuno escluso, si fa Lui stesso un Escluso, nascendo povero in una grotta di Betlemme.
Le quattro domeniche d’Avvento ci hanno preparato a vivere al meglio questo Avvenimento, questo incontro tra la nostra povertà e la grandezza di Dio (dalla liturgia, 5 gennaio). Nella I domenica d’Avvento ci è stata indicata la Meta ultima verso la quale ci stiamo incamminando, ossia l’incontro con il Signore Gesù, Re dell’Universo: con Colui che si è fatto Uomo, è morto in croce, è risorto ed è salito alla destra del Padre, lì dove ora ci attende per renderci partecipi della gioia eterna. Per questo Gesù si è fatto Uomo e ha accettato di dare la vita per noi, affinché noi potessimo partecipare alla Vita del cielo.
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Nella II domenica la liturgia ci ha affiancato la figura di Giovanni Battista, voce che un tempo ha gridato nel deserto e che oggi continua a gridare nei deserti dei nostri cuori, invitandoci a prepararci all’incontro con il Signore che viene, perché è fedele alle sue promesse, ma anche a noi spetta prepararci all’incontro, abbassando i monti della superbia, colmando i fossati della superficialità e restando disponibili a lasciarsi sorprendere dalle sue sorprese. Viene nel silenzio del deserto, affinché impariamo a tornare all’essenziale, imparando ad ascoltare la sua Parola.
Nella III domenica, ancora una volta il Battista ci ha invitati a focalizzare l’attenzione non tanto sulla sua persona, ma su Colui che deve venire; a non confondere la voce con la Parola, il luccichio con la Luce. Tutto questo è e sarà possibile assumendo l’atteggiamento della Vergine Maria – IV domenica – la quale, pur tra difficoltà e perplessità, ha saputo dire il suo «Eccomi». Come Lei, anche noi siamo invitati non tanto a guardare alle nostre infermità interiori – che spesso paralizzano ogni scelta di vita – ma a fidarci della potenza di Dio al quale nulla è impossibile; a imparare cioè a mettere nelle sue mani quei «cinque pani e due pesci» che possediamo, certi che in Dio tutto troverà sovrabbondanza (cfr Mt 15,29-37).
Il profeta Isaia, nella I domenica di Avvento, implorava Dio di ricordarsi di essere padre di questo popolo, seppur un popolo di peccatori; implorava Dio di tornare, di squarciare i cieli (cfr Is 63,16ss). Una supplica carica di fiducia nella misericordia di Dio e altresì carica della consapevolezza della fragilità dell’umano. Quella preghiera ha trovato risposta nel Natale di Gesù: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio» (Mt 1,23, messa della vigilia); «Maria diede alla luce il suo figlio» (Lc 2,7, messa della notte); «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9,1-6, messa della notte). Una Luce ha squarciato i cieli e ha vinto sulle tenebre del mondo e dei cuori: «In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,2, messa del giorno). Questo è il Natale di nostro Signore Gesù Cristo, Luce del mondo: «Oggi è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11, messa della notte).
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Il tema della «Luce» ricorre nei vangeli che ascolteremo nelle quattro messe di natale e ritornerà anche nei testi delle «Collette» che ascoltiamo dopo il canto del Gloria: «O Dio che hai illuminato questa santissima notte…» (colletta nella messa della notte); «Signore… che ci avvolgi della nuova luce del tuo Verbo…» (colletta messa dell’aurora). Anche il Credo sottolinea questo aspetto: Gesù, Luce da Luce. Ecco, Gesù, è la Luce che illumina quanti vivevano nelle tenebre (cfr Is 9, I lettura messa della notte). Una Luce che rischiara, rincuora. Lo aveva ben compreso san Francesco d’Assisi come riportato nel testo della preghiera che lui stesso recitava innanzi al Crocifisso: «Alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio».
Il Signore Gesù, Luce del mondo, può squarciare i cieli cupi del nostro cuore se solo noi gli apriamo la porta del cuore, accettando di lasciarci mettere in discussione sulle nostre priorità e le nostre scelte. Il Signore Gesù è pronto a prendere dimora nei nostri cuori, se solo impariamo a lasciargli spazio in noi. Il Signore non ci chiede di essere perfetti per accoglierLo, ci chiede semplicemente di accoglierLo per divenire in Lui perfetti. Non c’è debolezza o miseria umana che può allontanare Dio da noi: Lui ormai ha squarciato i cieli e piantato la tenda in mezzo a noi. A noi fidarci di Lui, come i pastori, i quali di prima ora vanno ad adorare questo Avvenimento (messa dell’aurora). Vivere la gioia del Natale significa accettare di rinascere dall’alto (cfr Gv 3,1-8); accettare di lasciarci ricolmare dallo stupore e dalla gioia che solo Dio sa donare ai suoi amici e che rende forti e capaci di lasciarsi spezzare per gli altri per amore. È la logica della Pasqua!
Accanto al tema della «Luce», vorrei sottolineare alcuni dettagli legati alla nascita e che gli evangelisti ci trasmettono. «Avvolto in fasce»: è il primo gesto che Maria compie nei riguardi di Gesù, una volta dato «alla luce». Come Maria, anche noi siamo chiamati a vivere questo Natale imparando ad accogliere Gesù nella grotta del nostro cuore, ad avvolgerlo nelle fasce delle nostre attenzioni e premure. «Il Verbo si è fatto carne» (Gv 1,14), ascolteremo nella Messa del giorno di Natale: il Verbo è la Parola.
Questa Parola chiede anche oggi di farsi «carne», cioè concretezza, nella nostra vita quotidiana, nei nostri gesti di giustizia e di carità, nella nostra premura verso quanti sono nella necessità. Come un tempo Dio si è fatto carne nel Bimbo di Betlemme, così ancora oggi continua «farsi carne» nel sacramento dell’Eucaristia (cfr «Questo è il mio corpo», Lc 22,19); nella sua Parola («Chi fa la volontà del Padre mio»; Mt 7,21); nei poveri e deboli (cfr «Ogni volta che avete fatto queste cose a un fratello più piccolo… l’avete fatto a me», Mt 25,31). Un fatto che san Franceso ha compreso benissimo, a tal punto da desiderare di ripresentare il presepe affinché la gente del tempo, e oggi ciascuno di noi, vedessero con i loro occhi il disagio in cui nacque il Figlio di Dio.
Da queste brevi pennellate comprendiamo quanto il Natale di Gesù non sia una festa di semplici emozioni, ma è un Avvenimento che può e dovrebbe dirottare la nostra vita, affinché anche noi impariamo a squarciare i cieli del disinteresse verso la preghiera, l’Eucaristia, la Parola di Dio, i poveri… Rischiamo di essere troppo ovattati nelle nostre tradizioni senza accorgerci di come il Signore stia bussando alla porta della nostra vita, non tanto per entrare in noi, ma per chiederci di uscire dalla prigione nella quale lo abbiamo ingabbiato! (cfr papa Francesco).
Dio ha già trovato casa nella nostra storia e i noi, ma ora chiede a noi di aiutare gli altri a trovare casa nel calore delle nostre attenzioni! (cfr 1Gv 4,20: Se non ami il fratello che vedi, come puoi amare Dio che non vedi): «…Fa’ che risplenda nelle nostre opere il mistero della fede che rifulge nel nostro spirito» (colletta messa dell’aurora). La gioia e la luce della festa di Natale chiedono di farsi «carne» nelle nostre opere, nel nostro agire quotidiano.
Perchè, come Gesù, il Figlio di Dio, si è fatto Uomo per noi per renderci pienamente umani, così anche noi siamo invitati a «farci prossimi» verso gli altri, facendoci carico delle speranze e delle gioie, delle fatiche e difficoltà, delle sofferenze e delle paure di questa umanità così disorientata e sola; farci sentinelle di un nuovo principio… affinché le tenebre di questo tempo siano squarciate dalla Luce che viene dalla grotta di Betlemme. I social stanno diventando una sorta di «muro del piagnisteo» di tempi antichi che non ci sono più: si vorrebbe tornare indietro, vivere come un tempo… ma non si può. E questo è uscire dalla realtà, alienarsi.
Il Natale di Gesù, invece, ci aiuta a vivere la concretezza di questa nostra vita, a saperci fare carico della fatica del vivere ma altresì indicandoci il segreto per vivere in pienezza questa esistenza. Noi però dobbiamo credere nel vangelo, abbracciarlo fino in fondo, senza se e senza ma, proprio come fece san Francesco d’Assisi, il quale è ammirato da tutti, credenti di tutte le religioni e non credenti. E se è ammirato non è perché ha eliminato il vangelo di Gesù Cristo, ma perché lo ha vissuto radicalmente fino in fondo, anche se si vuol nascondere questa verità!
Viviamo questo Natale, accogliendo fino in fondo il vangelo di Gesù, avvolgiamolo con cura nelle fasce del silenzio e della nostra preghiera; deponiamolo nella mangiatoia del nostro cuore, lasciandoci illuminare e scaldare dal suo amore, affinché quanti si accosteranno alla grotta della nostra vita possano vedere i nostri volti illuminati dalla sua Luce (cfr Es 34,29) e vedere nelle nostre azioni i tratti del suo Amore. Così, come i pastori e i magi, ciascuno tornerà a casa per un’altra strada (cambiando vita/convertendosi) pieno di letizia e di speranza. E sarà sempre Natale.
Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.